Alla soglia dei 90 anni, Luciano Benetton gioca l’ultima mossa per assicurarsi di controllare il futuro dell'azienda di famiglia, anche quando lui non ci sarà più. Dopo aver costruito un impero, lasciarlo in eredità è la parte più difficile, ce lo insegna la Storia: il destino di ogni grande imperatore è stato quello di consegnare un patrimonio a chi lo avrebbe smembrato. Così, l’imprenditore veneto, fondatore di uno dei marchi simbolo del capitalismo italiano, ha deciso di riscrivere lo statuto della holding Ricerca Spa, cassaforte personale che controlla il 20% del colosso Edizione, a sua volta cuore dell’impero Benetton da oltre 12 miliardi di euro. Obiettivo? Mettere ordine nella successione e blindare la governance in mano ai “fratelli germani”, i quattro figli nati dal matrimonio con Maria Teresa Maestri: Mauro, Alessandro, Rossella e Rocco. Ma qualcuno rimane tagliato fuori. Ecco cosa risulta dalla riforma dello statuto, letta da MilanoFinanza.

Fuori dai giochi decisionali rimane Brando, il figlio più giovane (32 anni), nato dalla relazione di Luciano con Marina Salomon negli anni ’80. Già nel 2019 era stato deliberatamente escluso dalla prima redistribuzione delle quote. Ora, con le nuove modifiche statutarie, gli viene concessa una categoria speciale di azioni (“C”), senza diritto di voto ma con la possibilità di incassare dividendi e farsi liquidare in qualsiasi momento. Una sorta di "buonuscita" incorporata nella struttura societaria. Una exit strategy blindata che lo tiene fuori dalla governance attiva. Forse non lo ritengono in grado di prendere decisioni? Non avrà lo stesso Dna imprenditoriale della famiglia? Non ha voglia di assumersi responsabilità e preferisce continuare la sua attività da regista? Questo non lo sapremo mai, ma intanto esploriamo la nuova architettura societaria, per capire chi comanda davvero in Ricerca.

Il potere operativo resta saldamente nelle mani degli altri quattro figli. Le azioni “A”, detenute in maggioranza da Alessandro Benetton, danno accesso a presidenza e amministrazione delegata. Le azioni “B” permettono solo di nominare due consiglieri. La novità è questa: per evitare qualsiasi scossone futuro, lo statuto introduce anche le azioni “A-plus”, dotate di triplo voto, che scattano in automatico se le quote di controllo vengono trasferite tra i detentori di maggioranza. Una mossa, si capisce, volta a rafforzare ancora di più il ruolo di Alessandro, già presidente esecutivo di Edizione e figura-chiave del gruppo. Come in ogni ingente spartizione ereditaria, qualcuno non è d'accordo. Rocco non ci sta: “Questa riforma penalizza i miei diritti.” Rocco Benetton, quarto dei fratelli, ha votato contro la riforma dello statuto. Nella verbalizzazione dell’assemblea del 15 aprile, infatti, ha espresso il suo dissenso, definendo le modifiche “pregiudizievoli” per i suoi diritti. Secondo quanto previsto, potrebbe persino uscire dalla società chiedendo la liquidazione delle sue quote. Il valore? Tenuto segreto ma già stimato, con una perizia firmata dal professor Gabriele Villa, economista e consigliere d’amministrazione di Unicredit. Sicuramente non sono noccioline.

Le modifiche, a quanto emerge dai verbali, servono a “salvaguardare l’unitarietà della gestione” e a garantire la continuità della governance all’interno della sola cerchia dei fratelli germani. Nessuno potrà mai scavalcare questa barriera genetica-giuridica. In buona sostanza, Brando è figlio ma non socio pieno. Avrà un compenso, ma nessun potere. Bello, direte voi, guadagnare senza responsabilità. Ma il gusto è soggettivo. Oggi Edizione, holding della galassia Benetton, è un colosso dove siedono rappresentanti di tutta la terza generazione, circa 20 membri. Ogni ramo ha diritto a un consigliere, ma l'unico vero erede al trono a pieno titolo resta Alessandro, con pieni poteri strategici e visione imprenditoriale. Il suo ruolo in Ricerca serve proprio a garantire stabilità all’assetto e a evitare che l’impero finisca in balia delle lotte ereditarie. Ma cosa succederà alla scomparsa di Luciano Benetton? Scatterà la redistribuzione finale. Brando riceverà una parte del patrimonio, ma solo in azioni “C”, come prevede lo statuto. Le sue quote, automaticamente convertite, non potranno mai interferire con il potere dei fratelli maggiori.

