Domenica sera per un’ora la barca di Pietro è salita sulla barca della Rai, per usare la metafora con cui Fabio Fazio ha aperto e chiuso l’intervista esclusiva a papa Francesco, andata in onda su Rai Tre: "Ascoltare il Santo Padre è un dono per tutti, un grande dono" ha esordito il conduttore mentre i maxi schermi alle sue spalle hanno trasformato il centro di produzione Rai di Milano in un’anticamera di piazza san Pietro, facendo della televisione pubblica l’ennesimo luogo di riverbero democristiano, malgrado dal 1984 l’Italia non sia più uno stato confessionale, con buona pace dei sussidiari scolastici. Qualche giorno fa su Domani Enzo Marzo ha reso noti i risultati della Fondazione Critica Liberale, che rivelano il peso del cattolicesimo sui media: solo al Tg1, le notizie riguardanti la chiesa cattolica occupano il 99,98 per cento dell’informazione religiosa. Su La7 rasentano il 99,27 per cento. Il calo della presenza religiosa (generalmente preti) in programmi di approfondimento (da 285 presenze nel 2012 a 149 nel 2020) è compensato da quelli fake nelle fiction di stampo religioso. La prima intervista di un papa nelle reti Rai non è, quindi, che l’apoteosi di una scelta dei media, malgrado l’evidente contrazione dei fedeli cattolici italiani. D’altronde, tutto questo non lo ha già mostrato la Rai stessa, passando in una manciata di giorni, dal “battesimo” in salsa blasfema di Achille Lauro al Papa che parla di Cristo e del diavolo?
Papa pop
Questo paradosso mediatico, inimmaginabile con i predecessori, è stato reso possibile grazie alla potenza mediatica di Papa Francesco. L’unico precedente risale al 13 ottobre 1998, quando papa Giovanni Paolo II telefonò a Bruno Vespa durante Porta a Porta. Nel 2021, Francesco aveva invece aumentato la sua presenza in tv. Il 4 gennaio 2021, la Rai aveva mandato in onda il documentario La sorpresa di Francesco, dove i tagli sui dietro le quinte nei venerdì della misericordia sono diventati materiali per uno storytelling della sua umanità, fatta di gesti e parole informali. Lo stesso tono, seppure più strutturato, ha contraddistinto le due lunghe interviste che il pontefice ha concesso al vaticanista di Mediaset, Fabio Marchese Ragona, a gennaio e dicembre scorso, mentre Netflix lanciava la docu-serie Stories of a Generation. L’ultima, straordinaria intervista da Fazio dimostra la popolarità mediatica di Francesco, che dalla pandemia non ha più bisogno di muoversi fisicamente per amplificare il suo messaggio. In fatto di comunicazione, Bergoglio supera i canali tradizionali dei media vaticani, sceglie gli attori e i vaglia contenuti. La centralità alla sua persona piuttosto che al suo messaggio mostra in parte perché, malgrado la straordinarietà dell’intervista, nelle parole del Papa non ci sia niente che non sia già stato detto in altre occasioni: migranti, guerre e bambini sono i principali punti del cosiddetto "umanesimo evangelico" di Papa Francesco. Mancano i riferimenti ai temi caldi delle ultime settimane, dallo scandalo della pedofilia alle istanze della minoranza Lgbt. Non è intenzione del Papa far leva sulle criticità in atto nella chiesa, e si evitano accuratamente domande di questo tipo.
C’è guerra e guerra
Ci voleva un Papa gesuita per storicizzare questioni di natura morale. Incalzato da Fazio sulla banalità del male, Francesco spiega che una polarizzazione nel mondo, in realtà, esiste: l’onnipotenza creatrice di Dio contro quella distruttrice dell’uomo. È quest’ultima tendenza che spiega secondo il Papa il no-senso della guerra e delle ostilità. Confermando le sue prime parole al sacrario militare di Redipuglia, Francesco punta il dito contro la vendita delle armi: "Pensa che con un anno senza fare armi, si potrebbe dare da mangiare ed educazione a tutto il mondo, in modo gratuito. Ma questo è in secondo piano. Si pensa alle guerre, e noi siamo abituati a questo. È dura ma è la verità". I volti dei bambini affamati e infreddoliti sono l’immagine più diretta di tutto questo, ricorda Fazio. Un botta e risposta retorico però, dove i conflitti più pressanti sono solo marginalmente menzionati. Papa Francesco menziona la crisi decennale in Yemen, ma evita qualsiasi riferimento alla prigionia coatta dei democratici cinesi a Hong Kong, e pure il conflitto imminente in terra ucraina è solo accennato. In tema di migrazione, Papa Francesco non lesina durezza. È il caso dei centri di detenzione per i profughi stanziati in Libia, che definisce alla stregua di lager: "Ci sono dei filmati sui lager, e uso questa parola sul serio, lager, nella Libia, lager dei trafficanti. Quanto soffrono nelle mani dei trafficanti coloro che vogliono fuggire. Se volete vedere questi filmati, sono nella sezione migranti e rifugiati del Dicastero dello Sviluppo Umano. Soffrono e poi rischiano per attraversare il Mediterraneo. Poi, alcune volte, sono respinti, per qualcuno che per responsabilità locale dice: no, qui non vengono" puntualizza, ma si guarda bene dal menzionare i campi di rieducazione della minoranza uigura allo stesso modo.
Parole a metà
In un momento dell’intervista, Fazio non riesce a replicare. Accade quando il Papa rintraccia la genesi del male nel diavolo: "Dialogare con il Male è pericoloso. E tanta gente va, cerca di dialogare con il Male - anche io mi sono trovato in questa situazione tante volte - ma mi chiedo perché, un dialogo con il Male, è una cosa brutta quella. Gesù non ha mai dialogato con il Diavolo, mai, mai! E quando ha dovuto rispondere, nel deserto, gli ha risposto con la risposta di Dio". Ritorna il nemico numero uno di Papa Francesco, che più di altri pontefici ha menzionato il diavolo nei suoi discorsi. Certo, nel caso della guerra è facile sondare i risvolti del male. Ma cosa accade quando la guerra è insita nei discorsi? "Il chiacchiericcio distrugge" ha detto il Papa, che ha ricordato il bullismo e i risvolti fatali di tante parole spese per annientare l’altro. Eppure, per il papa "l’aggressività non è una cosa in sé stessa negativa perché ci vuole l’essere aggressivo per dominare la natura, per andare avanti, costruire. C’è un’aggressività positiva, diciamo così". Parole ambigue, che non vengono spiegate. Intanto, a un anno dal naufragio del ddl Zan, nato per contrastare l’omobitransfobia, il pontefice degli emarginati sceglie di non farne cenno. Lo stesso accade con la pedofilia:mentre dal Cile all’Australia aumentano le denunce, il Papa si limita a condannare la "mondanità spirituale" e il clericalismo. Come si suol dire, nulla di nuovo sotto il sole.