"Sono stata lasciata a casa in pochi giorni senza alcun preavviso". Il giorno prima duecento messaggi, il giorno dopo dieci. "Spariti tutti. Sono rimasti gli amici più stretti". Così Barbara d’Urso racconta a 7 - Sette: Il settimanale del venerdì del Corriere della sera, in una intervista a Teresa Ciabatti, il suo addio forzato a Mediaset, in un’intervista che è tutto fuorché una forma di pacificazione: "Ogni volta che succede io torno alla prima perdita". Quella che ti cambia il respiro, prima ancora che la carriera. "Mia madre". Aveva undici anni. "Appena nasce mio fratello, mamma rientra dalla clinica, si mette a letto e non si alza più. Per quattro anni, la prima cosa che chiedo mettendo piede a casa, nemmeno il tempo di poggiare la cartella: come sta mamma?. Ero sicura che sarebbe guarita". Ma non è guarita. È morta, e a lei non lo dissero. "Mamma è morta, ma nessuno me lo dice". "Credendo che stia bene, corro, gioco. Ho un ricordo: io sull’altalena che dico tra me e me: se tocco le foglie dell’albero, mamma vive per sempre".

Il dolore è rimasto sotto pelle, pronto a riemergere ogni volta che qualcuno la mette fuori da una stanza. "Nella mia testa c’è l’immagine di mia madre con un ago perennemente infilato nel braccio, la flebo". E poi c’è quella porta. "La porta chiusa riappare spesso". "Non parlando della morte di mamma, non supero mai il lutto. Emotivamente sto ancora lì, fuori dalla porta chiusa". Quella stessa energia l’ha messa in tv. "Le battaglie che ho portato avanti a Pomeriggio Cinque erano porte chiuse". Come la storia del ragazzo disabile segregato, che poi si è rivelata un’altra cosa: "Questa donna sola, senza marito e senza lavoro, vive da trent’anni in una casa fatiscente. Due figli disabili, il primo in una struttura, il secondo rifiutato da tutte le strutture perché troppo aggressivo, nessuno lo vuole. Così la madre lo accudisce, non lo lascia mai". "Con il nostro interessamento e la nostra insistenza il ragazzo è stato accolto in una struttura, e alla madre è stato dato un alloggio dignitoso". "Aveva perso tutti i denti, e si vergognava a mostrarsi in video, teneva la mascherina. Diceva: non riesco a parlare senza. Io voglio ridere". "Siamo riusciti a mandarla da un dentista che le ha messo tutti i denti. Era felice. Ha riso".

E poi c’è il dopo. Il divano. "Devo occupare la mente, e il tempo. Di colpo ho tanto tempo a disposizione". "Capisco che non posso rimanere in Italia: troppo dolore". "Io vado a Londra a studiare inglese". "Vado da sola, prendo in affitto un b&b. M’iscrivo a un college, faccio lezione dalle otto di mattina alle cinque di pomeriggio". "Mi sono piaciuta. Per come ho affrontato la sofferenza". Ma il passato non si archivia con un volo per Heathrow. "Vivendo da anni negli studi televisivi, tutte le mie cose, vestiti, scarpe, erano nei magazzini e nei camerini". "La mia amica Angelica va a Mediaset con una grande valigia. La guardia le apre il camerino, lei prende qualche vestito". Ma poi arriva il momento dei tir. "Arrivano due tir pieni di roba. Qualcosa la tengo, i pupazzi appunto. Il resto, vestiti, scarpe, le Barbie Barbara d’Urso, le cartelline iconiche con scritto B d U, addirittura le buste shock di Live – non è la d’Urso, le vendo". "Organizzo una vendita di beneficenza a favore della cooperativa sociale Arimo". E in quel momento, nel mezzo degli scatoloni, succede qualcosa: "Mi ritrovo in mezzo agli scatoloni". "Mi è stata riportata indietro la mia vita per intero". "Mi siedo per terra, e sento chiaramente che quell’istante non significa solo ritrovarsi in mezzo alle mie cose. Piuttosto ritrovarmi davanti a me stessa, quella che sono stata fin lì, infanzia inclusa". Il vuoto, però, non fa più paura. "Un’immagine: il vuoto. Ma in quel vuoto ci sono io. E io il vuoto lo so riempire". Non è ancora tempo di tornare in tv. "Non è stata una mia scelta, ma ho deciso di non parlarne. Per ora". Ma è il tempo delle pirouette. "Col maestro privato io facevo quello che volevo e credevo di essere bravissima: le pirouette perfette, con lui che mi teneva. Arrivo al corso, e scopro di essere più indietro di tutte". "Alle lezioni di gruppo aggiungo quelle private". "Le pirouette le faccio da sola. Anche quattro di seguito". E la paura? Quella vera, quella di sempre? "Le vipere. Sempre loro".
