Giovedì in commissione di Vigilanza Rai ci sarà l’audizione dell’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, e della presidente del cda, Marinella Soldi. Non sarà una riunione qualunque, ma avrà particolare valore per tanti motivi. Prima di tutto, perché si tratta del battesimo dell’Ad in commissione. Ma Sergio, oltre a essere il numero uno dell’azienda, rappresenta anche la prima nomina e il primo provvedimento del governo nell’ambito Rai. Un’audizione molto importante perché si svolge a ridosso della presentazione dei palinsesti della prossima stagione invernale. Evento sempre complicato e delicato per ogni televisione, lo è ancor di più per il servizio pubblico, che nella sua mission dovrebbe avere innanzitutto il problema della qualità e dell’informazione. Come se non bastasse, in questo quadro già complesso, in cui ai primi di giugno si arriva senza i palinsesti con un amministratore delegato appena insediato, dobbiamo aggiungere le dimissioni di due conduttori di trasmissioni d’informazione di primo piano, come Lucia Annunziata e Fabio Fazio. E sembrerebbe che a queste si aggiungano anche quelle di Massimo Gramellini e l’indisponibilità di Alessandro Cattelan a sostituire Fazio.
In più, in questi giorni vi sono state tre interviste sul tema da non perdere di vista e da tenere a mente, anzi, sarebbe opportuno che la Vigilanza le ricordasse a i vertici Rai. La prima è stata quella a Michele Santoro, ospite di Floris a DiMartedì su La7; la seconda di Piero Chiambretti sulla Stampa; la terza è stata in realtà una serie di interventi di Daniele Luttazzi sul Fatto Quotidiano. Tre personalità che ben conoscono la Rai. Tre personaggi pubblici che non sono andati via dalla Rai, ma che sono stati emarginati e di fatto allontanati. Tre personaggi che potrebbero risolvere il problema del palinsesto Rai e forse permetterle di creare problemi di ascolti e qualità alle reti concorrenti. Personalità che potrebbero pure aiutare il rilancio dell’azienda Rai. In particolare Santoro e Luttazzi, nelle loro interviste e nei loro interventi mettono in luce il problema del monopolio degli agenti dello spettacolo in Rai. Un problema che hanno più volte citato e che nelle legislature passate aveva trovato soluzione, chiaramente solo sulla carta, ma per il resto, come denunciato da Santoro e Luttazzi, nulla è cambiato.
Nella commissione di Vigilanza di due legislature fa, presidente Roberto Fico, fu votata all’unanimità una risoluzione che impone dei limiti agli agenti di spettacolo in modo da evitare conflitti di interessi che vedono pochi di loro decidere conduttori, collaboratori e ospiti di una miriade di trasmissioni, in regime di semi-monopolio. Quella risoluzione, recepita dal Cda Rai dopo infinite sollecitazioni, arrivate persino dall’Agcom, dovrebbe essere ormai in vigore da anni, ma di cambiamenti se ne sono visti pochi. Nella legislatura passata la commissione di Vigilanza più volte ha richiesto ai diversi amministratori delegati di avere un report sull’applicazione del provvedimento, ma inutilmente. Fino ad arrivare all’ultimo ufficio di presidenza della commissione di cui ero segretario, quando ho chiesto al presidente Barachini di avere il report, e in quell’occasione lo stesso presidente Barachini ammise, o meglio denunciò, che la Rai faceva muro di gomma e non consegnava nulla. Queste sono solo alcune delle riflessioni che fanno sì che la commissione di dopodomani sia particolarmente importante. Con questi elementi sul tavolo il governo Meloni, se vuole, potrebbe marcare la differenza con il passato e avviare le premesse di un’azienda moderna e competitiva. Altrimenti rimarrà tutto come ieri e come oggi, l’azienda continuerà a perdere ascolti, qualità, informazione e grandi giornalisti, dando la colpa alla politica. La politica, quando in passato è riuscita a produrre provvedimenti che potrebbero aiutare a risolvere i problemi, come quello sui conflitti di interessi degli agenti o quello sulle Newsroom (si passerebbe da sei direttori a due, e si garantirebbe un risparmio di 70 milioni all’anno), è uscita comunque sconfitta, o peggio umiliata, dall’azienda Rai.