Jean Todt è un uomo di poche parole e molti fatti. Uno di quei personaggi che sembrano usciti da un romanzo di Balzac, con la disciplina e la meticolosità di un generale napoleonico applicate alla Formula 1. Oggi, dalla sua casa sul lago di Ginevra, guarda il mondo del motorsport con il distacco di chi ha già scritto le pagine più gloriose della sua carriera, ma senza mai staccarsene del tutto. La Ferrari? «È il passato, anche se è il capitolo più importante della mia vita», dice in un'intervista a La Repubblica.
Schumacher, un legame che non si spezza
Quando si parla di Todt, inevitabilmente si parla anche di Michael Schumacher. Nessuno a parte la moglie Corinna e pochissimi altri familiari del Kaiser sa più di lui sulle condizioni del sette volte campione del mondo, eppure la cortina di riservatezza resta impenetrabile. Ma come sta? In che condizioni si trova dopo l'incidente sugli sci del 2013? «La famiglia ha deciso di non rispondere alla domanda. Scelta che rispetto. Lo vedo regolarmente e con affetto, lui e i suoi. Il nostro legame va oltre i trascorsi di lavoro. È parte della mia vita, che oggi è molto lontana dalla Formula 1».
Ma se Michael è stato il campione perfetto, il figlio Mick ha trovato una strada molto più accidentata. La Formula 1 lo ha respinto, forse troppo in fretta. «Penso - dice Todt - che non sia stato trattato bene dalla Formula 1. Ha guidato una Haas non competitiva, anche se un paio di incidenti sono costati molto alla squadra. Però alla fine è stato davanti al suo compagno. Lo hanno scartato per motivi loro, senza dargli un’altra chance che secondo me meritava».
La Ferrari di ieri e di oggi: il confronto è inevitabile
Todt è stato il grande artefice della rinascita della Ferrari negli anni ‘90 e 2000. La sua Scuderia dominava, lasciando agli avversari solo le briciole. «Quando arrivai nel 1993 trovai un castello in rovina, non c’era niente. L’area design in Inghilterra, in sede una galleria del vento vecchia e inutilizzabile. Convocai tutti, non conoscevo nessuno dei trecento di allora, il mio italiano consisteva nel sostituire A oppure O alle parole francesi. Ma piano piano abbiamo costruito un gioiello».
Oggi la Ferrari è in cerca di un nuovo ciclo vincente, e nel 2025 affiancherà Charles Leclerc a Lewis Hamilton. Una coppia che promette scintille. «La coppia Leclerc-Sainz è stata molto buona, nessuno può sostenere che abbiano perso per colpa dei piloti. Anche sulla coppia Leclerc-Hamilton non c’è molto da dire, è altrettanto buona. Migliore della precedente? Non ne ho la minima idea, così come non so giudicare se il 2025 sarà favorevole, il livello della macchina ce lo dirà».
E Leclerc, riuscirà a reggere il confronto con un sette volte campione del mondo? «Per me ha invece un’opportunità. La stessa di Russell con Hamilton. Tutti vogliono superare il proprio compagno».
Formula 1, sicurezza e… Sinner
Se la Ferrari è il passato, il presente di Todt è una battaglia fuori dai circuiti. Il suo ruolo di inviato speciale dell’Onu per la sicurezza stradale è una missione che affronta con la stessa determinazione con cui costruiva monoposto vincenti. «Combattere questa pandemia silenziosa che sono le vittime degli incidenti stradali: 1,2 milioni di morti, 50 milioni di feriti con disabilità. Il 90% degli incidenti? Nei Paesi a basso reddito. Io devo sensibilizzare e agire, con governi e privati».
Per farlo, Todt ha messo in campo una rete di contatti globali, da istituzioni a celebrità, con iniziative che spaziano dai caschi hi-tech per motociclisti a basso costo alle campagne di sensibilizzazione nelle metropoli.
Ma la passione per lo sport non si è mai spenta. Tra una riunione con i sindaci di Roma e Milano e un meeting a Marrakech, Todt ha parlato anche di tennis menzionando in una risposta un po’ criptica (e criptica?) anche Jannik Sinner: «Il mio passato in Italia non è solo legato a Michael, anche se è stato un pezzo importante del puzzle, il più visibile. Aveva un talento particolare, ma anche una squadra particolare, il che è cruciale per l’automobilismo e per altri sport. Anche nel tennis, ma poi c’è un Sinner che da solo deve buttare la palla dall’altra parte».
Segue Jannik? «Sì, essendo il numero 1, ma non lo conosco, a Stefano Domenicali piace e me ne parla spesso. Io amo Djokovic e prima di lui, Nadal».
E tra una cosa e l’altra, Todt trova anche il modo di scrivere. «Sto anche scrivendo un’autobiografia, con foto e testimonianze, che dovrebbe uscire tra 2026 e 2027. Tempo libero? Non ne ho, per fortuna».