La polemica sollevata da Selvaggia Lucarelli sull’uso da parte di Giorgia Meloni di un’Audi come auto di servizio (alla quale la nuova premier ha subito risposto con i fatti chiedendo nel suo primo giorno in carica di passare all’Alfa Romeo) si è rivelata un boomerang per l’influencer giudice di “Ballando con le stelle”. Al di là della contromossa della nuova presidente del Consiglio, si è creato un caso relativo anche alla morte di Francesco Valdiserri, diciottenne figlio di due giornalisti del Corriere della Sera investito sul marciapiede e ucciso da una ventiquattrenne con tasso alcolico tre volte più del consentito.
“Giorgia Meloni – aveva scritto la Lucarelli – abbandona il palazzo a bordo di una Audi. Direi che urge un ministero della sovranità automobilistica”.
Pungente la replica arrivata dalla famiglia del ragazzo ucciso: “È uscita di corsa – le parole di Andrea Di Caro – per venire a salutare mio nipote Francesco Valdiserri, 18 anni. C’era il funerale e non è voluta mancare. Mia sorella Paola segue la Meloni per il Corsera… La battuta sulla macchina ci sta lo stesso, ma a volte sapere le cose aiuta a decidere se è il caso”.
Selvaggia ha controbattuto bollando quello di Di Caro come “un modo semplice per scatenarmi addosso un po’ di odio aggratis”.
Al che è arrivata la blastata del diretto interessato: “Cara Selvaggia «Un bel tacer non fu mai scritto». Se pensi che nella giornata di oggi con quello che è successo alla mia famiglia il mio pensiero fosse quello di scatenare l'odio contro di te, significa che sei così piena di te da perdere di vista la realtà”.
C’è poi chi, come il senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan, ha attaccato la Lucarelli per aver associato la propria immagine a quella della Seat: “Ecco la signora Lucarelli che pubblicizza la «italianissima» Seat”.
A ben vedere l’attacco non è necessariamente a bersaglio, considerando che la Lucarelli non risulta aver espresso posizioni sovraniste o nazionaliste. Semmai ci sarebbe da discutere sull’opportunità per una persona che svolge attività giornalistica di pubblicizzare dei prodotti.
Secondo la Carta dei doveri del giornalista, il giornalista non può prestare “il nome, la voce, l'immagine, per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale. Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque privi di carattere speculativo”. Ciò significa che il giornalista non può fare spot pubblicitari, né comparire in servizi a pagamento, cosa che era stata “ricordata” per esempio a Fabio Fazio all’epoca della pubblicità per Tim (in quel caso la tesi era che Fazio sarebbe stato percepito più come conduttore televisivo che come giornalista).
Nel caso della Lucarelli, si potrebbe obiettare che Selvaggia è formalmente iscritta dall’ordine dei giornalisti solo dal 2019, per quanto scriva su giornali da diversi anni prima (tant'è che c'è chi l'aveva critica per questo, con tanto di un po' grottesca petizione per impedirle di scrivere in quanto non iscritta all'ordine). E i post in odore di promozione Seat sul suo sito (tre con tag del marchio) risalgono a un periodo precedente all’iscrizione all’ordine (al 2016). Questo volendo fermarsi alla forma. Quanto all'opportunità, beh...