Partiamo con una premessa. Oggi Russia e Stati Uniti si muovono in tandem, l’Unione Europea è un vaso di coccio tra due di ferro e diciamo che qualcuno potrebbe non essere troppo contento della sudditanza di Giorgia Meloni nei confronti del presidente Usa Donald Trump. Il Tycoon, infatti, con i suoi dazi e la sua rozzezza politica non è particolarmente apprezzato nell’aristocratica e mitteleuropea classe dirigente del Vecchio Continente. Poi diciamo che tra i tanti che potrebbero avercela con il governo italiano, potrebbe pure esserci Andrea Orcel di Unicredit, che già nel 2023 aveva mostrato il proprio interesse per le azioni del Monte dei Paschi di Siena (la banca a rischio di default salvata dal governo italiano nel 2017) dismesse dal Tesoro offrendo un premio dell’ordine del 10%. Peccato che per il Mef di Giancarlo Giorgetti, non fosse abbastanza. Ecco, l’anno dopo, però, quelle quote vengono vendute a Francesco Gaetano Caltagirone di Generali e a Leonardo Del Vecchio di Luxottica, a capo della holding Delfin. Il tutto con un premio più basso (6,9%) di quello proposto l’anno prima da Orcel. Vabbé. Poi c’è la scalata da parte di Mps di Mediobanca, con l’obiettivo, poi di arrivare a conquistare anche il leone di Trieste, Generali, di cui Mediobanca è azionista. Il tutto con la benedizione del governo italiano e, forse secondo gli inquirenti milanesi, anche con un suo “aiutino”. Non stiamo a scendere nei dettagli di questa complicata inchiesta che da poco si è aperta presso il foro di Milano, ma sintetizzando, di fatto, le toghe milanesi puntano a sconfessare il disegno del governo che da un po’ di tempo è alle prese con la creazione di quello che gli esperti definiscono “terzo polo bancario”, che secondo le accuse sarebbe stato realizzato in violazione della legge. La conquista di Mediobanca da parte di Mps, in cui il governo ha una quota di partecipazione dell’11,7%, peraltro è stata vista dagli analisti come la vittoria di Davide su Golia, e ha fatto storcere il naso a chi non ci poteva credere, e soprattutto a quella parte dei big della finanza milanese a cui non stava bene questa cosa. Questa operazione, de facto estrae il cuore finanziario di Milano e lo trapianta a Roma, non solo con la benedizione del governo, ma pure degli Stati Uniti di Trump, che siedono accanto al Mef tra gli azionisti di Mps, tramite BlackRock il fondo pensione più importante al mondo e che a qualcuno, in Europa, comincia a stare un po’ antipatico. Il primo birillo da buttare giù, dunque, se le cose stanno davvero così, sarebbe il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti. Almeno, questa è la profezia di Aldo Giannuli, storico ed esperto degli anni di Piombo e del periodo storico di Mani Pulite. Secondo lui, gli anni di Di Pietro e del pool milanese somigliano molto allo scenario che si sta per aprire con questa inchiesta. Le elezioni politiche del 2027, d’altronde, son sempre più vicine e forse un “provvidenziale scossone”, potrebbe fare comodo no?
Cosa è cambiato da allora?
Con queste sconfitte la magistratura tra ’92 e 95 la gente vedeva nei giudici un baluardo della legalità, ma oggi la gente si è rotta dei magistrati. E quindi oggi chi indaga sull’operazione Mps deve essere molto cauto. Io sono schierato contro la riforma Nordio, perché secondo me apre ad un percorso devastante, però sono certo che il referendum lo vincerà il centrodestra.
Quindi secondo te questa inchiesta delle toghe milanesi è velleitaria?
Velleitaria non è detto. Dico solo che in un clima del genere toccare il Presidente del Consiglio è molto pericoloso, soprattutto se c’è il rischio di non farcela.
Non solo in Italia osserviamo una guerra giudiziaria
La guerra giudiziaria, sia pure preventiva, è scattata anche in Francia contro Le Pen se ci pensi. Le hanno spezzato le gambe per tagliarla fuori dalla partita politica dell’era post-macroniana. Come vedi la scuola italiana di Mani Pulite ha molti imitatori.
Quindi si può dire che sia una nuova Mani Pulite?
È un tentativo. Poi che riesca o meno, come dicevo è tutto da vedere, anche se c’è da dire che il governo in questo caso si è mosso con una rozzezza e una grossolanità totale, quindi ti dirò, gli estremi per un avviso di garanzia a Giorgetti ci sono proprio tutti. Il cecchinaggio è iniziato. Ad ogni modo il passo da Giorgetti a Meloni il passo non è poi così automatico.
Quali sono i poteri forti che si muovono dietro le quinte di questa inchiesta, se ce ne sono?
