Alla presentazione in Senato del libro “Cercando Emanuela” di Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, abbiamo intervistato Giovanni Franci e Valerio Di Benedetto. Rispettivamente regista e attore di “Pietro Orlandi, fratello”, lo spettacolo teatrale che porterà per la prima volta in scena la storia, ma soprattutto le parole, di Pietro Orlandi, che da quarant’anni si spende contro tutto e tutti per ottenere verità e giustizia per sua sorella Emanuela: “Sono davvero curioso di vederlo. È una cosa che mi fa molto piacere, perché porta ancora avanti l'attenzione su questa storia, il fatto che porterà a teatro le mie parole mi emoziona e mi imbarazza allo stesso tempo. Ringrazio Giovanni Franci per aver avuto questa idea”. Lo spettacolo debutterà il 14 dicembre all’ OFF/OFF Theatre di Roma, e resterà in scena fino al 17 dicembre.
Da regista, come è nata l’idea di questo spettacolo?
L'occasione sono i quarant'anni dalla scomparsa di Emanuela, e per tutta una comunità che si è spesa per la verità, non solo Pietro e la sua famiglia. Ormai è un caso di coscienza che riguarda tutti.
Hai dato un taglio particolare alla rappresentazione?
In realtà lo spettacolo è un racconto molto intimo in cui Pietro ripercorre questi quarant'anni, che noi seguiamo sul piano cronologico. Lo spettacolo, in un certo senso, è diviso in capitoli ovvero dieci anni dalla scomparsa, vent'anni, trent'anni e così via. All'interno di questi capitoli non c'è semplicemente la successione cronologica, ma come lui ha vissuto quei momenti.
Una sorta di viaggio introspettivo.
Sì, chiediamo allo spettatore di mettersi nei panni di Pietro. Il miglior modo per capire la gravità di quanto è successo.
Quando hai annunciato lo spettacolo com’è stata la risposta da parte del pubblico?
Buona, perché credo che Pietro sia un personaggio molto amato. Nello spettacolo per noi lui è come se fosse un eroe di questi giorni, quindi la solidarietà che c’è stata verso lo spettacolo è una solidarietà che molti hanno nei confronti di Pietro, quasi fosse un punto di riferimento.
Nell’ambiente ecclesiastico qualcuno ha storto il naso?
No, ma la loro strategia è quella del silenzio.
Perché la gente dovrebbe venire a vedervi a teatro?
Intanto è uno spettacolo che si fa difficoltà a chiamarlo spettacolo, è un monologo che non è un monologo perché è un dialogo a tu per tu per il pubblico, e noi stiamo chiamando il pubblico quasi ad un'assemblea. Quindi credo che sia emozionante anche da parte del pubblico, un momento importante di partecipazione civile, quasi torniamo agli albori della funzione del teatro, di interrogarci noi insieme al pubblico su probabilmente uno dei casi più bui che hanno attraversato la storia di questo paese.
Valerio, com’è stato calarsi nei panni di Pietro Orlandi?
Non è stato per niente facile. Io sono del 1985, e ricordo di aver visto da bambino servizi in tv che parlavano di questa storia. Per me ha un carico sociale ed emotivo di valore molto alto, e sto cercando di restituire tutta quella verità emotiva e quella autenticità che ritroviamo sempre nelle interviste di Pietro. Ne ho viste tantissime.
Stai studiando Pietro?
Sì, lo sto studiando un po', ma non tanto per farlo simile ma per andare a trovare quella verità sua che perseguita da quarant'anni.
Lo hai incontrato adesso per la prima volta, che effetto ti ha fatto?
Sono molto emozionato. Avevamo stabilito di incontrarci per un caffè, e ora questa veste così istituzionale mi ha dato un peso interiore che non avevo messo in conto.
Pietro non è venuto alle prove? Non ha visto ancora nulla dello spettacolo?
Ha letto e approvato il testo, ha fatto dei cambiamenti per migliorare alcuni passaggi, per essere più precisi nel racconto. È stato tutto approvato sia da Pietro che dall’avvocato Laura Sgrò, su questo siamo sicuri in termini di quello che andiamo a raccontare passandolo poi allo spettatore.
Lo chiedo anche a te, perché la gente dovrebbe venire a vedervi?
Semplicemente perché parla di un fatto che ci riguarda in prima persona, perché viviamo in questa società, e non è un qualcosa che riguarda soltanto Pietro e la sua famiglia, ma tutti noi.