Il 2024 si è rivelato un annus horribilis per Stellantis. I numeri parlano chiaro: vendite in calo del 12%, ricavi scesi del 17% a 156,9 miliardi, ma soprattutto un crollo dell'utile netto del 70%, fermatosi a 5,5 miliardi. A risentirne anche il dividendo per gli azionisti, più che dimezzato, passato da 1,55 euro a 0,68 euro per azione. Lo scenario ha scatenato il commento allarmato del vicepremier Matteo Salvini: “Quelli di Stellantis sono dati drammatici”. E l'affondo: “Non occorreva uno scienziato per capire che il suicidio imposto da Bruxelles nel nome dell’auto elettrica avrebbe avuto morti e feriti tra gli operai, tra gli ingegneri, ma non tra i politici” (Libero).
Il presidente di Stellantis, John Elkann, non ha cercato di mascherare le difficoltà: “Non è stato un esercizio di cui siamo orgogliosi, ma guardando avanti, Stellantis è fermamente intenzionata a guadagnare quote di mercato e migliorare le performance finanziarie nel 2025”. E per farlo, Elkann punta tutto su tre parole chiave: “crescita, redditività e fiducia”.
Il colpo di scena: Stellantis diventa trumpiana
Tra i pilastri della strategia per il futuro, spicca il rinnovato rapporto con gli Stati Uniti e con Donald Trump, un’inversione di rotta rispetto agli anni in cui Stellantis aveva puntato con decisione sulla transizione elettrica, in linea con le direttive europee. Elkann non ha lasciato spazio a dubbi: “Abbiamo sostenuto con forza la politica del presidente Trump che punta a promuovere l’industria manifatturiera americana. Nelle prime 100 ore della nuova amministrazione abbiamo annunciato ingenti investimenti negli Usa” (Libero).
Una mossa che per molti sa di opportunismo. Trump, infatti, ha dichiarato guerra ai dazi cinesi, puntando a rilanciare la produzione americana. Stellantis, il cui mercato Usa è tra i più redditizi, si allinea al nuovo vento, lasciandosi alle spalle la narrazione green e preparandosi a una strategia più “muscolare”, in cui il rilancio passa per il supporto alle politiche industriali protezionistiche dell’ex presidente.
Ma la partita non si gioca solo a Washington: a Bruxelles si sta discutendo il futuro delle normative sulle emissioni, e Stellantis non nasconde il suo malcontento. Elkann ha parlato di norme “dure e contraddittorie”, rivelando che l’azienda è impegnata in trattative serrate con la Commissione UE per definire la rotta del settore auto nel post-2035.

La mossa Ferrari: fare cassa per sopravvivere?
Un altro capitolo chiave della strategia Elkann è la vendita del 4% di Ferrari, operazione che porterà 3 miliardi di euro nelle casse di Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann. Il taglio della partecipazione in Ferrari ha sollevato più di un interrogativo: ufficialmente, l’operazione serve a riequilibrare il portafoglio di Exor, ma la realtà potrebbe essere un’altra.
La Verità sottolinea che parte del capitale potrebbe essere usato per arginare le difficoltà di Philips, altra azienda in cui Exor ha una partecipazione strategica e che ha chiuso il 2024 con una perdita di 700 milioni, aggravata dai risarcimenti per i respiratori difettosi accusati di aver causato 560 morti negli Usa.
Al tempo stesso, Exor sta preparando una maxi-acquisizione, mossa che potrebbe ridisegnare il futuro del gruppo e allontanare i sospetti su una possibile fragilità finanziaria. John Elkann ha provato a rassicurare il mercato: “Questa operazione ci permetterà di ridurre la concentrazione del nostro portafoglio, favorendo una maggiore diversificazione attraverso una nuova acquisizione significativa” (Milano Finanza).

La rabbia dei sindacati e le incognite sul futuro
Se Elkann guarda avanti, i sindacati italiani restano con i piedi ben piantati nella dura realtà. Michele De Palma, segretario generale della Fiom, non usa mezzi termini: “Stellantis paga dividendi mentre i lavoratori italiani sono da più di dieci anni in cassa integrazione perché non ci sono investimenti in ricerca, sviluppo e produzione” (Il Fatto Quotidiano).
E mentre i conti piangono, gli azionisti della famiglia Elkann possono comunque consolarsi: la Exor incasserà 250 milioni di euro dai dividendi di Stellantis, nonostante l’annata nera.
Il 2025 si annuncia quindi come un anno decisivo per Stellantis. La scommessa trumpiana funzionerà? I dazi USA aiuteranno il colosso dell’auto o lo renderanno ancora più vulnerabile? E l’Europa continuerà a imporre la sua linea dura sulle emissioni, mettendo a rischio il rilancio promesso? Per Elkann la sfida è aperta, ma il tempo stringe.
