“Sono marxista, sono comunista e rivendico completamente tutta quella che è stata la necessità soggettiva di fare le scelte che la mia generazione ha fatto”: esordisce così, mettendo subito le cose in chiaro l’ex brigatista rossa Geraldina Colotti, intervistata da Domenico Arruzzolo per BlackList x MOW prendendo spunto dalla notizia del gruppo musicale che inneggia alla lotta armata. Nata a Ventimiglia, classe 1956, per la sua militanza nelle Br nel 1987 è stata condannata a 27 anni di carcere. Nell’aprile del 1996 ha ottenuto il permesso al lavoro esterno al quotidiano “il Manifesto”, dopodiché il regime di semilibertà. In seguito ha pubblicato libri di poesie, un romanzo e i racconti Certificato di esistenza in vita, in cui ha descritto le dure condizioni del carcere e le torture che verrebbero inflitte ai prigionieri politici. Come ci aveva già detto, non si è mai pentita e non ha mai ritrattato. Ma ora va anche oltre e incita i giovani alla “rivoluzione”.
“Direi – le parole di Colotti – provateci costantemente, anzi, abbiate il coraggio di rischiare e di mantenere alta la dignità del proletariato, anche quando purtroppo per le condizioni della società del controllo e dell’economia di guerra, si paga un prezzo, si deve pagare un prezzo anche in termini di galera. Però se non ricominciano i giovani come si fa? È quello che la borghesia dice con questi messaggi «Non ci provate perché se no finite perseguitati a vita», come il caso dei rifugiati o stigmatizzati a vita o in galera come vediamo che succede ai No Tav o a chiunque provi effettivamente a bucare questo muro di omertà dell’ipocrisia borghese riprovandoci. In questo senso è interessante quello che sta accadendo a livello culturale. Si sta avvertendo una leggera inversione di tendenza: noi abbiamo avuto per anni l’egemonia della legalità borghese e l’interiorizzazione della ragion di Stato che ha ammazzato la storia e ha ammazzato l’arte (e la storia insorta come la chiamano qua, nelle canzoni e nei romanzi) e che è un processo culturale che non è ancora finito. L’arte ci dice tanto che nei Paesi considerati dittatoriali non c’è libertà di opinione: al contrario, noi vediamo che nei Paesi capitalisti non c’è libertà di opinione”.
Per l’ex Br in Italia dunque non ci sarebbe libertà: “Nell’economia di guerra si rende necessario per la borghesia un pensiero unico. In nome del pluralismo dell'informazione si fanno tacere tutte le voci, persino Dostoevskji è stato messo fuori legge adesso, e si impone agli artisti la verità di Stato e non la verità libera, forte e dissacrante dell’arte”.
E sui P38, gruppo musicale che inneggia alle Br: “C’è un tentativo dei giovani di vedere che questa nostra generazione generosa che ha pagato un prezzo gigantesco ha prodotto anche i suoi eroi, che non sono gli eroi antimafia, gli eroi borghesi e tutti quelli che ci hanno imposto anche nell’arte, facendo un’equivalenza veramente criminale, questa sì, tra la cosiddetta mafia e il cosiddetto terrorismo, mentre a livello globale il terrorismo di Stato quello vero prendeva piede, così come aveva avuto i suoi massacri nel nostro Paese nel corso degli anni. Adesso che gli artisti comincino a rendersi conto che quella generazione non è stata una generazione «di piombo», blindata eccetera non può che fare bene alla società, perché rimuovere le rimozioni (e una rimozione gigantesca di tutto un periodo storico e di un tentativo rivoluzionario come c’è stato da noi) senza dubbio è positivo. E che lo facciano i giovani direi che è doveroso. Non cadete per favore nella trappola del dire «lo rifarete, lo rifarete», perché questo è un atteggiamento antigiornalistico persino, perché come si può dire «lo rifarete» quando il mondo è cambiato e le condizioni sono diverse? Riprovateci, questo senza dubbio: non sono i vecchi tromboni che possono riproporsi o riproporre schemi archiviati, però senza dubbio come già disse Marx a suo tempo «le talpe ricominciano a scavare», e – conclude Colotti – sbucano proprio nei posti dove uno non si aspetterebbe”.
Qui sotto la puntata completa di BlackList x MOW.