Giulia Cecchettin è morta dissanguata. Ventidue, non rappresentano solamente i suoi anni anagrafici. Ma sono anche i minuti che sono serviti a Filippo Turetta per ucciderla. Filippo, secondo quanto ricostruito nell’ordinanza del Gip di Venezia, avrebbe accoltellato per la prima volta Giulia alle 23.18 di sabato 11 novembre nel parcheggio davanti casa. Poi, dopo averla presa a calci e pugni ed averle tappato la bocca con lo scotch rinvenuto sulla scena del crimine, l’ha caricata in macchina e l’ha portata nella zona industriale di Fossò. Nel piazzale dell’area si è scagliato nuovamente contro di lei mentre tentava una disperata fuga. Dopo averla raggiunta, l’ha spinta a terra facendole sbattere la testa contro il marciapiede. Da quel momento in poi Giulia non si è più mossa. Secondo i parziali dell’autopsia la causa della morte è stato uno shock emorragico. Così, Filippo l’ha caricata in auto ed è ripartito. Erano le 23.50, esattamente ventidue minuti dopo. Su quel piazzale ha lasciato l’arma del delitto, un coltello da cucina, e del nastro adesivo argentato. Quello con cui l’ha zittita per sempre. Il corpo senza vita della ragazza è stato abbandonato da Turetta a Pian delle More. La contestazione nei suoi riguardi è quella di omicidio volontario aggravato e rischia il fine pena mai. Ora però viene da chiedersi. Che cosa esattamente lo differenzia da una bestia?
Il male esiste ed è tangibile, reale. Questo ancora qualcuno deve capirlo, anche tra le donne. Dato che su Facebook spopolano gruppi del calibro di “Filippo Turetta un ragazzo modello” o della portata di “Le bimbe di Filippo Turetta”. Passiamo all’abc. Chi dice di amarti ed esercita su di te manie di controllo ed atteggiamenti spiccatamente manipolatori, non ti ama. Ma ha come obiettivo quello di annullarti. Prima sul piano psicologico e troppo spesso anche su quello fisico. Giulia Cecchettin come Giulia Tramontano. E non solo per il nome di battesimo. Entrambe sono state massacrate a colpi di coltello da chi diceva di vivere per loro e di chi si è approfittato della loro bontà. Giulia non poteva saperlo, ma avrebbe dovuto se solo il sistema l’avesse aiutata a farlo. Quando si ha ventidue anni si ragiona in termini di affettività, non di pericolosità. Perché se già le donne hanno spesso difficoltà nel comprendere quelli che sono i campanelli dall’arme di una relazione tossica, la generazione Z non ha piena percezione dei rischi nei quali incorre. Perché l’affettività che muove i loro legami, le conduce senza accorgersene a maturare un adattamento psicologico alla violenza. Questo è uno dei tanti motivi per cui bisogna intervenire nell’istruzione. Per Giulia, Filippo era rimasto un amico. Per quest’ultimo, invece, Cecchettin era diventata un’ossessione, un chiodo fisso. Giulia non era riuscita a liberarsi dalle sue catene neppure dopo averlo lasciato. E ciò perché Turetta continuava a rivendicare il dominio ed il controllo in ogni frangente della sua esistenza: relazionale ed universitario. Ed è proprio il fronte universitario ad accendere la miccia. Lei si sarebbe laureata prima di lui. Una cosa inaccettabile ed intollerabile per il suo ego. Filippo, come tutti i narcisisti, è un vampiro energetico. Non poteva accettare che Giulia brillasse più di lui. E allora per la sua sopravvivenza emotiva era rimasta una sola chance: ucciderla. L’ha fatto in maniera codarda: ha approfittato della sua empatia e forse anche della sua ingenuità.
Quel “bravo ragazzo che le faceva i biscotti” l’ha presa a calci e pugni e l’ha zittita appiccicandole dello scotch sulla bocca in modo che non potesse più parlare. L’ha giustiziata a cento metri dalla sua abitazione. E lo ha fatto con la spietatezza di un killer navigato. Ma Turetta, però, ha comunque fatto male i suoi conti. L’Università di Padova le conferirà il titolo di dottoressa in ingegneria biomedica. Che non sarà una laurea ad honorem, ma una laurea che rispetta tutti i crismi. Perché Giulia, comunque, ha finito il suo percorso di studi e neppure la mano assassina di Turetta le impedirà di ottenere il tanto agognato riconoscimento. Mentre l’unico riconoscimento che riceverà Filippo fino alla fine dei suoi giorni sarà quello di aguzzino. Un ragazzo pericoloso e diabolico. Persino la modalità con la quale l’ha ammazzata rispecchia come abbia voluto riversare su di lei tutte le sue frustrazioni. Pensando, del tutto coerentemente con le sue caratteristiche di personalità e la percezione di un Io grandioso, che eliminandola avrebbe cancellato tutti i suoi problemi. Invece, così facendo ha spezzato la vita di Giulia, ma il suo ruolo del mondo è ancor più basso di prima. Un ruolo che potrà ricoprire per molti anni all’interno delle mura carcerarie. Ergastolo. Un monito per tutti. Il lieto fine, con le bestie, si ha solo nelle fiabe della Disney.