Dal successo nel settore della moda negli anni Ottanta, con le celebri campagne pubblicitarie di Oliviero Toscani, fino al crollo del ponte Morandi, FarWest di Salvo Sottile ripercorre l’evoluzione di un gruppo imprenditoriale che si è espanso in diversi ambiti, tra cui agricoltura, editoria, arte e infrastrutture: i Benetton. L’acquisizione di Autostrade, avvenuta durante il periodo delle privatizzazioni, ha rappresentato un punto di svolta che, vent’anni dopo, ha contribuito al cambiamento della percezione pubblica dell’azienda. Si parte dalla città di origine: chi sono i Benetton a Treviso, chiede l'inviata di Far West ai cittadini: “Dei grandi”, “Una grande famiglia che ha fatto molto per questa città”. D'altronde è qui che nascono i capostipiti, viene spiegato: Luciano, Gilberto, Giuliana e Carlo. L'aneddoto che gira è questo, e lo racconta Gian Antonio Stella: sono tutti nati “senza dare fastidio al lavoro, ovvero tutti di sabato. È una famiglia formidabile, nel senso che non è una famiglia povera che si è arricchita in un giorno, bensì lavorando tantissimo in un Veneto che era povero, molto povero”. I soldi, continua il giornalista, sono arrivati grazie alle “intuizioni geniali” del fratello più grande, Luciano, che porterà l'azienda di famiglia ai vertici della moda mondiale. Come aggiunge Daniele Manca, giornalista del Corriere, “dobbiamo pensare a una persona che di fatto ha modificato l'approccio al modo di vestire”. La rivoluzione fu quella di portare i colori nei negozi. Ma non solo, la rivoluzione è anche nel modo di vendere: “Nascono i primi negozi open space, senza il bancone, dove il prodotto può essere visto e toccato”. Così, dopo soli 4 anni dalla fondazione, nel 70 arriva il primo negozio a Parigi.

Ma la vera svolta arriva a cavallo tra gli anni 80 e 90, con l'arrivo di Oliviero Toscani e delle sue geniali campagne di comunicazione. Continua Stella, “Ogni cosa che faceva Toscani era immediatamente riconoscibile. Ha portato avanti un linguaggio inclusivo e sinceramente di apertura”, ma gran parte del successo deriva anche dalla Formula 1. Benetton è l'unica azienda di moda ad avere una scuderia privata, e a guidarla ci sono Flavio Briatore e un giovane pilota destinato alla storia delle gare: Michael Schumacher. Questo è il periodo apicale del successo: 7000 negozi aperti in 120 paesi e 133 miliardi di lire di utile. Andrea Colli, professore di Storia economica, spiega che “l'impero viene diviso in parti uguali tra i fratelli, che intanto hanno fondato la società Edizione. Arriva la quotazione in borsa,arrivano i soldi. Tanto che la famiglia si chiede: che facciamo? Allora Gilberto, oggi scomparso, pensa che possa essere utile diversificare”. Ovvero, come la chiama Stella, la “malattia del comprare”.

L'azienda Maccarese, una delle più grandi nel settore agricolo. Gli inviati di FarWest la mostrano: terreni a perdita d'occhio, castelli, case, aziende satellite. Ma cosa c'entrano i maglioni con un'azienda agricola? Gli anni Novanta, ricorda la trasmissione di Sottile, sono la stagione delle grandi privatizzazioni. Lo Stato vende le grandi aziende pubbliche dell'Iri, tra cui la Macarrese, e i Benetton ne approfittano. Il primo grande colpo lo fanno con la SM, che contiene il gigante della ristorazione Autogrill e la nota catena di supermercati GS. Dopo pochi anni i Benetton rivendono i supermercati al gruppo Carrefour, incassando una somma di circa 2600 miliardi di lire. Molto più di quello che avevano pagato. Un po' meno di quello che spenderanno per entrare nella privatizzazione di Autostrade. L'aspetto curioso, prosegue il programma, è che “si presenta una sola offerta, quella di una cordata guidata dai Benetton. Nessuno li vuole contrastare, tutti hanno paura dei Benetton”. Il tutto attraverso Gianni Mion, che guida i fratelli in tutto questo percorso complesso di acquisizioni. “Con lui l'impero Benetton cambia definitivamente pelle, attraverso la controllata Atlantia prendono gli aeroporti di Nizza, di Bologna, di Roma. Telepass entra nelle assicurazioni con Generali, in Mediobanca. Nel 2023 il valore del gruppo sarà di circa 33 miliardi di euro”, anche se nel frattempo il ramo dei maglioni colorati viene quasi abbandonato, schiacciato dalla crescita del fast fashion. Con in mezzo tutto il disastro che conosciamo, a partire dal crollo del ponte Morandi in poi. Certo, era difficile far cadere un impero del genere, arrivando fino a un buco di bilancio da 100 mlioni, ma a quanto pare non impossibile.
