Il mito vivente, Giorgio Moroder. 3 Premi Oscar (Fuga di mezzanotte, Flashdance... What a Feeling e Take My Breath Away in Top Gun), 4 Golden Globe, 2 Grammy e il David di Donatello speciale nel 2024. Qui la carriera riassunta in breve di uno dei più grandi maestri di sempre. E poi ci sono stati i Daft Punk, la collaborazione con Donna Summer, il cinema ma sempre, in ogni luogo, in ogni punto del mondo, l'eco della sua musica. Moroder si è raccontato a Elvisa Serra sul Corriere e ha ripensato ai tempi della guerra, alla felicità provata davanti a un piatto di patate e polenta, ma anche all'amore trovato tra le braccia della sua attuale fidanzata. Una cuoca greca “Stiamo molto bene insieme”. A quasi cinquant'anni dalla hit “Love to love you Baby” con Donna Summer, Moroder: “Mi aprì le porte dell'America”. E precisa subito: “Gli orgasmi nella versione lunga del pezzo? Era tutto finto. Cioè, andò così: lei faceva fatica a fare quei versi, così feci uscire tutti dallo studio di registrazione, il tecnico, il produttore, compreso il marito, spensi le luci e lei fece tutto da sola. Come un'attrice”. L'emozione di aver condiviso un palco, e vissuto la musica assieme a David Bowie. Il genio. Anzi, i geni. Freddie Mercury (con cui aveva inciso Love Kills)? “Difficile lo era in senso musicale: molto esigente, un perfezionista, bravissimo. Quel titolo era abbastanza autobiografico, per lui”. E poi tra le varie collaborazioni per Moroder è arrivato il tempo di ritirare un secondo Oscar, per Flashdance, ma non andò a ritirarlo. Come mai? “Ero in Giappone per un film e in quel momento non mi sembrava così importante andare. Ripensandoci a distanza di tempo, mi è dispiaciuto. Comunque di premi ne ho ricevuti tanti, non mi posso lamentare". Ma a quale premio tiene di più Giorgio Moroder? “A parte il David di Donatello, direi il primo Oscar, per Fuga di mezzanotte, nel 1979”.

Tra pezzi del cuore che hanno segnato le persone e se stesso (dice che il brano a cui è più affezionato è “Take my breath away”), Moroder alla giornalista parla di suo figlio e della sua impresa per fare tatuaggi, ma anche di quella bomba che è stato il successo con i Daft Punk. Le cui parole “My name is Giorgio, Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio” ancora non si staccano dalla testa. “Quello dei Daft Punk è stato un bel successo, l'album ha vinto il Grammy. Era un po' di tempo che il loro manager mi chiedeva se volevo fare il deejay, ma a me sembrava un po' riduttivo: io sono un compositore. E invece poi quando l'ho fatto mi è piaciuto moltissimo! A Londra perfino davanti a 50 mila persone, a Hyde Park, c'era pure Rod Stewart: come cantante non sarei mai riuscito”. Ma attenzione. Il nostro è ancora al lavoro per un progetto che sulla carta sembra già clamoroso. “Ho appena fatto per The Weeknd un adattamento radiofonico di tre minuti di Hurry Up Tomorrow”. E la musica italiana? Come la interpreta? E soprattutto, la ascolta? “Ascolto ogni settimana i primi 50 artisti scaricati su Spotify. Mi piacciono Achille Lauro, Sfera Ebbasta, Olly, Giorgia. Di Geolier mi piace la voce, ma non capisco i testi”.