Ci risiamo. Puntuale come i memo del commercialista per il versamento degli F24, l'Italia si è svegliata sotto l'insegna dell'ennesima polemica contro la Meloni. Oggi sotto i riflettori della sezione “costume e società” dell'Inquisizione Digitale abbiamo lui: il tailleur, per giunta nero, del Signor Presidente del Consiglio.
E qui si potrebbe già chiudere citando il Secco, l'amico di tante tavole di ZeroCalcare, con un sonoro “fregacazzi” - non sarebbe una scelta errata in sé, ma perderemmo l'occasione di un paio di considerazioni, perché fior fiori di esperti d'immagine e comunicazione hanno perso ore di sonno e tempo a cercare di capire il perché di questo cambio di look, dal pastello civettuolo alle divise d'ordinanza della politica: pantaloni scuri, giacca e a quanto pare un “no categorico” alle gonnelle.
Torniamo quindi al fermento (poco lattico, molto acido) contro il tailleur. “È passata dalle gonne a pieghe verdi al look Merkel senza nemmeno passare dal via”. Ancora: “La campagna elettorale è stata complicata e faticosa esattamente come lo è la gestione del Paese, quindi abbandonare la femminilità e i colori non ha senso!”. E infine: “È la prima donna alla Presidenza del Consiglio in Italia, suo dovere sarebbe abbattere oltre che i pregiudizi sulle donne al potere, anche sul dress code e renderci libere di vestirci come vogliamo”.
Al netto del fatto che la campagna elettorale si è svolta in un'estate rovente (per cui i vestiti leggeri… ecco, era sopravvivenza), ma perché mai dovrebbe fare “come volete voi?”. Non sono una fangirl del Presidente, ma attaccarla per come si veste non ha un senso logico e conferirle il dovere di portare avanti battaglie che non le appartengono è folle oltreché un filo paraculo - a meno che non le si voglia regalare l'ennesima occasione per passare per vittima dei radical chic, hobby in cui eccelle da tempo, a discapito del vociare su carta e digitale che la segue ovunque. Per la Von der Leyen, la Metsola, per le premier inglesi e scandinave di ieri e di oggi mi pare che il fuoco delle critiche fosse un filo più alto, in senso qualitativo.
Meloni ha deciso di aderire al suo ruolo istituzionale sposando la “divisa incolore” del politico. E quindi? Cosa ci dovrebbe raccontare questa scelta oltre che ad una evidente mancanza di voglia di stare a pensare troppo a cosa mettersi la mattina?Cosa dovrebbe svelarci del suo piano politico?Un piffero. Questa è la verità: un beato nulla a parte un chiaro “non c'ho sbatti, che tra Paese e alleanze ne ho pure troppi”. E onestamente, al netto del bisogno di acchiappare like/click/abbonamenti che flagella il giornalismo italiano, sugli orizzonti politici della Meloni farebbero bene a indirizzarsi l'analisi e la critica.
Molto rumore per nulla, insomma, su un tema che non dovrebbe nemmeno essere oggetto di discussione: la Meloni e il rigido dress code di Palazzo Chigi. Tra l'altro meno male che esiste, ci ricordiamo tutti delle felpe di Salvini e delle giacche di Renzi? Le peggiori mise di Razzi e compagnia le abbiamo già dimenticate? Vi immaginate dare libertà totale di abbigliamento alla nostra classe politica? Siamo sicuri di volere una cosa del genere?Riuscite a immaginare le Camere prima di un derby Roma-Lazio? Suvvia, ma si può mettere in croce sta donna perché ha deciso di portare avanti il suo lavoro istituzionale con un tailleur basic di Armani e non con i vestitini low cost tipo Kate Middleton, che deve fare da volto simpatico per la corona inglese in questi e nei prossimi anni.
Tralascio poi la polemica sul fatto che si sia portata la figlia al G20, che è anche più ridicola. Per decenni sui voli di Stato è passato chiunque e ci indigniamo per una madre con la figlia piccola? Al Presidente al massimo si può dire di abbandonare due cose, due e fondamentali: il nero e il blu per una rapida inversione di marcia verso il grigio perla, colore con cui è chiaramente più in sintonia e magari la causa contro Saviano, visto che di sbattimenti non ha chiaramente voglia e il tribunale medio italiano la tira di più lunga di una fila alle poste il giorno del ritiro della pensione.
Sig.ra Meloni, lei è il/la Signor Presidente del Consiglio, non un’anonima deputata qualunque e come tale ormai tutte le sue scelte passano e passeranno al vaglio di chiunque: dal tailleur bluastro (vero che passiamo al grigio? Scusi se insisto), al livore verso uno scrittore di cui non ho mai letto una riga, fino alla scelta di portare una bambina di sei anni dall’altro capo del mondo. Anche se è avvezza a Berlusconi che fa faccette buffe come in una puntata di Boris e a Salvini che bolle di rabbia come nemmeno Roberto Da Crema nelle sue più vigorose televendite, dovrà abituarsi anche a questo, suo malgrado.