E’ in macchina, parla (come al solito) da solo e Andrea Sempio dice questa frase: “Se sono indagato posso mentire, buono!” Lo ha rivelato il settimanale Giallo, ripercorrendo in un articolo tutte le volte che Andrea Sempio è finito in qualche modo nel mirino degli inquirenti per l’omicidio di Chiara Poggi. Quella frase, stando a quanto è dato sapere, dovrebbe risalire a qualche anno fa e precisamente all’indagine poi archiviata nel 2017 dall’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti. Un passaggio finito quasi inascoltato nel marasma delle narrazioni sull’omicidio di Chiara Poggi, ma che oggi torna prepotentemente attuale. Non solo perché c’è una perizia che conferma che il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi è compatibile con quello del ceppo maschile della famiglia Sempio (abbiamo già detto che rischia di significare molto poco in termini processuali), ma anche perché comincia a essere sempre più evidente che tutti, ma tutti davvero, intorno a Garlasco nascondono pezzi di verità. Compreso Alberto Stasi. Compreso Andrea Sempio. Due che – e ci assumiamo tutta la responsabilità di questa affermazione – sembrano avere più paura di dire tutta la verità che della galera.
Quella frase, “se sono indagato potrò mentire, buono”, racconta un ragazzo spaventato sì da quello che potrebbe succedergli e dall’essere, quindi, accusato dell’omicidio di Chiara, ma anche “sollevato” dal “privilegio” di poter raccontare bugie. Per proteggere che cosa? O chi? Perché, diciamolo chiaramente, non è normale che chi rischia di essere travolto da un’indagine per omicidio – soprattutto se sa di essere innocente – si ritrovi a fare una considerazione così se non c’è qualcosa di molto più grande a spaventarlo. Tanto che oggi diventa del tutto legittimo un dubbio: e se in questa nuova inchiesta Andrea Sempio non fosse davvero l’unico indagato? Nella confusione di un’indagine divisa tra show e lavoro vero della procura, non sta scritto da nessuna parte (o forse sta scritto solo negli atti ufficiali) che il procuratore Napoleone non abbia ripreso in mano l’intero castello per ricominciare tutto da capo, anche a diciotto anni di distanza da quel maledetto 13 agosto 2007.
Un lavoro, questo, che secondo un altro dei personaggi chiacchieratissimi di Garlasco, l’ormai ex maresciallo dell’Arma, Francesco Marchetto, andava fatto già a suo tempo. “Io volevo indagare a 360 gradi – ha recentemente dichiarato – tutti i miei guai sono cominciati quando volevo guardare oltre il solo Alberto Stasi”. Su Marchetto, oggi, grava il peso di tre condanne – falsa testimonianza, favoreggiamento della prostituzione e peculato – che hanno indebolito definitivamente la sua carriera e la sua credibilità oltre che lo scomodo ruolo di ex della zia di Andrea Sempio, la stessa che avrebbe prestato 30000 Euro al fratello Giuseppe. Ma forse proprio per questo, l’ex maresciallo di Garlasco è l’unico che ha davvero più niente da perdere e che, paradossalmente, potrebbe risultare più credile di altri. “Sta succedendo ciò che sostengo da anni” – ha ribadito anche recentemente nel salotto Rai di Massimo Giletti. Quello stesso salotto in cui s'è scontrato col suo ex comandante, Cassesse (quello che ha ammesso che i Carabinieri hanno fatto molti errori nel 2007), e in cui ha parlato di prove che lui potrebbe portare provando a tirare nuovamente fuori la sua conversazione con l’ex datore di lavoro di Mario Muschitta, l’operaio che raccontò di aver visto Stefania Cappa in bici e con un attizzatoio da camino e un borsone la mattina del delitto dirigersi verso Tromello e che subito dopo ritrattò tutto.
E’ una registrazione datata 17 luglio 2022: un colloquio tra Marchetto e Alfredo Sportiello, responsabile dell’ASM di Vigevano e quindi ex capo di Marco Muschitta: “L’hanno minacciato… magari gli hanno anche dato dei soldi per stare zitto”. E aggiunge che Muschitta, quel giorno, “quello che ha visto ha visto”. Anche le indagini fatte successivamente – pure dopo aver dichiarato di essersi inventato tutto - confermano che quanto raccontato poteva risultare realistico. Perché l’operaio, dopo una deposizione ritenuta coerente dagli stessi carabinieri che verificarono orari e spostamenti, cambiò totalmente versione? Perché passò da un racconto minuzioso – una giovane donna bionda in bici con un oggetto simile a un attizzatoio – a definirsi “uno stupido che si è inventato tutto”? E perché venne lasciato solo in procura per oltre quaranta minuti, come ricorda oggi proprio Marchetto? Secondo l’ex maresciallo, il nodo di Muschitta è solo uno dei segnali di un’inchiesta “fatta male”. Non entra nel merito dell’indagine su Sempio, ma ribadisce un altro punto che scotta: sull’omicidio di Chiara, gli indizi “allora come adesso portano a più persone”. Oggi, sempre dalle pagine dell’ultimo numero di Giallo, il settimanale diretto da Albina Perri, l’ex maresciallo di Garlasco torna a spingere ancora più forte: “i carabinieri, ai tempi, furono costretti a mentire”.