Abbiamo già detto perché Emmanuel Macron è il più importante leader europeo che abbiamo (ora insieme a Merz). Ma nell’intervista rilasciata al Foglio non solo dà una lezione a Giorgia Meloni (mentre Il Giornale rigira la cosa e fa passare che il presidente francese abbia chiesto aiuto alla premier), ma spiega perché sostenere un’alternativa alla pace ingiusta di Trump non fa rischiare nulla a un’Europa unita. Cerchiamo di capire perché.
Donald Trump non ha solo umiliato, probabilmente in modo premeditato, il presidente Zelensky, colpevole di aver difeso l’Ucraina per tre anni, bullizzato dal leader del Paese che guida l’Alleanza Atlantica per com’era vestito e da un vicepresidente ex antitrumpiano e ora più realista del re; ma ha dimostrato anche in che modo si possa calpestare lo spirito europeo, neanche considerandoci più, come fatto in passato, suoi vassalli (provincia dell’impero), ma addirittura nemici (dei truffatori). Quello stesso spirito europeo che Thomas Mann riscoprì e difese proprio negli anni del nazismo. Vale anche la pena di ricordare il monito di André Gide: “Il totalitarismo è stato vinto in guerra; non permettiamogli di trionfare nella pace”.
Eppure, come ricorda Sylvie Goulard, l’Europa deve riabituarsi ai “tempi di guerra” dopo decenni di pace, un’epoca d’oro in cui tuttavia si è insinuato il tarlo di nuovi totalitarismi, per nulla raffinati come si vorrebbe far credere (dei totalitarismi 2.0 non c’è nemmeno l’ombra), bensì sempre grossolani, portati avanti alla luce del sole, in modo gradasso, con proclami e, oggi, video fatti con intelligenza artificiale su Gaza beach per esempio, o video asmr su immigrati che vengono deportati con le catene a gambe e piedi. Nel suo ultimo libro, Grande da morire, Goualard spiega anche in che modo un allargamento dell’Europa debba essere gestito con cognizione di causa, a partire da una “ristrutturazione” dell’assetto unitario attuale. Cosa manca all’Europa per essere unita? Per esempio una difesa comune e indipendente dall’America.

E qui arriviamo a Macron, che dice la stessa cosa nell’intervista rilasciata al Foglio: “Sono sempre stato convinto che un’Europa che sapesse costruire la propria architettura di difesa e sicurezza fosse un’Europa finalmente unita. Questo è ciò di cui l’Europa ha bisogno. Dal 2017 fino al 2021-2022, ero convinto che questo si potesse ottenere con un’Europa che pensasse per sé, riallacciando i rapporti con la Russia. Ho cercato sinceramente di impegnarmi. Ho trascorso innumerevoli ore, Merkel la pensava come me, ma non ci siamo riusciti”.
Questo è un punto fondamentale. La proverbiale “congiuntura” di eventi ci permette di prendere una decisione. Smarcarci dall’America o no? Fa specie che proprio i sovranisti di ieri, antiamericani convinti, siano ora super-trumpiani. Forse perché in Trump rivedono il loro vero idolo: Putin. Sta di fatto che un’Europa unita deve rivendicare il proprio spazio, che non può essere quello di area cuscinetto tra due potenze talvolta nemiche e talvolta, come ora, quasi alleate, come gli Stati Uniti e la Russia.
Macron lancia anche un assist a Giorgia Meloni: “Stiamo cercando di muovere le cose. E abbiamo bisogno dell’Italia, di un’Italia forte che agisca a fianco della Francia, della Germania, nel concerto delle grandi nazioni. Per questo ho invitato il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, lo scorso 17 febbraio. È necessario che l’Italia sia al nostro fianco, che si impegni in questo percorso, e che lo faccia da grande paese europeo, sulla scia di quanto ha fatto Mario Draghi. In questo momento dobbiamo restare uniti”. Il punto non è che all’Europa serva l’Italia, ma che all’Italia serve un’Europa unita, non essere amica di Trump. Come abbiamo detto, non abbiamo nulla da perdere nell’unirci al concerto delle nazioni.

Se l’Italia vince o perde, perde da sola, anche nel caso in cui vinca, perché circondata da avversari interni; infatti l’Italia fa parte dell’Ue, non degli Usa, come forse potrebbe volere Trump in un attacco di imperialismo allucinato). Ma se l’Italia si unisce all’Ue possono accadere soltanto due cose: che si vinca e ci si rafforzi come entità autonoma recuperato lo spirito europeo, quello che anche un conservatore dovrebbe puntare a diffondere e alimentare; che si perda insieme, come soggetto comunque troppo grande e solido per poter essere escluso in futuro dall’America trumpiana. Gli Usa possono davvero rinunciare in blocco all’interna Unione? Difficile a dirsi. Ecco perché Macron, da leader quale è, ha posto due condizioni fondamentali per fare vincere l’Europa ma anche ogni singolo Paese, Italia compresa: spirito comunitario (non serve fare da arbitri in una disputa come quella tra Ue e Usa, soprattutto se sei parte di una delle due squadre; perché non sei arbitro, ma un traditore semmai), carattere forte. Serve dire no al nemico dell’Europa. Sia esso Putin o Trump.
