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Se Trump è Hitler, allora l'attentatore è un eroe? Tutte le domande a cui dovrebbe rispondere la "sinistra" (non solo americana)

  • di Francesco Mazza Francesco Mazza

14 luglio 2024

Se Trump è Hitler, allora l'attentatore è un eroe? Tutte le domande a cui dovrebbe rispondere la "sinistra" (non solo americana)
Da anni l’alternativa di destra al pensiero di sinitra non è presentata come portatrice di idee fortemente sbagliate, ma come un pericolo mortale per la democrazia contro cui sembra giusto rispolverare tragicomici slogan d’antan. Quindi se Trump per i Dem era paragonabile a Hitler, il suo attentatore dovrebbe diventare un eroe nazionale. Invece qualcosa non torna, né in America né in Francia con Marine Le Pen, né in Italia con Giorgia Meloni. Ecco perché la sinistra, che ha le più gravi responsabilità verso la società in cui viviamo, dovrebbe farsi un esame di coscienza e chiedere scusa…

di Francesco Mazza Francesco Mazza

Chiariamo subito un punto: nel momento in cui viene meno la democrazia, e la civiltà sprofonda nel buio della dittatura, tutti hanno diritto a ribellarsi e imbracciare il fucile. In altre parole: tutti hanno diritto a uccidere Hitler. Thomas Matthew Crooks, l’autore del fallito attentato a Donald Trump, ha dunque il merito di far uscire il mondo occidentale dall’ipocrisia in cui è precipitato da un decennio. Se - come ripete ogni tv, ogni giornale, e come ha ripetuto anche lo stesso presidente Joe Biden in numerose occasioni - in America si sta davvero combattendo per la democrazia, se l’eventuale rielezione di Trump sarebbe veramente paragonabile all’avvento del nazional-socialismo, e se lo stesso Trump, come rappresentato in infiniti meme, ha in Adolf Hitler il suo riferimento politico più prossimo, allora fate di Crooks un eroe nazionale, e inserite il suo volto come quinta effige del monte Rushmore. Se invece Trump non è Hitler, e dunque la sua eventuale vittoria non è paragonabile a quella del nazismo e dunque negli Stati Uniti non si sta combattendo alcuna guerra per la democrazia, allora chi da anni ha avvelenato il clima politico spingendo il Paese in un clima da guerra civile, deve essere considerato complice, a livello ideologico, dell’attentatore ucciso dall’Fbi. Non esiste via di mezzo. Per anni, la sinistra americana non ha fatto altro che dipingere l’avversario come il male assoluto: ora si rammarichi per l’errore di mira del cecchino, o ammetta di aver perpetrato la più grande operazione di demonizzazione dell’avversario mai messa in piedi, e abbia la decenza di chiedere scusa ai familiari della persona che nella sparatoria è stata uccisa, colpevole solo di essere andata ad ascoltare un comizio politico in quello che tecnicamente dovrebbe essere un Paese libero. Una dinamica che, a dirla tutta, ritroviamo identica altrove. Abbiamo appena vissuto le elezioni francesi, dove Marine Le Pen non è stata presentata come portatrice di idee fortemente sbagliate, ma come un pericolo mortale per la democrazia (aridaje!) contro cui hanno rispolverato tragicomici slogan d’antan (No pasaran!). E che dire di Giorgia Meloni, paragonata un giorno sì e l’altro pure a Benito Mussolini, e delle grida di dolore di scrittori, intellettuali e direttorini di giornali che sul fantomatico “ritorno del fascismo” stanno rivitalizzando carriere agonizzanti, proprio come ieri, un’altra classe di scrittori, intellettuali e direttorini di giornali costruivano le loro sul pericolo del Cavaliere Nero?

Trump dopo l'attentato subito in Pennsylvania
Trump dopo l'attentato subito in Pennsylvania

Il procedimento è sempre quello, maledettissimo e inaccettabile: una classe dirigente che per semplicità chiameremo “di sinistra”, che di sinistra non ha assolutamente nulla anche se spesso si contrabbanda come tale, ha permesso e tollerato che tutte le conquiste sindacali del Novecento fossero smantellate una dopo l’altra, che i migranti venissero importati come un tempo si importavano gli schiavi per farne carne da macello, che il precariato diventasse non un tipo di contratto di lavoro ma una condizione esistenziale, che dentro l’Unione Europea si creassero simil-paradisi fiscali in modo da permettere alle multinazionali di evadere impunemente miliardi di tasse; e nello stesso, per continuare a esistere e conservare i propri privilegi, grazie alle posizioni di supremazia nei centri mediatici e culturali, ha annegato le proprie colpe in un mare di retorica puzzolente fino a farle scomparire, demonizzando oltre ogni decenza l’avversario, fottendo almeno due generazioni di giovani e ragazzi che oggi invece di scendere in piazza per la tragica mancanza di opportunità lavorative e di stabilità economiche, sono capaci di incazzarsi solo se manca il cesso pubblico intergender. Sarebbe bello pensare di essere arrivati a un punto di rottura. Sarebbe bello che l’attentato a Trump avesse almeno il merito di disvelare il meccanismo dall’intero. Ma la verità è che non sarà così, gli animi non faranno che esacerbarsi ulteriormente e, come avvenuto in passato, quello che oggi ci sembra straordinario domani finirà per sembrare normale. Per intanto, ci tocca vivere la distopia del miliardario Donald Trump assurto al ruolo di eroe del popolo: il suo pugno alzato oggi è il simbolo della democrazia, quello dietro a cui ogni uomo libero ha il dovere di riconoscersi. E se non vi piace, è solo colpa vostra.

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