La politica contro la letteratura e la libertà di parola? Non credo proprio. Se l’impegno ha un valore letterario, questo dovrebbe essere punito, sbranato, gettato nella fossa dei leoni. Così da diventare un’opera. La letteratura non è fatta di minoranze e denunce, ma di un porsi in minoranza. Non è fatta di difesa dei discriminati, perché è la letteratura che dovrebbe farsi discriminare. La letteratura non è mai dei potenti. Ma potere non è solo la politica che punisce lo scrittore, bensì anche lo scrittore che non si fa punire. Perché non tutti gli scrittori possono "salvarsi" con tanta facilità. Ieri è iniziato il processo contro Roberto Saviano dopo la denuncia ricevuta da Giorgia Meloni, chiamata «bastarda» in una puntata di Piazzapulita del 2020. Anche Matteo Salvini potrebbe costituirsi parte civile per lo stesso insulto (espresso nella stessa occasione). Bene. Onore a Saviano. Sennonché lo scrittore è riuscito a mobilitare un intero mondo di potenti della letteratura, da Nicola Lagioia a Michela Murgia, per condannare la causa intentata dall’attuale premier.
Ben vengano le denunce per diffamazione. Gli scrittori non sono né martiri né mercenari, ma eventi. Non sono altro che ciò che testimoniano, ciò che strappano, ciò incontro a cui vanno. Una causa dell’attuale Premier sarebbe solo una vittoria per uno scrittore … uno scrittore vero. Perché perdere è l’arma migliore per mostrare la debolezza del proprio nemico. Se si è scrittori funziona così. Ma qui non si tratta di letteratura, né di libertà di espressione. Si tratta semmai di un’esternazione televisiva ben poco educata. Il ché non dovrebbe certo preoccupare uno scrittore, ma può anche risultare odiosa agli occhi di un personaggio politico. Se qualcuno avesse usato termini volgari per parlare di omosessuali o immigrati, si sarebbe chiesto di avviare dei procedimenti contro i colpevoli. Non per aver detto qualcosa contro gli immigrati, ma per il come. E poi basta con la solita storia di parlare a nome degli ideali e dei principi parlando di sé. Nessuno è un garibaldino o un mazziniano, un carbonaro o un eroe romantico e idealista. Ognuno di noi è sporco fino all’osso, si sozza denunciando un sistema di potentati in cui deve vivere e che, spesso e volentieri, lo vede come potente. Si straccia le vesti per le condizioni degli ultimi ma si guarda bene da essere uno di loro. Nessun francescano, Saviano incluso. E la storia della scorta qui non c’entra, perché neanche il coraggio dello scrittore (della scrittura) campa di rendita. Anche se qui, a dire il vero, di letteratura, di scrittura, non si parla, come ricorda Massimiliano Parente. Proprio a Parente, uscito con un intervento molto duro e lucido su Il Giornale, un intervento da scrittore, abbiamo chiesto qualche spiegazione in più. A lui, che è eretico tra gli eretici, ostacolato da tutti come il suo maestro, Aldo Busi, altro grande senza nome schiacciato da un sistema di potere che privilegia le Murgia, i Saviano e compagnia cantante nei salotti televisivi, ancor più che scrivente.
Cosa c’è di sbagliato nelle affermazioni di Saviano? Non è giusto che uno scrittore non sia perseguibile da un politico, ben più potente di lui?
I pollici sono così potenti? Silvio Berlusconi ha avuto circa quaranta processi e è ancora perseguito, e una querela viene giudicata dalla magistratura, cioè da un tribunale. È un diritto costituzionale in uno Stato di diritto e vale per chiunque. La cosiddetta Seconda Repubblica è iniziata con Tangentopoli, che ha raso al suolo tutti i partiti democratici tranne uno, finanziato per decenni da una dittatura straniera. Il risultato di tutto questo è stato l’avvento del populismo, un comico che manda degli scappati di casa al governo, una destra che non è più liberale ma ha matrici fascistoidi, una sinistra di morti viventi, senza una visione moderna. L’unica sinistra moderna che ricordo è stata quella di Bettino Craxi, il simbolo del decadimento italiano il lancio delle monetine. In ogni caso non è il governo che processa Saviano, è un tribunale. A meno che Saviano non creda neppure nei giudici … però non è che ci puoi credere o meno quando ti fa comodo.
