Cosa succede al nostro anti-fascismo quando fa caldo? Si manifesta solo con l’aria condizionata? Da ben tre giorni sui maggiori quotidiani e siti non si parla più dalla coraggiosa giornalista tedesca Laura Ewert, nipote di un nazista, che ha deciso di scendere in Italia per chiedere scusa ai familiari delle vittime di una strage. Vi rendete conto? Una persona che potrebbe lavarsene le mani e pensare alle vacanze, decide di metterci la faccia e la coscienza e di aderire a un gesto simbolicamente molto importante. E invece in questi tre giorni, è calato il silenzio: mi chiedo come sia possibile, i redattori saranno tutti a Ibiza a far le stories su Scamacca ossigenato o a Capalbio in un resort ecosostenibile? Oppure ci si ricorda di questa vicende solo al 25 aprile, quando su pagine e siti abbondano le foto delle partigiane, che se sono donne fai più condivisioni. O è solo una questione generazionale: i giovani giornalisti millennial, per sapere di queste cose spulciano Wikipedia. E dunque questa è una sterile polemica, un retaggio superato e in bianco e nero, che coinvolge solo me e i miei coetanei, visto che obsoleti boomer toccati dal senso della storia e della memoria. Di fatto, i nostri valenti informatori in carriera hanno preferito dare spazio a ben altro e più proficuo ai clickbait. Ecco qui una lista aggiornata: le geronto-gaffe di Biden, Giacomo Bozzoli nascosto in un cassettone, la Meloni che fa gli occhi storti, un nubifragio sul Lago di Como, per non parlare dello shitstorm su Morgan, alimentato dalla più selvaggia cinica di tutti e ovviamente i meme buffi.
E allora tocca al sottoscritto infrangere questa imbarazzante evanescenza estiva e lo faccio urlando dalla città sempre più deserta: applausi a un essere umano che da sola decide di sovvertire una liturgia sempre più in voga tra politici e firme importanti che relativizzano le vicende della guerra e delle vittime del nazifascimo. Laura Ewert non ci sta. Ringrazio il Signore dell’Algoritmo di avermi fatto scoprire questa sua/nostra vicenda, straziante e incoraggiante al contempo. Tutto ciò è accaduto durante un convegno sulle stragi naziste in Toscana. Stava partecipando in videoconferenza anche la coraggiosa giornalista. A un tratto, è visibilmente commossa. Condivide coi partecipanti una atroce scoperta in familia: suo nonno Wolf, colonnello della Wermacht, fu colui che ordinò la strage di San Polo, il 14 luglio del 1944, quando ben 80 persone vengono scelte a caso e trucidate per una rappresaglia. E quindi, a cinquant’anni dall’eccidio - questa domenica 14 luglio - lei si paleserà al cospetto dei cittadini e familiari delle vittime di quel borgo sulle colline di Arezzo. Qui di seguito alcune delle sue lapidarie dichiarazioni, più toccanti che qualsiasi discorso istituzionale o documentario interrotto dalle pubblicità: “…tristezza, dolore e vergogna, mi sono fatta molte domande sulla mia famiglia, sul perché non abbiamo mai affrontato questo argomento… Racconterò ciò che ha commesso mio nonno, a mio figlio, ai miei amici anche sul giornale per cui lavoro, perché non deve mai essere dimenticato ciò che è accaduto e perché anche altre persone possano interrogarsi, farsi delle domande”. Un’ultima postilla da parte del sottoscritto, rivolta voi e soprattuto a me stesso: possiamo sempre decidere di fare la cosa giusta. E studiare un po’ di Storia.