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L'intelligence si spacca:
ecco l'effetto domino che hanno
innescato le dimissioni di Talò
(dopo lo scherzo telefonico a Meloni)

  • di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

13 novembre 2023

L'intelligence si spacca: ecco l'effetto domino che hanno innescato le dimissioni di Talò (dopo lo scherzo telefonico a Meloni)
Le conseguenze dello scherzo a Giorgia Meloni continuano a fare danni. Dopo le dimissioni di Francesco Maria Talò, più un capro espiatorio che non il solo responsabile, la Farnesina continua a perdere pezzi. La telefonata dei due comici russi sembra sempre di più la prima mossa di una nuova guerra ibrida che l’intelligence italiana non sta vincendo

di Gianmarco Serino Gianmarco Serino

La psy-op moscovita subita da Giorgia Meloni e inflitta alla Farnesina da parte degli impostori-comici russi, oltre ad aver causato le dimissioni di Francesco Maria Talò (l’ex consigliere diplomatico di Palazzo Chigi) sembrerebbe aver innescato un effetto domino interno al Ministero degli Esteri, dove gli scandali iniziano ad accavallarsi l’uno all’altro, attorno all’araba fenice del Piano Mattei per l’Africa. Dall’1 al 4 novembre, a Roma, si sarebbero dovuti tenere i Med Dialogues dell’Ispi, ma questi insieme con la conferenza Italia-Africa sono saltati allo scoppiare della guerra in Israele. La versione ufficiale vuole che il summit internazionale sia stato annullato per ragioni di sicurezza, ma le cose sembrano essere andate diversamente. Con lo scoppio della guerra in Terrasanta i leader dei paesi africani invitati alla conferenza, uno dopo l’altro hanno iniziato a disdire la trasferta in Italia. Flop totale. Poi è stato pubblicato il contenuto della chiamata a Giorgia Meloni da parte degli impostori del Cremlino, uno dei quali si è finto guarda caso leader dell’Unione Africana. Uno scandalo non tanto per i contenuti, come spiegato dall’ambasciatore Nelli Feroci sul Foglio del 3 novembre, ma quanto per le modalità dell’elusione del sistema di sicurezza dei canali di comunicazione intergovernativi e per l’offensiva politica inflitta. Ad ogni modo, nonostante il flop dell’evento e l’infelice tempistica dello “scherzo telefonico”, come viene fatto notare su Startmag da Francis Walsingham, altre figure di rilievo internazionale non hanno rinunciato alla trasferta nella caput mundi, come ad esempio il Ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar, seguito dall’ambasciatore italiano a New Dehli Vincenzo De Luca. Le dimissioni di Francesco Maria Talò, alla cui successione si vocifera favorito Luca Ferrari (già ambasciatore italiano in Cina), aprono una nuova partita, ma oltre al potenziale rinnovo di ulteriori cariche, si sono aperte anche nuove opportunità, come ad esempio la ricerca di un responsabile per la struttura di missione che gestirà il Piano Mattei. Che possa essere proprio De Luca, il quale proprio nei giorni dei mancati dialoghi sul Mediterraneo si trovava nel posto giusto al momento giusto?

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Ipotesi interessante, che si iscrive in un quadro abbastanza fluido e movimentato, perché oltre a questa carica vacante e alla sedia vuota di Francesco Maria Talò – in parte capro espiatorio dello scandalo data la sua prossimità al pensionamento – altre teste sembrerebbero prossime a saltare. Il caso della telefonata ha innescato un effetto domino la cui portata è difficile da prevedere. L’ambasciatore italiano presso l’Unione Africana Alberto Bertoni, secondo un’indiscrezione lanciata su Repubblica stamani, parrebbe essere stato contattato dai comici russi per ottenere un filo diretto con la Premier italiana, dunque la catena di responsabilità per la debacle securitaria è ancora tutta da ricostruire e altri avvicendamenti potrebbero seguire. Quali è difficile a dirsi. Le acque sono agitate ed è difficile capire cosa si muova sul fondale. Non che prima fossero particolarmente calme, ma almeno in superficie è quanto si voleva far apparire. È dal luglio di quest’anno che l’inchiesta di Tommaso Mattei per Fuori dal Coro su Rete4 continua marcare stretto il business dei visti Schengen trafugati, spariti dall’Ambasciata italiana di Islamabad da un blocco sigillato di quattromila pezzi, ai tempi (2021) in cui agli Esteri sedeva Luigi Di Maio. La settimana scorsa, infatti, vi è stata la denuncia ufficiale da parte di un funzionario del Ministero degli Esteri, che messo in luce un consolidato meccanismo di corruzione interna alle varie sedi diplomatiche italiane in giro per il mondo. Si tratta della compravendita illegale di permessi per l’ingresso nel nostro Paese da parte di funzionari corrotti a trafficanti di esseri umani. Ad agosto di quest’anno – come ha spiegato Antonio Tajani (l’attuale Ministro degli Esteri) qualche giorno fa – sono stati disposti controlli straordinari nelle sedi diplomatiche italiane in Pakistan, Sri Lanka e Bangladesh. Inoltre, come scrive Fabio Amendolara su La Verità (5 novembre), a partire dall’assassinio dell’Ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio, la Procura di Roma ha continuato a lavorare per ricostruire le dinamiche del drammatico evento, e tra le piste è spuntata anche quella del racket dei permessi per l’ingresso in Italia, su cui Attanasio voleva fare chiarezza a seguito di un caso che vide coinvolta una persona che era stata fermata con una borsa piena di passaporti di fronte ad uno dei consolati italiani in Congo. Proprio nell’ambasciata di Brazzaville (capitale del paese in questione) l’ambasciatore italiano Luigi Diodati, scelto dall’allora ministro degli Esteri Di Maio, è stato sostituito nel luglio da Enrico di Nunziata (nominato da Tajani), e sul luogo sono iniziati ulteriori accertamenti, guidati dall’ispettore generale del ministero Andrea Tiriticco.

Una vicenda decisamente complessa e intricata che si muove parallela alla soluzione raggiunta per la gestione dei migranti tra Meloni e il leader albanese Edi Rama. Molto si è scritto in questi giorni riguardo il fatto che la bozza in questione tra Italia e Albania sia stata redatta dal Presidente del Consiglio ed il leader albanese all’oscuro sia di Bruxelles che degli alleati di governo Salvini e Tajani, oltre che del Ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Come qualsiasi accordo internazionale questo andrà a ogni modo ratificato dal Parlamento. Occorre infatti puntualizzare che parte degli articoli scritti al riguardo da un lato cercano di seminare zizzania, ma su di un terreno fertile e ricco di tensioni interne alla coalizione di governo realmente esistenti, ove più crisi di faglia sono già emerse. In questo caso l’imbarazzo mediatico di Tajani per l’iniziativa di Meloni si somma alla complessità dello scacco subito dalla Premier e dalla Farnesina stessa con la famosa telefonata, vero e proprio atto di guerra ibrida che ha suscitato effetti politici non di poco conto all’interno del Ministero degli Esteri, più che mai nel fuoco incrociato della politica interna e internazionale.

Edi Rama e Giorgia Meloni
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