Ancora una storia cruda, ancora una storia cattivissima e desolante. Questo è il cinema di Mauro Mancini, da Feisbum a Non odiare, attraversato da quella linea marcata che è la forma che assume la disperazione. Mani Nude (dal romanzo di Paola Barbato) è una roba ruvida, un film su un ragazzo soprannominato Batiza (Francesco Gheghi), “che se vuole continuare a vivere deve fare ciò che gli viene detto”. Deve mangiare, allenarsi per poi trovarsi a combattere come i cani di Iñárritu in Amores Perros. A farsi male, a uccidere, per tirare avanti. Una formula, quella della lotta contro la vita, che conosciamo benissimo e abbiamo visto varie volte, anche nel classico di Fukasaku Battle Royale, nelle più mainstream Squid Game, Black Mirror e più in generale in tutti quei prodotti seriali o non (soprattutto nei figli del cinema asiatico) che mettono sempre i diseredati, i debitori, al centro di una sfida orchestrata dai più potenti per farli rinascere. Anzi, uccidere, “solo se non si vuole morire”.

Mani Nude racconta un mondo disumano abitato de “le bestie che si scontrano”, “fighetti” e “i cani minori” (Paolo Madonna). La vera novità, e forse l’aspetto più interessante del film (e presumibilmente anche del romanzo), si mostra quando nessuno combatte, si manifesta negli sguardi dei due protagonisti. Meno concentrati sulla lotta, più attenti noi al legame tra Batiza e il suo istruttore Minuto (Alessandro Gassmann). Anche se, va detto, per il resto, il risultato finale è che sia tutto un po' forzato. Un film sospeso in un luogo che potrebbe essere ovunque e in un tempo che non conosce minuti e ore, nel mezzo un ragazzo come tanti, con addosso peccati da fronteggiare (da cui non c'è scampo, persino negli ambienti freddi di una Chiesa), che è costretto a sfidare le proprie paure, ad ascoltare il corpo, a “imparare il dolore” per restare in questo mondo. Rimanere. L'unica vera battaglia che tutti noi non siamo chiamati a scegliere. In Mani Nude non c’è neppure un vero e proprio plotone d’esecuzione, ma solo un uomo contro un altro. O tu, o io. Come la performance, e in generale la capacità attoriale, del suo protagonista, che ci mette al muro. Quella di Francesco Gheghi (di cui vi avevamo parlato anche qui). Un attore giovanissimo che si sta prendendo il cinema italiano e che ha anche girato il cortometraggio La buona condotta, vincitore come Migliore Opera Prima ai Premi Speciali dei Nastri d'Argento 2025. Ha solo 21 anni, Francesco Gheghi. Ed è lui in Mani Nude che riesce davvero a far avvicinare lo spettatore a sé, alle ferite di chi si trova con la morte in mano, ma vuole resistere anche se non sa neppure chi essere. Perché Gheghi è Batiza, ma ci somiglia, è un ragazzo qualunque, ma con un passato assurdo. Batiza non vuole morire, 'perché nessuno vuole andarsene'. Forse, però, più che della fine, ha paura della solitudine.

