Felice Maniero, boss della Mala del Brenta, non appare molto in pubblico. E quando lo fa, come da Fedez e Marra al loro podcast Pulp, preferisce indossare una maschera. L’ospitata era stata annunciata dal suo ex collega di criminalità e nemico, il Doge Giampaolo Manca, con il quale si scontrano verbalmente ormai da diversi anni. Manca lo chiama Pantegana e lo accusa di averlo mandato all’ergastolo. Maniero sostiene che Manca non fosse nemmeno degno di essere chiamato criminale. Ma, scontri tra boss a parte, la storia di Faccia d’angelo, questo il soprannome di Maniero, si interseca con quella d’Italia e con la geopolitica. Vendita di armi in ex Jugoslavia ai tempi della guerra. Le rapine, dai camion di formaggi ai Casinò passando per il mento di Sant’Antonio da Padova, utilizzato per ricattare lo Stato e chiedere la scarcerazione del cugino. Quanti soldi avrà accumulato Felice Maniero con la Mala del Brenta? Questa la prima domanda, che il boss salta con un “no comment”, ma Maurizio Dianese, giornalista che ha seguito tutta la vita del Boss, spiega: “Adesso non ha un euro, ma lui è un grandissimo collezionista di opere d'arte. Solo di quadri di Schifano aveva qualche centinaio di pezzi. Mario Schifano, pittore notissimo romano, andava a casa sua e in cambio di cocaina gli regalava i quadri. E questa collezione è stata tutta venduta, o scambiata”. E si parla anche di un autoritratto di Van Gogh, che "non è mai saltato fuori e quindi immagino che sia da qualche parte - continua Dianese - però una persona che soffre di depressione al suo livello, che ormai ha problemi di eloquio e fatica nel razionalizzare le cose, mi chiedo se sia in grado di ritrovarla”. Alla domanda sulla sorte dei pentiti, Maniero spiega che “venivano allontanati dalla regione, ma non eliminati”, per poi confermare il suo ruolo importante nello smercio di armi ai tempi della guerra civile nei balcani: “Ho ho fatto un grande traffico di armi tra Venezia e la Jugoslavia. Sì, soprattutto con la Bosnia, la Serbia, ma noi le vendevamo a tutti, non importava se le usavano uno contro l’altro”. La Mala del Brenta nasce dai furti di formaggio, nel 1975: “Rapinavamo i camion di grana, che con un carico di Parmigiano Reggiano quasi ti facevi una Ferrari”, per poi passare a rubare gioielli, “ma la storia è lunga”. Una storia da genio del crimine, come dice Dianese: “A volte lo si paragona a Vallanzasca, ma le rapine che ha fatto Vallanzasca nel corso di una vita lui le ha fatte in un weekend, e i morti per mano di Vallanzasca in tutta la carriera corrispondono a un anno di attività di Maniero”. La rapina più grossa? “Il Casinò di Venezia - dice Maniero - quella volta abbiamo preso 8, 9 miliardi. Ed è stato semplicissima, senza intoppi”.

Faccia d’angelo, spiega Dianese, non si è più ripreso dopo la morte della figlia, suicida: “Il senso di colpa che lui ha avuto nei confronti della figlia non l'ha più recuperato. Siamo andati recentemente a fare un giro al cimitero dov’è sepolta, e lui non riusciva a spiccicare parola”. Secondo Maniero anche oggi, nonostante le nuove tecnologie investigative, si potrebbero fare lo stesso rapine enormi come le sue, ma “in giro c’è solo chi spaccia droga”. Lui, invece, prendeva “60 milioni al mese per le tangenti al Casinò di Venezia”. Tangenti che, a sua volta, Maniero racconta di aver pagato all’ispettore capo della Polizia, “che pagavamo 6, 7 milioni di lire al mese. Poi, l’ispettore dei Carabinieri e un colonnello dei servizi segreti. Tutti erano a libro paga”. Poi il racconto delle evasioni, tre in carriera da carceri di massima sicurezza. La più eclatante a Fossombrone, passando da un tunnel: “Stavo giocando a carte con dei boss mafiosi, tutti ergastolani. A un certo punto mi sono alzato e ho detto, io vado. Gli altri non se la sono sentita di seguirmi. Ma il pathos che ti dà un’evasione non ha eguali”. Lo stesso a Padova, quando diede “700 milioni a una guardia. Poi sono arrivati a prendermi con una finta auto della Polizia, entrano, legano tutte le guardie, chiudono l’armeria, vengono su a prendermi e mi fanno uscire. Mentre uscivamo, tutti dalle altre celle ci gridavano: aprite anche a noi, ma li abbiamo mandati a cagare”.

Ma tutti i soldi guadagnati - si ipotizzano 500 milioni - come li ha finiti? Dianese spiega che Maniero non ha più un euro perchè, “per esempio, una latitanza di allora costava mediamente 10 milioni di lire. Servono telefoni, case, autisti. Lui fugge dal carcere di Padova e la sua ultima donna, Marta Bisello, gli dice: è uscita l’ultima borsa di Gucci, costa 10 milioni di lire e si trova solo a Parigi. Prendono l'aereo, vanno a Parigi, al Charles V dove una suite costa oggi 7-8.000 euro, e loro stanno lì una settimana. Anche le imprese che ha messo in piedi in realtà servivano a giustificare i soldi nel caso li avessero trovati, ma erano tutte aziende in perdita, lo ammette lui stesso, come nel caso di Eniacque, quella dei depuratori. Lui stesso un giorno mi ha detto: fa acqua da tutte le parti”. Immancabile, e preannunciata dallo stesso Manca a La Zanzara, la polemica col Doge. “Ma quello è un pagliaccio”, attacca Maniero, “anche se veniva nella sezione dove ci hanno liberati, lo mettevo dentro”. Manca lo ha accusato di aver fatto il suo nome, condannandolo all’ergastolo, ma Faccia d’angelo nega: “No, io non ho mai parlato di Manca. Stasera qua mi sa che è la prima volta”. Non avete mai avuto modo di confrontarvi?, gli chiede Fedez. “No, ma neanche lo faccio perché sarebbe umiliante come bandito”. Non ha la caratura criminale, secondo Maniero: “Non è al mio livello, ma nemmeno a quello di molti altri”. E alla domanda sulle donne avute, torna il no comment finale: “Ne ho avute tante, ma non ne posso parlare”.

