Se la bellissima attrice 27enne Sydney Sweeney avesse firmato una linea di rossetti o di tè drenanti, probabilmente nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Ma una saponetta sì, galeotta fu la saponetta. Parliamo della barretta di sapone da 8 dollari lanciata con Dr. Squatch, brand per la cura della pelle e dell’igiene maschile, immersa presumibilmente nell’acqua (usata) della vasca da bagno in cui l’attrice di Euphoria si sarebbe lavata poco prima. Ed ecco che online, orde di indignati femministi prêt-à-porter si sono sentiti in dovere di emettere sentenze su cosa sia accettabile o meno per una donna che capitalizza la propria immagine. Si grida quindi alla mercificazione del corpo e al tradimento della causa femminista, come se l'autodeterminazione passasse attraverso una forma approvata di “decoro”. E mentre Sydney Sweeney viene accusata dai leoni da tastiera di “riportare il femminismo a 100 anni fa”, effettivamente tra un commento e l’altro si torna davvero al secolo scorso, quando il corpo femminile non poteva essere soggetto economico, ma solo un oggetto da osservare. Purtroppo ammetterlo dà ancora fastidio a molti: se una donna bella e famosa decide di ironizzare sul proprio sex appeal e farci sopra un bel po’ di soldi, improvvisamente non è più padrona del proprio corpo, ma colpevole di tradire tutte le donne del mondo. Eppure, da quello che ricordo, nessuno ha avuto da ridire quando il marchio di fragranze Side Hustle Vibes si è ispirato alla famigerata scena hot di Saltburn, lanciando una candela al profumo della vasca da bagno in cui si sollazzava Jacob Elordi. Riguardo la viralissima “Jacob Elordi’s Bathwater Candle” si è parlato di scene bollenti, ricerca estetica, provocazione e sensualità. Perchè la masturbazione maschile è cool, è testosterone. Questa, invece, è solo una poracciata sessista perché a farla è una ragazza bionda, giunonica, mainstream e con le tette grosse. Insomma, ci scandalizziamo solo quando a mercificarsi è una donna consapevole e vincente, ma quando il soggetto è un uomo, applaudiamo il genio e la performance.
E oltretutto - sciocco da sottolineare, ma necessario - sarebbe anche il caso di dire che no, quella saponetta non è stata davvero immersa nell’acqua della vasca usata da Sydney Sweeney. Ci eravate cascati anche voi? Dermatologicamente parlando, sarebbe illegale commercializzare un prodotto igienico contaminato dalle vagonate di microbi che si trovano in una vasca da bagno. Si tratta quindi di marketing, di un packaging ben congegnato per vendere a un target di uomini (Incel che odiano le donne? O solitari bisognosi?) armati di smartphone comodamente seduti nella propria toilette. Tuttavia i moralisti del web non hanno tempo per i dettagli, troppo occupati a ripulire l'immagine del femminismo con la spugna dell’indignazione, accanendosi solo sulle donne che non rientrano nei loro canoni di accettabilità politica. Ma dai, ragioniamo un secondo. Sydney Sweeney ha fatto quello che fanno da anni gli uomini nel mondo dei profumi, dei liquori, delle sneaker e delle mutande di Calvin Klein: ha giocato con il proprio sex appeal, ci ha fatto branding, ci ha guadagnato. E questo, a quanto pare, è intollerabile. Ma come diceva Wanna Marchi, che di marketing ne sapeva più di molti opinionisti da tastiera: “i co*****i vanno in***ati!”. Però guai se a farlo è una donna bionda, con un sorriso smagliante, una quarta abbondante e un saponetta in mano.
