La penna affilata di Carmelo Caruso ha ricostruito su Il Foglio l’uscita di Augusto Minzolini dalla rete divenuta, negli anni, simbolo del populismo di destra in casa Mediaset: da Mario Giordano a Paolo Del Debbio, Rete 4 è stata la zona di lotta del gruppo fondato da Silvio Berlusconi, tanto da alimentare a lungo temi cavalcati da quei partiti, Fratelli d’Italia e Lega, che a Forza Italia e al Cavaliere sono subentrati nell’egemonia a destra e a spingere il Biscione a mettere la sordina. Tra le operazioni meglio riuscite proprio Stasera Italia, affidata alla conduzione di Veronica Gentili, Barbara Palombelli e, infine, Nicola Porro per provare a sfidare con un talk politico la regina del prime time, Lili Gruber, nei suoi stessi orari. Operazione complessa durante la settimana, dove il programma ha sempre veleggiato sul 4-4,5% di share, ma che a Minzolini nella sua conduzione riusciva nel weekend: Stasera Italia Weekend ha toccato stabilmente il 6% di share nei tre mesi di conduzione dell’ex direttore. Il quale è stato prima fortemente voluto e poi allontanato da Mediaset. “Io ho il mio stile, quando faccio il conduttore lascio da parte le mie opinioni e cerco di mettere a confronto le idee, senza scatenare inutili risse”, ha dichiarato Minzolini a Il Foglio prendendo atto della decisione di togliergli la conduzione. Una constatazione chiara, che da un lato è suggellata dalla prova dei fatti e dall’altro va letta in relazione allo stile sempre compassato del programma che, certamente, non incitava per la sua struttura salottiera allo show da saloon. A Stasera Italia sfilavano direttori, esponenti politici di primo piano, editorialisti liberi, da ogni posizione, di argomentare. “Viene mandato via perché ha provato a fare il giornalista sobrio al posto del conduttore invasato. Ecco perché, ancora una volta, non si possono che porgere le scuse ad Andrea Giambruno, il busto di Mediaset più autentico”, scrive Caruso. Però, va detto, se è vero che la sostituta di Minzolini sarà Bianca Berlinguer, che potrebbe “annettere” il programma alla sua È sempre Cartabianca, al posto del navigato notista politico arriverà un’anchorwoman sicuramente navigata e capace di fare audience, ma certamente non à la Giambruno nel suo stile comunicativo.
La realtà, in quest’ottica, potrebbe essere sostanzialmente politica. Minzolini non ha, come da suo solito, perso l’indipendenza da conduttore come non l’ha fatto da direttore. Ma la sua uscita da Mediaset, più che simbolicamente, rappresenta il passaggio del gruppo oltre la fase politica berlusconiana. L’uomo che Silvio Berlusconi volle alla guida del Tg1 prima e in Senato poi, l’ultimo direttore scelto personalmente dal Cavaliere per il suo amato Il Giornale era, oggi più che mai l’ultimo, tangibile simbolo di un’epoca politica che si è chiusa. I figli Pier Silvio e Marina, osservano alla finestra la traiettoria di Forza Italia e del governo di Giorgia Meloni senza voler entrare direttamente in campo. Le strategie costruite dall’ufficiale politico di Cologno Monzese, il direttore generale dell’informazione Mauro Crippa, vanno nella direzione di un netto decoupling (disaccoppiamento) che nel 2024, anno di elezioni europee, si vuole consolidare per rafforzare anche l’insolito inseguimento tra la Rai “meloniana” e la Mediaset “moderata”. Paradosso dei paradossi, per un processo del genere un compassato e calmo conduttore come Minzolini poteva essere il volto perfetto, forte della capacità d’ascoltare del retroscenista. Ma ora che la testata di Minzolini, Il Giornale, è uscita dall’impero dei Berlusconi ed è andata al gruppo Angelucci probabilmente a Cologno Monzese Pier Silvio, Crippa e il loro staff hanno pensato fosse meglio disaccoppaire totalmente le strade del conduttore-editorialista e quelle del loro gruppo.
Viene un dubbio: perché riservare questo trattamento a un professionista come Minzolini, lasciandolo senza risposte? Tre mesi fa il Cavaliere era già venuto a mancare, le ambizioni politiche dei suoi figli si erano già palesate come non sussistenti, la svolta per la moderazione di Mediaset era in stato avanzato, Il Giornale già passato di mano. Perché imbarcare Minzolini sapendo quale sarebbe stato l’esito solo pochi mesi dopo? Mistero della fede e dello share. In quest’ottica, notiamo, la chiave di lettura di Caruso su Il Foglio ha sicuramente ragione su un punto: nella Tv commerciale la vita professionale è più dura per chi fa giornalismo e non televisione urlata. I fautori di quest’ultima avranno sempre meno problemi. Al letto della qualità dei lavori prodotti.