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Se vi scandalizzate per la guerra in Ucraina perché non lo facevate per le altre guerre (ancora) in corso?

  • di Riccardo Belardinelli Riccardo Belardinelli

13 marzo 2022

Se vi scandalizzate per la guerra in Ucraina perché non lo facevate per le altre guerre (ancora) in corso?
L’attenzione globale è tutta sul conflitto Russia-Ucraina. Ma nel resto del mondo le guerre non hanno mai smesso di esserci, ci sono e continuano. E sono altrettanto sanguinarie, oltre che non così lontane come pensiamo, almeno sotto l’aspetto degli interessi geopolitici ed economici coinvolti

di Riccardo Belardinelli Riccardo Belardinelli

L’Ucraina e le bombe russe hanno conquistato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Un evento impossibile da non considerare data l’enormità del rischio che questo conflitto può provocare nella geopolitica internazionale. Ma se c’è una cosa che assolutizza ancora di più l’invasione dell’Ucraina è il peso che ha sulle nostre vite: non solo il rischio che possa trasformarsi in mondiale, ma anche per le conseguenze quotidiane come l’aumento dei prezzi. Per questo l'attenzione è tutta lì. Ma le guerre intorno al mondo continuano. E sono altrettanto sanguinarie.

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Stanotte, la sede del consolato americano in Iraq nella città di Erbil è stata colpita da dodici missili partiti dall’Iran. Secondo le dichiarazioni ufficiali degli Stati Uniti, non ci sarebbero danni alle strutture, né morti o feriti. Il lancio da parte di Teheran del manipolo di bombe sarebbe stato giustificato - secondo le prime voci - come una ritorsione per una precedente operazione del Mossad israeliano, avvenuta il 7 marzo, che avrebbe attaccato un sito in Siria, nei pressi di Damasco, in cui erano contenute armi e risorse filo-iraniane.

In Yemen, durante i primi mesi di quest’anno, sono morti almeno 47 bambini secondo l’Unicef. Una strage che si lega alla guerra in corso nel Paese mediorientale che dura dal 2015. Un conflitto che ha portato, secondo Save the children, a una migrazione di 4.5 milioni di persone dall’inizio del conflitto, di cui 2 milioni di bambini. Si tratta di un conflitto poco raccontato nello storytelling di guerra contemporaneo in quanto il conflitto, pur sanguinoso e violento, è praticamente interno. Nel senso che non c’è un’invasione o un popolo aggressore, ma si tratta di una guerra civile dai risvolti politici. Nel 2014, in conseguenza ai moti della Primavera araba, il presidente uscente Ali Abdullah Saleh, ha lasciato il comando al suo vice Abdrabbuh Mansour Hadi. Il nuovo status quo è sfociato in una serie di attacchi da parte dei sostenitori di Saleh e del movimento sciita degli Houthi, che negli anni hanno conquistato alcune aree del Paese mediorientale. L’Arabia Saudita è scesa in guerra al fianco dell’esercito di Hadi e con una coalizione composta da altri otto stati, mentre l’Iran, non molto distante, sostiene militarmente le forze degli Houthi. In questo contesto, secondo un report Unicef, sono morti più di diecimila bambini. La preoccupazione per questo conflitto in realtà non è così bassa da parte della comunità occidentale in quanto dallo Yemen passano ogni anno tonnellate di merci e petrolio e, inoltre, lo stato è indicato come uno dei grandi serbatoi di combattenti per lo Stato islamico, l’Isis, che di recente ha anche nominato un nuovo capo, Abu al Hasan al Hashimi al Qurashi.

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Poco più a Nord, nel Paese confinante dell’Arabia Saudita, ieri sono state uccise 81 persone. A Riyad, capitale del Paese, e in altre città sono state giustiziate per ordine dei tribunali locali 81 persone per reati di terrorismo. Lo hanno riportato le agenzie di stampa e i media locali che hanno parlato, in riferimento a questi condannati, come appartenenti allo “Stato islamico, Al-Qaeda, gli Huthi e altre organizzazioni terroristiche". La giustificazione, infatti, è che queste persone erano riconducibili a piani di attacco contro la comunità e contrabbando di armi. Con queste esecuzioni l’Arabia Saudita segna il record del più alto numero di giustiziati in un solo giorno - considerando che, nel solo 2021, erano state uccise secondo un processo 69 persone. Per dire, negli Stati Uniti, altro Paese dove la pena di morte è legale in alcuni stati, sono state uccise 11 persone, mentre nel 2020, secondo un rapporto di Amnesty international, in tutto il mondo si è arrivati a 483 esecuzioni.

A poche latitudini di distanza, in Pakistan, sta salendo la tensione per il lancio di un missile indiano sul territorio pakistano avvenuto nel tardo pomeriggio di mercoledì. Un incidente, definito dalle autorità indiane, causato da un malfunzionamento tecnico al momento del lancio. Intanto, pur senza causare fortunatamente morti, il missile supersonico - cioè un testata che non ha carica esplosiva - ha colpito degli edifici residenziali a Mian Channu, nella parte nord-orientale del Pakistan, viaggiando per 124 chilometri e passando per 3 minuti e 44 secondi nello spazio aereo pakistano. Ovviamente il Pakistan ha chiesto chiarimenti all’India. Perché New Delhi, che si è subito scusata dell’evento e che ha fatto partire un’indagine interna, potrebbe subire adesso anche un intervento di ricerca da parte delle autorità internazionali. Il Pakistan, infatti, secondo quanto spiegato dal Ministro degli esteri, “Una questione così seria non può essere affrontata con la spiegazione semplicistica offerta dalle autorità indiane”, aggiungendo che “Il Pakistan richiede un'indagine congiunta per stabilire con precisione i fatti che circondano l'incidente”.

Continuano, poi, i moti ribelli in Africa centrale. In Camerun, Ciad, Burkina Faso e Burundi gli eserciti nazionali combattono da mesi le ribellioni di alcuni gruppi militari e paramilitari organizzati che aggrediscono con offensive in alcuni territori dei vari Paesi.

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