"Ma questa non è violenza fine a sé stessa? […] Che senso ha dar fuoco a una banca?". "Minchia ma la banca è l’emblema della ricchezza! Se non dò fuoco alla banca sono un coglione!". Ve lo ricordate il simpatico ragazzo che occupò per diversi giorni i social con le sue dichiarazioni da barricadero un po’ ingenuootto, e poi sopravvisse per mesi sotto forma di meme? Beh, sembra che quello spirito da distruzione senza tanti riferimenti culturali, proprio nella città di Milano, non si sia affatto arrestato al 2015. Milano oggi è di nuovo preda della violenza dei manifestanti, anche se per ora non si sono registrate dichiarazioni pittoresche. Questa volta ci si riunisce in sostegno di Gaza, ma il nemico sembra essere la stazione dei treni di Milano. Riepilogo e poi cronaca. All’epoca si trattava delle proteste contro l’Expo, organizzato dal Governo Renzi. Il ragazzo si chiamava Mattia Sangermano, era uno studente di Pavia di soli vent’anni, e in seguito si scusò di fronte alle telecamere. Fu chiaramente strumentalizzato da parte di una certa stampa, al fine di ridurre le proteste dei "No Expo", che ritenevano l’esposizione universale un’inutile spesa di denaro pubblico, all’incontro di una masnada di violenti agitatori politici, che avevano l’unico scopo di mettere a ferro e fuoco il capoluogo lombardo, e tenere in ostaggio la città per i propri interessi politici. O semplicemente per sfogare il “disagio delle periferie” (di Kassovitz?). Alla fine l’Expo si tenne, con qualche luce e molte ombre, e purtroppo degli oppositori all’evento si ricorda principalmente l’esaltazione ingenua e adolescenziale del “povero” Mattia.

Oggi, a Milano, è accaduto appunto qualcosa di simile. Il Corriere della Sera, sulla sua prima pagina web, esordisce con un articolo a firma di Elisabetta Andreis e Giovanna Maria Fagnani, che titola: “Scontri a Milano, oggi: i manifestanti entrano in stazione Centrale. Cariche, fumogeni, lanci di pietre, vetri rotti”. E poco più in basso, nel sommario: “Una frangia di violenti ha utilizzato cartelli stradali, cestini e transenne per rompere vetrine e porte di accesso alla stazione. I treni in partenza sono stati bloccati, mentre quelli in transito per oltre un’ora hanno saltato la fermata. Sala: il vandalismo di frange violente non aiuta la causa". Un disastro. Semplicemente un disastro. Un’immagine dieci volte peggiore della grottesca intervista all’incappucciato e poi redento Sangermano, con cui abbiamo stabilito un parallelismo utile sul piano mediatico, ma inconsistente su quello politico. Riguardo gli scontri di oggi, le parole del primo cittadino meneghino sono effettivamente ineccepibili. Ma bisogna andare più a fondo. Ed analizzare due fattori di questa inutile e controproducente violenza, contro un bene peraltro pubblico come è quello della stazione. Quello esogeno e quello endogeno. La mia generazione ha fallito su entrambi. Punto. La Gen Z (1995-2012 o giù di lì) è politicamente morta. Atrofizzata dai cellulari, tenuti come appendici delle braccia, ipnotizzata da fenomeni del web che divengono miti intoccabili e depositari di verità rivelate. O forse addirittura padri putativi, che quando diventano troppo ingombranti, come suggeriva un articolo de La Fionda sul Fatto, vengono assassinati in piena continuità con l’Edipo Re. Come è accaduto con Charlie Kirk, libero pensatore, eroe della provocazione, vittima di un Paese troppo pieno di armi d’assalto in mano a gente mentalmente disturbata. Problema di cui forse neanche lui si era reso conto.
Ma chi giustifica il suo omicidio con questa scusa, invece di concentrarsi sulla debolezza dialettica degli “zoomers”, è un povero idiota, oltre che un essere umano senza pietà. Perché questo è il fatto. A livello endogeno, i figli del 2000 non sono quelli sognati da Lucio Dalla, ma la versione più stupida e pericolosa dei millennials descritta da Tyler Durder in Fight Club. Incazzati con il mondo che li ha delusi, soli; ma adesso preda di ideologie pericolose (wokismo e pensiero Maga) e cattivi maestri. E questo è accaduto a Milano. Qualche barbaro ha cominciato a rendere la manifestazione un’occasione per spaccare tutto e gli utili idioti gli sono andati dietro, diventando inconsciamente preda dei “giornali dei padroni”, in cambio di 30 minuti di sfogo dalla vita nella cameretta. Quella che li carica di rabbia. Come nei film distopici. Che pietà.

Poi vi è il fattore esogeno. Il rapporto col mondo. A Gaza è in atto un genocidio, riconosciuto dall’Onu, perpetrato dallo stato colonialista di Israele. Le forze sioniste uccidono il popolo palestinese in quanto tale. Solo perché arabi. I loro obiettivi preferiti sono bambini, giornalisti e medici. Perché vogliono eliminare il futuro, la salute e la verità. Ah, e poi anche le scuole. Per evitare che i futuri vicini “alieni”, ammesso che ne rimanga qualcuno, possano essere alfabetizzati. Siamo vicini alle 80mila vittime. È giusto essere incazzati. Sacrosanto. Anzi, chi non lo è può definirsi complice, ignavo, vigliacco. Bisogna far pressione sul nostro governo perché almeno non armi più Israele, e riconosca lo Stato di Palestina come la Spagna e come presto faranno Francia e Inghilterra. E allora? Come fare? Parlandone! Scioperando pacificamente! Bloccando il Paese con il non-lavoro! Facendo assemblee come avveniva nel ’68, che pure su tanti aspetti ha fallito ed è stato violentissimo. Ma certo non distruggendo la stazione di Milano. Così non si otterrà nulla, se non che i soliti giornalisti potranno parlare della famigerata “violenza pro-pal” invece che del genocidio di Netanyahu, Smotrich e Ben-Gvir. Una delusione mortificante per chi scrive di questi argomenti quasi quotidianamente, e cerca di smuovere un’opinione pubblica spesso accidiosa su questo nuovo Olocausto. Ma rischia di vedere i propri sforzi vanificati. Da cosa? Dall’incapacità di molti miei coetanei di canalizzare la rabbia, perché accecati dalla polarizzazione e dalla totale sfiducia nei i metodi liberali per mutare le sorti del mondo. La mia generazione sta fallendo. Ha ancora qualche anno a disposizione per provare a mettere a posto un po’ di cose, con l’energia che contraddistingue i giovani. Poi diventeranno “manoscritti inutili”, dinosauri da combattere dalla leva successiva. Tic tac, tic tac. Up patriots to arms?