Saviano parla di libertà di parola ma tu hai lanciato la provocazione. «Se io ti dessi del mafioso deduco non mi quereleresti in nome della libertà di parola». E hai raccontato dei primi anni in Mondadori. Credi che Saviano pecchi di ipocrisia?
Saviano come scrittore, nel senso di autore di romanzi importanti, non l’ho mai considerato, e non saprei neppure dire cosa abbia fatto per combattere la mafia se non farla diventare un bestseller (edito da Berlusconi), e costruirci sopra una carriera televisiva e giornalistica. Su Gomorra ci hanno fatto serie tv, non c’è video che apri su YouTube dove non ti debba sorbire la pubblicità di Saviano che ti spiega la mafia, è un prodotto di marketing che si è sempre mosso nei salotti giusti del potere mediatico e vive nel migliore dei mondi possibili. Vive da recluso? Molto meno di me, che mi sono autorecluso, non esco di casa da anni, non mi interessa farmi vedere. Io in venticinque anni di opere, studiate anche nelle università, non sono mai stato citato neppure una volta su Repubblica, la loro tecnica è far finta che tu non esista. Una volta il grande astrofisico Nanni Bignami, prima che morisse, scrisse un articolo in cui mi citava su Repubblica. Scommisi con lui una cena che sarebbe stato sbianchettato il mio nome. Indovina chi vinse.
Lui, Michela Murgia … parleresti di censura da parte di scrittori più potenti ai danni di scrittori più taglienti, come te?
La femminista sarda cattolica ha organizzato un boicottaggio per non farmi più pubblicare e scrivere, oltretutto inondando di insulti il mio profilo Instagram sotto la foto di mia figlia di dieci anni. Ho fatto tragedie? No, scrissi una replica su Dagospia dicendo: boicottatemi stocazzo. Finché c’era Saviano in Mondadori non potevo entrare io, come ho scritto. Ma pensa: io collaboro da anni su un giornale di destra, ho votato Più Europa, e non mi hanno mai censurato una riga, né posto veti su coloro su cui posso o non posso parlare. Di là silenzio totale, non esisto. Non che me ne faccia un problema. Questi sono sempre in giro, in televisione, ovunque, a presentare libri insulsi per presentare se stessi, io non ho tempo, rifiuto da anni ogni invito televisivo, sono uno scrittore, la mia persona non esiste, anzi la odio. Io ho lasciato delle opere, mi interessano solo quelle, infatti non mi vedrete mai a presentare niente, i miei libri si presentano da soli, stare davanti a un pubblico a parlarne può solo rovinarli, ma capisco che chi produce prodotti medi con la data di scadenza già scaduta sul nascere pensi a fare carriera. Ma non c’è niente di nuovo. Negli Anni Dieci del XX secolo il Saviano dell’epoca si chiamava Pierre Hamp, lo conoscete? Era l’autore più in vista della Francia, socialmente impegnato. Oggi lo ricordiamo solo perché se ne lamenta Marcel Proust nel suo epistolario. In fondo scrivendo di Saviano gli sto facendo un favore, grazie a me tra cento anni qualcuno saprà che esisteva.
Ma le querele, per un autore impegnato, non dovrebbero essere delle medaglie all’onore?
Se non ha altro su cui impegnarsi sì. I veri scrittori sono stati processati per le loro opere. Io mi sono sempre impegnato nelle mie opere, perché sono l’unica cosa che resta. Ho ricevuto querele ma non ho mai querelato nessuno. Saviano, la Murgia, la Valerio e compagnia bella di anime belle vivono di vittimismo in un sistema che li gratifica, li sponsorizza e colpisce il diverso da loro, perché sono tutti uguali e temono il confronto, sono una massoneria di mediocri e leccaculi, nel demimonde della cultura italiana ci sguazzano. Che poi è sempre la solita culturina di fascisti e antifascisti, ipocriti cattolici e sostenitori della cancel culture, non ci si schioda da lì. Detto questo, fossi stato la Meloni, che non sopporto perché insieme a Salvini è la peggiore destra che io abbia mai visto, non lo avrei querelato, perché di questo Saviano ci vive. Lo vedrete in televisione, sui social, ovunque a fare la lagna per nulla. Oltretutto i tribunali sono intasati di querele di giornalisti e autori che non so come faranno a occuparsi di cose serie. Ogni giorno qualcuno querela qualcuno per qualcosa che ha detto. Ma non facciamo la retorica del potere, non è la Meloni che condannerà o assolverà Saviano ma, ripeto, un tribunale.