Anzitutto teniamo conto che le toghe di cui si parla non sono toghe qualsiasi, ma quelle milanesi. E non è un caso. Quando ci fu Mani Pulite Borrelli stava ogni sei mesi ai convegni di Cernobbio, il forum dove si riuniscono i grandi attori della finanza. Il rapporto fra la Procura milanese e il mondo degli affari milanese è sempre stato inevitabile, perché, al di là dell'aspetto penale, non va dimenticato che quello di Milano è il principale foro civilistico italiano per quanto riguarda le cause di diritto commerciale. Obiettivamente, che ci sia un legame che passa anche attraverso il ruolo di avvocati, degli studi professionali, dei vari periti, eccetera, è un intreccio inevitabile. Però cosa è successo? Diciamo che i grandi magnati della finanza milanese sin’ora non sono riusciti a fermare l'irresistibile marcia dei romani di Mps, protetti dalla Meloni, verso la conquista di Mediobanca. Lasciare Mediobanca ad Mps nei fatti è come trasportare il cuore della finanza italiana da Milano a Roma. Tutto questo non è particolarmente gradito dal blocco industriale-finanziario padano. Come nel 1992, allora, si fa ricorso alla clava giudiziaria. Ecco perché io sono convinto che un avviso di garanzia, quantomeno a Giorgetti, è già in dirittura d’arrivo.
Perché proprio Giorgetti?
Perché il vero obiettivo è la Meloni, dal Mef al presidente del Consiglio, il passo non è poi così lungo. Ad ogni modo non è detto che ci riescano.
Perché?
Per molte ragioni. Anzitutto perché se tocchi il Presidente del Consiglio non puoi fallire, e se non ti viene bene corri un bel rischio. Non ti dimenticare il caso Andreotti, già solo per il fatto che, quando venne accusato, illogicamente, di essere il mandante dell’omicidio Pecorelli, questi non era già più Presidente del Consiglio. Poi provarono ad accostarlo alla mafia. Non è che ai magistrati sia andata così bene. Sulla mafia, vabbè, hanno ottenuto una vittoria di Pirro con la sentenza che dice lo era “sì, fino all’80”, ma che il reato era caduto in prescrizione. Per le toghe fu una vittoria di facciata. Ma sul caso Pecorelli ne sono usciti con le ossa fracassate. Anche perché da parte di Andreotti sarebbe stato stupido da parte sua commissionare alla banda della Magliana il suo omicidio. Nel ’79 Andreotti era Presidente del Consiglio con tanto di appoggio del Partito Comunista, ed era a capo di Gladio. Che bisogno aveva di far fuori Pecorelli?
Il cecchinaggio verso Giorgetti secondo te può avere a che fare con la notizia della presunta testimonianza di Francesco Giusti alla morte di David Rossi a Siena?
Allora, prove non ne abbiamo, indizi pochissimi, ma l'odore è quello. Se mi chiedi un parere, ti dico che a naso sì. Ma anche perché sai, è un po’ come una partita a biliardo, una biglia ne urta un’altra che poi ne tocca un’altra. Il problema è che qui il tavolo verde è coperto con un velo opaco. Puoi sentire il rumore delle biglie che si toccano al di sotto, ovvero il clima di “emergenza”, ma non puoi sapere chi ha colpito chi e come. Ad ogni modo, secondo me, fra un po’ calerà il silenzio della tregua. A Natale la gente non ti sta a sentire, e pure i giudici vogliono starsene un po' tranquilli. Il sequestro ordinato prevede che i magistrati abbiano 90 giorni per studiare questo materiale e decidere che cosa fare, dunque la questione potrebbe riprendere dopo la Befana, oppure anche più in là. Tra l’altro non si può sapere cosa hanno trovato. Immagino chi di dovere abbia avuto un minimo di accortezza nel far sparire cose pericolose, a meno che non siano completamente imbecilli. Tutto il tran tran potrebbe riprendere verso febbraio, marzo, oppure anche più in là. Silenzio di tomba e poi… facciamo il botto prima delle elezioni, che dici?
Chi è il Di Pietro dei nostri tempi allora?
All’epoca c’era il grande regista Borrelli, poi il frontman, Di Pietro. C’era anche il regista tecnico Ghitti, il capo della Gip. Io non vedo nessun personaggio alla Procura di Milano che abbia più o meno la stessa caratura dei personaggi che ti ho detto, e soprattutto non vedo nessun Ghitti. Ghitti era uno tecnicamente con i controco**i. Quello attuale mi pare un quadro molto più mediocre.
Chi è che trae guadagno da questa inchiesta?
Anzitutto considera che la Meloni ha fatto la scelta di sdraiarsi ai piedi di Trump, e quindi ovviamente se casca il suo protettore il conto glielo presentano pure a lei, ma glielo presentano qui, gli europei. Il nodo cruciale è rapporto il braccio di ferro fra Europa e Stati Uniti. Questo è il nesso. Gli Stati Uniti di Trump oggi stanno dalla parte di Mosca e hanno abbandonato l’Unione Europea, mirano a disarticolarla. Questa storia dei dazi, poi ha messo in allarme le borse di tutto il mondo, dunque ho l’impressione negli Stati Uniti qualche anima buona stia pensando che quattro anni di Trump potrebbero essere pure troppi. Vediamo intanto di dargli una mazzata nelle reni alle elezioni di midterm con il caso Epstein e vediamo se riusciamo a toglierlo di mezzo prima del ’28. Forse qualcuno, anzi più di uno, in area progressista.