Il Parlamento europeo ha approvato lo stop della vendita di nuove auto con motori termici a partire dal 2035 e ha scatenato un vero e proprio terremoto nel settore dell’automotive. Perché la decisione, nonostante fosse annunciata da tempo, è apparsa troppo netta e senza tenere conto delle differenze fra i vari paesi europei. A mettere in allarme sulle conseguenze, oggi ci ha pensato il Sole24 Ore, che ha dedicato ampio spazio all’argomento. E in particolare a tutte le preoccupazioni delle aziende. Produttori, componentisti e altri soggetti interessati dall’indotto, infatti, stanno creando un fronte unanime di preoccupazione per le possibili conseguenze del voto del Parlamento europeo sullo stop alla vendita di auto con motore termico a partire dal 2035: si temono chiusure di aziende e perdite di posti di lavoro (ben 70mila). Intanto il Governo lavora al nuovo Dpcm 2022-24 con aiuti per la riconversione produttiva, in arrivo fondi per 750 milioni di euro. Tra le misure allo studio, contratti di sviluppo e aiuti mirati all’innovazione.
E mentre il ministro dello Sviluppo Giorgetti l’ha definita "una decisione ideologica" e il ministro della Transizione ecologica Cingolani ha ribadito di sostenere la “neutralità tecnologica”, l’autorevole giornalista Paolo Bricco sul Sole24 Ore ha analizzato questa svolta a livello psicologico: “Bye bye Diesel. Il suicidio politico europeo di cedere sovranità tecnologica alla Cina” questo il titolo del suo articolo. Che prosegue con toni molto preoccupanti per il settore automotive: “La decisione del Parlamento europeo di vietare la vendita di automobili a combustione tradizionale dal 2035 rappresenta una scelta di politica industriale destinata a segnare il futuro dell’industria europea. In termini di riduzione di centralità dell'Europa nella nuova globalizzazione. Gli psichiatri lo definiscono suicidio. Gli studiosi di relazioni internazionali e gli economisti la chiamano cessione di sovranità tecnologica. La decisione del parlamento europeo di vietare la vendita di automobili a combustione tradizionale dal 2035 rappresenta una scelta di politica industriale – anzi, di politica tout court - destinata a segnare il futuro dell'industria europea. In termini di riduzione di centralità dell'Europa nella nuova globalizzazione, di perdita di competitività della manifattura...”.