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La guerra non è fatta solo di bombe: i russi hanno le mani sulle scatole nere delle nostre auto? E poi motori di satelliti, raffinerie, minerali, metalli...

  • di Redazione MOW Redazione MOW

29 marzo 2022

La guerra non è fatta solo di bombe: i russi hanno le mani sulle scatole nere delle nostre auto? E poi motori di satelliti, raffinerie, minerali, metalli...
Riguardo all’energia stiamo già pagando e potrebbe anche andare peggio, ma nel prossimo futuro – che la guerra tra Russia e Ucraina continui o meno – potremmo salire sulla nostra nuova automobile elettrica e restare bloccati da un software in mano ai russi? Ecco questa e altre prospettive inquietanti

di Redazione MOW Redazione MOW

Se, come si spera, più o meno a breve la guerra tra Russia o Ucraina finirà, rimarrà comunque il problema di come gestire i rapporti con Mosca, considerando che, oltre che per il gas e altre materie prime, esistevano dei rapporti tecnologici-finanziari con l’Italia piuttosto profondi. Messo al bando dalla pubblica amministrazione l’antivirus Kaspersky (già sponsor della Ferrari), restano comunque numerosi nodi, tra cui quello delle “scatole nere” delle auto: “Un giorno – è lo scenario più catastrofico ipotizzato dalla Verità, posto che invece quello sull’energia si sta già verificando, quanto meno in termini di prezzi alle stelle – potremmo salire sulla nostra nuova automobile elettrica e restare bloccati da un software, non riuscire a far comunicare in modo sicuro i nostri militari e dover ricominciare da zero per eseguire lavorazioni metallurgiche pulite”.

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Entrando nel merito, “la tecnologia e la finanza di Mosca nell'economia italiana – si legge sul quotidiano diretto da Maurizio Belpietro – alla fine di gennaio 2022 avevano un valore pari a circa tre miliardi di dollari, mentre ben cinque sono quelli che l'Italia aveva investito in quella russa. Risultava ancora di azionisti moscoviti per oltre il 48% la Octo, posseduta in parte dal fondo Renova (dal 2018 da Octo Telematies di Londra), colosso dell'energia e delle telecomunicazioni fondato da Viktor Vekselberg (imprenditore di famiglia ebrea e origine ucraina), che dà lavoro a 134.000 addetti in tutto il mondo. Octo, di fondazione italiana (1998, creata da Fabio Sbianchi e Giuseppe Zuco), ha una sede a Roma ed è una delle maggiori aziende europee di big-data dell'automotive, specializzate nelle cosiddette scatole nere per più automezzi, quindi nella fornitura di informazioni sensibili alle assicurazioni. Nel 2019 è stata calcolata una presenza di black box nel 23,4% delle polizze auto, con punte del 60% per alcune province del Sud. C'è da chiedersi se sia il caso di lasciare in mano russa (sempre che lo sia ancora la società attuale, ufficialmente inglese) un’immensa mole di dati sensibili riguardanti le nostre abitudini di guida, ma anche, in previsione dell’elettrificazione del settore, dei software per la gestione della mobilità elettrica. Lo stesso vale per Edb Fakel (ex Okb Fakel), società produttrice di Kaliningrad specializzata nientemeno che in motori per satelliti”.

Nel complesso, secondo Sergio Barlocchetti, “dopo la pandemia, con le relazioni economiche tra Russia e Italia che avevano ricominciato a crescere, eravamo tornati a essere il terzo partner commerciale europeo di Mosca. A parte l'energia e gli accordi tra Gazprom ed Eni, compravamo da Putin prodotti minerali e metalli preziosi in grande quantità destinati alla lavorazione di precisione, e il 26 gennaio scorso la Rosneft (compagnia petrolifera la cui maggioranza è del governo russo) aveva firmato un contratto con la nostra Maire Tecnimont per costruire una nuova raffineria a Rjazan, cittadina situata 80 km a sudest di Mosca. Tralasciando quanto abbiamo perso negli ultimi anni in fatto di esportazioni di prodotti di lusso a causa delle sanzioni applicate alla Russia dall'Unione europea, siamo ancora legati a russi in molti settori, alcuni altamente tecnologici anche se non elettronici. Non a caso negli ultimi quattro anni per alleviare gli effetti delle sanzioni di Bruxelles eravamo passati dal «fatto in Italia» al «fatto con l’Italia», ovvero creando produzione congiunta di beni e servizi. Così abbiamo investito oltre mezzo miliardo di euro nei parchi eolici russi di Stavropol, Rostov e Murmansk, tra i quali quello di Azov, che è in funzione dal maggio 2021”.

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