Dunque, Chiara proclama espressamente il proprio bisogno di opposizione. Su uno sfondo-pattern celeste, se non celestiale, degno di un package da “Lycia Intima delicatezza”, centuplicando così l’effetto, l’impatto, il peso morale, necessario, addirittura accattivante, della denuncia. Nonostante quel timbro cromatico pallido, tenue, le sue parole sembrano altrettanto assumere, ancora, il valore ulteriore del proclama da Londra del generale Charles De Gaulle destinato a raccogliere le forze della Francia libera, non sembri un paradosso su sfondo di peluche, a sua volta i nome di una battaglia contro il sentire regressivo che sappiamo; lo scontro sembra al momento perduto, ma non la guerra. Addentrandosi nell’azzurro guerresco mariano, ecco che i molti timori che opprimono coloro che abbiano chiare le semplici aste della democrazia e della tolleranza, vengono mostrate. Chiara Ferragni nel post intitolato “apriteilcervello”, in un profilo che si dichiara con sfrontata e libera evidenza "antifascista, antirazzista e support Lgbt+", non ha timore di segnalare che "i partiti di Salvini, Meloni, Berlusconi sono gli stessi che poche settimane fa al Parlamento europeo hanno votato contro una risoluzione che chiedeva di condannare l'abolizione del diritto di aborto negli Stati Uniti". E ancora che "le elezioni, che per molti porteranno alla formazione di un nuovo 'governo corrotto', per milioni di noi sono l'inizio di tutt'altro". Il riferimento è al tema dell’immigrazione, dei diritti Lgbt+, dell’eutanasia e dell’aborto.
Il carico, il cielo dei timori è così innalzato, un carico di inquietudine che, appunto, riguardano tutti, circa il tema della tolleranza e soprattutto la minaccia di una destra regressiva, cattiva, inospitale, nera. Il dato immediato che queste parole giungano da chi, come Chiara Ferragni, è assimilata al glamour, sempre idealmente sembra auspicare un nuovo virtuale piazzale Loreto che, in cima al suo non meno ideale distributore di benzina, ponga, attraverso il voto, nuovamente a testa in giù l'infamia valoriale che le nostre destre riunite affermano con esclusiva tracotanza. Leggiamo, avanti: “Per tantissime altre persone invece le elezioni del 25 settembre saranno una carneficina, rappresenteranno la nascita (stando a tutte le attuali previsioni) del governo più a destra (a livello di estremismo ideologico) in tutta la storia della Repubblica italiana. Penso le persone nere italiane o residenti in Italia, che subiranno la portata dell’odio che si creerà dai toni accesissimi e brutali che ci saranno sul tema dell’immigrazione, penso ai tanti bambini e giovani che vivono in Italia da sempre ma che non sono italiani poiché di origine straniera, penso alle donne, le donne libere e consapevoli di quanto sia importante decidere sul proprio corpo, loro che sanno che purtroppo proprio su questo vi sarà una triste battaglia politica e ideologica. Penso a noi, penso a noi milioni di persone che subiremo tutto questo. Penso a noi giovani che ci troveremo a convivere con chi governa con bigottismo e discriminazione. Il vostro attivismo è importante, la vostra voce essenziale. Combattere l’apatia”. Infine l’hashtag: #25 settembre.
L'appello non indica un soggetto politico preciso "amico", identificabile in singole sigle, per un eventuale punto di raccolta e coagulo della resistenza alla destra, la Ferragni si rivolge piuttosto al continente sommerso e insieme emerso nel sentire del disincanto quotidiano dell’astensione, segnatamente ai coetanei, coloro, metti, che nottetempo si radunano in ogni possibile “Jova beach party” del Paese, un universo di ragazze e ragazzi cui non è mai ancora pervenuta chiarezza sul sentire “civile” che dovrebbe accompagnarli, magari gli stessi che nel processo di mutazione antropologica avvenuto ignorano perfino le parole di Pier Paolo Pasolini. Incredibilmente, magicamente, nonostante la sensazione apparentemente anodina dell’azzurro, la ragazza bionda sembra farsi carico di un’inquietudine reale, ripeto, non rivolgendosi a nessun corpus politico preciso, semmai, nel medesimo celeste, implicitamente si intuisce, si intravede il ghigno di Salvini, la prossemica ringhiosa neo-fascista della Meloni e ancora, sempre più implicitamente, la piccineria di una Laura Pausini che esclude di cantare “Bella ciao” nell’ennesimo timore di inimicarsi da ogni possibile plauso la “zona grigia” implicitamente prossima al nero ricevuto in famiglia per trasmissione genetica subculturale. Diversamente da chi canta “Marco se n'è andato e non ritorna più”, l’appello di Chiara Ferragni assume l’assolutezza esemplare di chi non si cura di restare invisa a chi potrebbe sentirsi prossimo, ancora una volta nel medesimo azzurro del cielo minacciato, alle idee del sottoscala fascista che persiste nel Paese come bene rifugio subculturale che dà tepore al pari del primo sole estivo della semplificazione razzista e populista. Ciò che nessuna pubblicità-progresso, altrettanto uno spot degli uffici elettorali antagonisti alla destra in lizza, potrebbero mai ottenere, è presumibile sarà invece centrato dalla lettera aperta della compagna di Fedez. Incredibilmente, l'appello sembra assumere lo stesso valore preventivo di ciò che fu il segnale della insurrezione nazionale in questo caso contro l’apatia dal Comitato di liberazione nazionale, irrilevante che questo caso lanciato dal "bosco verticale" di Milano e non da un luogo segreto presidiato dai partigiani in armi. Resta che adesso è lei, la ragazza Chiara, a idealmente telegrafare (postare) “Chiara dice 26 × 1”?