Non ne siamo usciti migliori. Nemmeno dal declino dei Ferragnez. Tanto per cambiare. I fatti: Cristina Fogazzi, L'Estetista Cinica da un milione di follower su Instagram, ha organizzato un party cafonissimo nella Biblioteca Nazionale Braidense: cena luculliana, l'intero museo illuminato di fucsia come fosse BarbieLand, invitati stracolmi di K, 80mila euro spesi per il nolo del locale. Locale che, però, non è un locale. Ma un museo, appunto, nella prestigiosissima zona Brera, Milano. Un luogo di cultura in cui i comuni mortali non possono entrare con del cibo, manco al sacco. E mai e poi portarsi dietro una mezza naturale. Esatto, non si può bere acqua. È vietatissimo dal rigido regolamento. In più, chiunque entri lì dentro, ha l'obbligo di indossare guanti per non rischiare di rovinare i preziosi tomi ivi conservati. O gli antichi scaffali su cui sono conservati. In barba a tutto ciò, ecco arrivare, elefante in cristalleria, la Cinica con i suoi ospiti vip pronti a scattarsi foto e selfie, a farsi reel pure col flash (molti di questi contenuti sono stati rimossi alla vigliacca dopo lo scoppio della polemica). L'enorme irrazionalità di quanto occorso è stata fatta notare dalla pagina Instagram Milano_Segreta che si è sentita pure accusare di "classismo" da parte del Direttore della preziosa Biblioteca, tramite roboante intervista al Corriere (cartaceo, perfino). Dice così: "Attaccano l'Estetista Cinica forse perché non è Dior?". No, queste critiche sono sacrosante e chi dirige un luogo di cultura dovrebbe essere il primo a saperlo. Ci auguriamo, anzi, che lo sappia bene. A quanto pare, però, tira più un pelo cerettato di una lettera autografa del Manzoni. Andiamo a dipanare questa nuova sciagura in cui chi ha ragione, purtroppo accade spesso, viene pure preso per fesso.
Per quanto Milano_Segreta abbia oltre 55mila rispettabilissimi follower, ottenuti facendo divulgazione culturale sui luoghi più interessanti e storici da visitare nel capoluogo meneghino, in questa occasione è Davide contro Golia. Dove Golia è l'imperatrice delle fagiane alla brasiliana Cristina Fogazzi, CEO del brand VeraLab che ogni anno può vantare un fatturato stellare (infatti, la 'competitor' ClioMakeUp frigna nelle storie Instagram un giorno sì e l'altro pure per le palanche che separano i due brand. Fattacci loro). Quello che infastidisce maggiormente è il completo sprezzo delle regole concesso a Fogazzi nell'organizzazione di questo party super cafone eccolo qua. Lei stessa risponde alla polemica, e il fatto che replichi significa che sia conscia del passo falso, altrimenti avrebbe lasciato correre, dicendo via storia Instagram, riprese poi dal Corriere (cartaceo) di aver pagato 80mila euro per il nolo della prestigiosa location. Quindi, in buona sostanza, ha potuto farci quello che le pareva. E lo ha fatto. Perché? "Perché posso". Come direbbe un qualunque villain Marvel.
La portata della risposta, compresa quella del Direttore della Braidense che si spreca perfino a rilasciare un'intervista al primo quotidiano nazionale - e lo ribadiamo, su carta - indica che tutti i coinvolti siano bene o male consapevoli di averla fatta sporca. Fucsia, ma sporca. Basta dare un occhio ai reel Instagram, a quelli che sono rimasti a piede libero almeno, per accorgersi immediatamente di come gli invitati non abbiano mangiato "solo nel cortile", per quanto il catering lì avesse organizzato lì il ristoro, ma anche all'interno della struttura. E che i flash per le foto troppo aesthetic da piazzare poi sui social per far sapere al mondo che "io c'ero!" ci fossero eccome. Una operazione francamente ingiustificabile che pur viene giustificata. Perfino con la scusa della divulgazione culturale. Vediamo come. Perché c'è davvero da ridere. E imprecare insieme.
