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La Dinasty Benetton è un impero sbiadito? Via l’ennesimo manager, conti in rosso e negozi chiusi. E Sforza dopo Zanenga...

  • di Matteo Suanno Matteo Suanno

5 giugno 2025

La Dinasty Benetton è un impero sbiadito? Via l’ennesimo manager, conti in rosso e negozi chiusi. E Sforza dopo Zanenga...
Il gruppo dei maglioncini colorati non è più lo stesso: appare infeltrito. Dopo un giro di tagli sul personale, il crollo dei ricavi e la fuga dei manager, l’ex fiore all’occhiello del Made in Italy è un brand in affanno. Il rilancio promesso dall’amministratore delegato Claudio Sforza zoppica tra continue esternalizzazioni, negozi chiusi e una dirigenza che prova a mettere nei ruoli chiave nuovi interpreti. Gli stessi che, per ora, stentano a ripagare la fiducia

di Matteo Suanno Matteo Suanno

Non si arresta l’emorragia ai piani alti di Benetton Group: Stefano Paul Zanenga, chiamato a gennaio per risollevare le sorti commerciali del marchio, ha già fatto le valigie. La sua è un’uscita silenziosa, stando a Milano Finanza senza spiegazioni ufficiali, ma dal sapore amarognolo. Al suo posto? Nessuno, per ora. Al momento la direzione commerciale viene affidata a un comitato interno – un modo elegante per dire che si naviga a vista (?), mentre l’ormai ex comandante Massimo Renon (già fuori anche lui) è stato rimpiazzato da Claudio Sforza, lo stesso che ora cerca di salvare il salvabile. E nel frattempo il gruppo perde appeal, quote di mercato e, soprattutto, fatturato: -16,5 per cento nel 2023, con i ricavi crollati sotto la soglia del miliardo, a 916 milioni. Un bello smacco commerciale, complice anche la raffica di chiusure di negozi – oltre 500 sbarrati su 3.500, con punte anche in Italia. Altro che rilancio: qui sembra che Benetton abbia fatto un biglietto di sola andata per lo smantellamento.

united colors of benetton rosso
La crisi di Benetton, illustrata

E mentre si chiudono punti vendita da Modena a Madrid, e si delocalizza la produzione abbandonando Tunisia, Serbia e Croazia, Sforza annuncia miracoli a venire: meno 50 milioni di debito, perdite “solo” per 100 milioni (ma senza le svalutazioni sarebbe stato un rosso da 85). Il mantra è sempre lo stesso: “Abbiamo fatto i tagli, ora tocca alla crescita”. Ma di crescita, al momento, non si vede nemmeno l’ombra. E-commerce? Pesa appena il 13 per cento, contro il 30% della concorrenza. Direttore creativo? Latitante da oltre un anno. Direttore commerciale? Uscito. In compenso, cambia pure il capo dell’area legale, con un continuo via vai che sa tanto di azienda nel caos. La verità? Benetton non è più la locomotiva di un tempo, e la famiglia – quella di Alessandro e co. – è forse troppo concentrata su affari più remunerativi, come quelli che fruttano dalle concessioni di Atlantia e Autogrill. Non c’è tempo per preoccuparsi dell’agonia di Ponzano Veneto. Altro che “rilancio ordinario”: qui serve un miracolo. O almeno un’idea.

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