Si possono portare avanti battaglie di avanguardia su temi quali il femminismo e il linguaggio inclusivo e poi distrarsi un attimo finendo per rispondere a un commento online sostanzialmente replicando un atteggiamento spesso criticano in sede accademica che alcuni avrebbero definito in queste ore di vero e proprio tribalismo? È quello che sembra sia accaduto sotto a un post di Vera Gheno, la popolare sociolinguista esperta di schwa, da anni in prima linea per le battaglie sulla schwa e il linguaggio non discriminatorio. Una femminista intersezionale, autrice del recentissimo L’antidoto. 15 comportamenti che avvelenano la nostra vita in rete e come evitarli (Longanesi 2023).
Il ché è ironico se si pensa a quanto accaduto. Partiamo dall’inizio. Vera Gheno pubblica la foto dell’ultimo libro di Michela Murgia, Dare la vita, un pamphlet sulla queerness di cui si sta molto discutendo in questi giorni, uscito il 9 gennaio postumo. Tuttavia, l’occasione sembra creare, senza una logica apparente, il pretesto per criticare la linguista di non aver preso pubblicamente una posizione sulla questione israelo-palestinese. Gli attacchi accumulatisi sul suo profilo hanno per altro spinto Vera Gheno a scrivere un post su Facebook per spiegare la sua posizione (di condanna a Israele), ma anche perché scelga di non parlare di questo tema, continuando a concentrarsi sulla sua materia: “Fuori di qui, come sa chi mi ha incontrata dal vivo negli ultimi mesi, sono piuttosto esplicita nella mia posizione contro quello che sta facendo l'esercito israeliano (anche se questo non mi rende né antisemita né pro-terrore). Ma qui dentro faccio altro. Faccio bene, faccio male? Non lo so: so che è la mia scelta, ed è quello che per me è sostenibile in questo momento storico”.
A stupirla sono le critiche di chi dovrebbe “militare dalla stessa parte”. Perché i commenti negativi arrivano proprio da attivisti di sinistra, da sempre filopalestinesi. Nello specifico del caso, il commento sotto il post sul nuovo libro della Murgia, “Michela, che stava dalla parte di Hamas. Michela, che no, non lo riteneva ‘complicato’. Michela, che non aveva paura di esporsi su Gaza e sulla Palestina. E tu?”, fa scoppiare una discussione accesa tra Gheno e alcuni follower, che sarebbero stati fomentati da “un agitato che decide di ‘dissare’ gente che di fatto non conosce”, scrive Vera Gheno. Chi risponde pensa subito a Karim from Haifa, il logopedista palestinese che da mesi racconta quanto sta accadendo in Medio Oriente: “Definire Karem from Haifa ‘agitato’ quando da sempre parla della causa palestinese come palestinese in Italia, usando la sua pagina per informare chi lo segue sulle condizioni di un popolo (il suo) a cui vengono rinnegati diritti umani da decenni, invece, dice molto su di lei”.
Tra gli oltre ottanta messaggi, c’è anche chi mette in dubbio che l’attività di Karim from Haifa abbia un effetto sostanziale sulla sua vita, se non quello di aumentare la sua visibilità. In particolare, c’è chi dubita che il suo lavoro di divulgazione lo metta in pericolo: “No no no, aspetta un secondo, mo cosa rischierebbe Karem per parlare di Palestrina su Ig escluso la chiusura dell’account? Secondo me un po’ ti sfugge il sottobosco di movimento che negli ultimi due tre mesi ha organizzato piazze e azioni per richiedere il cessate il fuoco, loro ‘rischiano’. Escluso lo spiacevole incidente accaduto a Roma, ma pure lì ti direi che certi tipi di rischi la gente a Roma se li prende quotidianamente e non una tantum, Karem non ‘rischia’, perché facendo unicamente ‘politica’ sui social non si rischia un bel nulla”. Ma arriva la prima risposta: “È stato letteralmente corcato di botte per il suo lavoro e riceve settimanalmente lettere di attenziomento dalla questura di Torino. Cosa ha rischiato Vera Gheno per la sua lotta sulla lingua? Di inciampare in un dizionario?” Purtroppo questa risposta sembra aver colpito Vera Gheno, che sceglie di rispondere nel peggiore dei modi possibili, tanto da decidere di cancellare il commento poco dopo: “… vedo che sei uno studente di dottorato. Mo’ vado a scambiare due parole con i tuoi superiori. Perché sai, nell’ambiente universitario ci conosciamo un po’ tuttə. Saranno felici di sapere che un loro dottorando scrive queste calunnie di una loro collega. E P.s. se mi conoscessi, vedresti che sono esposta a un po’ più di rischi, che non ‘inciampare nel vocabolario’”. Lo stesso dottorando, dopo aver letto il commento, lo ha condiviso sulle sue pagine social commentando così: “Essere minacciato da Vera Gheno, ma con la schwa: fatto”. Ma davvero l’alfiere del linguaggio inclusivo può permettersi di riprodurre in questo modo atteggiamenti minatori di questo genere, facendo uso della posizione accademica e dei contatti per intimidire un interlocutore? Ovviamente il problema non è se abbia o meno questo potere (lei ha chiarito di non averlo). Per quanto ne sa il dottorando (e altri che leggono) potrebbe, ma non è questo il punto. Il vero problema è, semmai, il contorno dato da certe competenze e anche un certo ruolo, una certa militanza, tutta una serie di cose che ovviamente non ti rendono immune dagli errori, ma che spingono verso un ipercorrettismo morale (addirittura nella lingua) che poi, alla prova dei fatti, si scontra con l'umanità stessa. Perché il suo errore è umano. E come tale mette in risalto l’innaturale battaglia per un linguaggio disumano, purché perfetto, che Vera Gheno, come altri, porta avanti.