Non era il suo e, quindi, è stato restituito alla legittima proprietaria che è la Procura di Pavia. Il giallo di uno dei PC di Mario Venditti, non restituito all’ex magistrato dopo che il Riesame aveva disposto con una seconda sentenza di dissequestrare e riconsegnare tutti i supporti informatici prelevati all’indagato, s’è risolto nel giro di una manciata di minuti. Ma, attenzione, se il giallo è risolto, il mistero resta tutto. E’ solo un braccio di ferro a colpi di filosofia del diritto e interpretazione dei dispositivi, oppure la Procura di Brescia ritiene che in quel PC possa esserci materiale compromettente e utile alle indagini nell’ambito dell’inchiesta Clean2? Quello che è certo è che il legale dell’ex pm, Domenico Aiello (quello della poesia in udienza), dopo aver incassato la decisione della Cassazione per la restituzione di tutti i device, ha presentato una nuova istanza per riavere un computer.
Si tratta, stando a quanto è dato sapere, di un dispositivo assegnato a Venditti ai tempi dell’incarico presso la Procura di Pavia e poi rimasto in uso all’ex magistrato – oggi indagato per corruzione – anche dopo il pensionamento. La Procura di Brescia, però, ha prontamente risposto che quel PC era stato restituito insieme agli altri, sottolineando che, come “da bollino ‘Procura della Repubblica - Beni Mobili’ presente sul retro”, appartenesse non a Venditti ma, appunto, alla Procura di Pavia.
Sembra una cosa da poco tra due parti che si scornano ormai in ogni modo e che non sono solo “giudiziariamente contrapposte”, ma in verità non lo è. Perché se la legittima proprietaria di quel dispositivo è la Procura di Pavia, potrebbe significare che i magistrati di Pavia non avrebbero alcuna esigenza di autorizzazioni o permessi per capire cosa c’è dentro un PC che formalmente è loro e che potrebbe aiutare i colleghi di Brescia a aggiungere tasselli per provare a ricostruire tutti i tasselli del così detto “sistema Pavia”. E’ bene, però, insistere sul fatto che le due inchieste, quella sull’omicidio di Chiara Poggi condotta dai magistrati di Pavia e quella per corruzione condotta dai magistrati di Brescia sono, e devono restare, distinte e separate, anche se un filone dell’indagine di Brescia ha portato a far luce sulle strane dinamiche che nel 2017 portarono all’archiviazione, in soli 21 giorni, dell’indagato Andrea Sempio per l’omicidio di Chiara Poggi.
“Di sicuro – ha recentemente dichiarato in una intervista l’ex maresciallo dell’Arma, Francesco Marchetto, che era a Garlasco proprio in quel maledetto 2007 – oggi, secondo quello che leggo in giro sull’inchiesta di Brescia in merito a ciò che si presume accadesse a Pavia, riesco a spiegarmi un po’ meglio l’inspiegabile archiviazione di sette o otto querele che ho presentato nel tempo proprio alla Procura di Pavia. Al di là di questo, però, ritengo che le domande ‘chi ha ucciso Chiara Poggi’ e ‘cosa succedeva a Pavia’ debbano, sì, restare distinte, almeno fino a quando non emergerà qualcosa che le mette insieme”.