"Overskin Anniversery" è il nome dell'evento aziendale, chiamiamo le cose con il loro nome, che si è tenuto nella Biblioteca Nazionale Braidense di Brera. Una celebrazione tutta lustrini e paillettes di VeraLab, milionaria società messa in piedi da Cristina Fogazzi. Una delle poche che, almeno fino a questo momento, può vantare il titolo di 'imprenditrice digitale' senza vergognarsene. Sempre in risposta alla polemica fatta deflagrare da Milano_Segrata, la CEO delle fagiane risponde: “La location è stata voluta da me perché l’alternativa era un altro hotel. C’erano dieci influencer spagnole molto grosse tra gli invitati, così nelle loro story hanno prima fatto un tour dentro Brera facendo vedere la nostra Pinacoteca a milioni di persone in Spagna”. Fogazzi la butta sull'engagement. Ed è facile immaginarsi orde di iberici che, grazie a questa decina di squinzie piene di social K, tra luglio e agosto si riverseranno tutte in massa in una, pur prestigiosa, biblioteca meneghina. Ma certo, che je frega di Madrid? Di Barcellona? Pure del resto del mondo quando Cristina Fogazzi ha deciso, bontà sua, di incrimentare il turismo culturale nazionale. Patriota.
Questa storia ricorda un po' quel fattaccio dei Ferragnez, prima del pandoro-gate, addirittura pre-Covid. Ossia quando, per celebrare il compleanno di Fedez, affittarono un Carrefour per trascorrerci la nottata tirandosi verdure addosso con gli amici e facendo sfaceli vari all'interno del supermercato. Supermecato che poi, al mattino, sarebbe stato pulito da qualche povero stronzo senza follower e frequentato da altri poveri stronzi lì per farci della banalissima spesa. Una smargiassata che, all'epoca, creò molte polemiche e di cui Selvaggia Lucarelli è tornata a parlare nel suo libro "Il Vaso di Pandoro" per via dell'esistenza di un video in cui, a margine della festa, vedendo la reazione indignata dei social ai post, la royal couple si bisbigliava amorevolmente: "Dai, diciamo che poi faremo beneficenza". Volponi erano, volponi sono. Come diverse Procure presto o tardi casomai accerteranno.
Non siamo qui a gridare nel deserto 'O Tempora! O Mores!". Molto più semplicemente, vogliamo rendere evidente il cortocircuito che è tuttora in atto: gli influencer possono fare qualsiasi cosa gli venga in capo perché sono oramai pieni di soldi e, in virtù di ciò, vengono pure difesi da chi dovrebbe tutelare la cultura. Mentre il 'Davide' che osa criticarli viene schiacciato e bollato alla stregua di leone da tastiera, rosicone, in questo caso perfino 'classista'.
Stiamo, ogni giorno, accettando passivamente il rinnovato instaurarsi di uno strapotere che, come abbiamo visto nel caso dei Ferragnez, può condurre a poco o nulla di buono. Ed è bene sottolineare questi scempi, capitano sempre più spesso, per non rischiare poi di fare quelli che cadono dal pero quando l'ennesimo impero del niente viene giù, rivelando il suo vero volto ingordo e arrogante. Magari non sarà questo il caso della signora Fogazzi. Però non abbiamo la sfera di cristallo. Quello che dobbiamo notare, ora come ora, è che la nostra voglia, possa e comandi. Supportata da stampa ed eminenti difensori della cultura nostrana, delle stesse istituzioni. Un iter che abbiamo già visto succedere nel recente passato. E dove ci abbia portati è sotto gli occhi di tutti. Intanto, continuiamo così, facciamoci del male, cosa vuole che sia, signora mia, è così che va il mondo. Perché lo vuole Instagram. E in culo a Instagram, sarebbe ora e tempo di dire.