Quarantuno anni di silenzi e depistaggi continui, e il caso di Emanuela Orlandi non ha ancora una soluzione. Non sappiamo la verità su ciò che accadde quel caldo pomeriggio d’estate prima che Emanuela, quindicenne cittadina vaticana, scomparisse nel nulla. Il tempo sembra essersi fermato a quel 22 giugno 1983. Ne abbiamo parlato con il giornalista e criminologo Michel Emi Maritato: “Negli anni ci sono state tantissime piste e ipotesi, ma sono convinto che chi potrebbe chiarirci quello che è diventato un “arcano nazionale”, ancora tace. Di tracce questi rapitori ne hanno lasciate, una delle più controverse è l’orribile cassetta delle sevizie. Un reperto audio che personalmente ritengo sia a sfondo sadico, con lamenti ed urla, che ci fanno immaginare la violenza inaudita a cui viene sottoposta questa ragazza, di cui ancora oggi non ci viene chiarito, se si tratti di Emanuela Orlandi. Nonostante fu mandata proprio per contrattare la liberazione di Alì Agca (l'attentatore di papa Giovanni Paolo II ndr)”. La cassetta fu fatta ritrovare, dai presunti rapitori, il 17 luglio 1983, a poco meno di un mese dalla scomparsa di Emanuela, vicino la sede dell’Ansa in via della Dataria a Roma. La voce di ragazza che si sente nella cassetta è davvero quella di Emanuela? Secondo il fratello Pietro Orlandi sì: “Posso anche essere stato suggestionato avendola ascoltata trentatré anni dopo, ma io percepisco la voce di Emanuela”.
Ma cosa si sente nella cassetta? Urla e lamenti di dolore di chi viene seviziata e sottoposta a violenza di vario genere, come ci racconta il criminologo Maritato: “Ci sono dei momenti in quell’audio che, se ascoltati bene, sembrano appartenere alla stessa persona. Più precisamente la voce che chiede di dormire, quella che in modo disperato ripete “Dio mio perché”, e il frangente in cui parla di sangue, e con voce sofferente dice che sta per svenire. Io riconosco le stesse peculiarità di quella voce, ahimè anche nei lamenti che vengono registrati, in cui probabilmente a mio parere viene addirittura imbavagliata. Si percepiscono anche delle voci maschili, la più distinguibile in sottofondo ha un accento fortemente romanesco”. Non solo, un certo punto si sente un'esternazione particolarmente volgare pronunciata da un uomo: “Da questa me lo farei succhiare”. Una frase che secondo gli inquirenti non apparterebbe ai presunti rapitori di Emanuela, o comunque alle persone presenti al momento della registrazione ma, come racconta Pietro Orlandi agli agenti che stavano lavorando alla cassetta. Plausibile come spiegazione? “Quando si sente la ragazza chiedere di poter dormire, prima di questa supplica è stata sottoposta a qualcosa, l’affermazione è chiara e ci lascia intravedere la ritualità delle sevizie e degli abusi, pertanto non era la prima volta che era sottoposta alla privazione del sonno”. La persona abusata così viene messa in un clima di confusione e incertezza, che la rende completamente soggiogata e dipendente dall’abusante: “Si pregia del controllo, e della disponibilità forzata a cui sottopone la vittima, peculiarità tipica di chi ha una deviazione fortemente riconducibile ad un disturbo di parafilia. Insomma la cassetta delle sevizie ci fornisce un quadro molto chiaro, almeno tre delle affermazioni registrate sono pronunciate dalla stessa ragazza”.