Il cinema italiano si scrolla di dosso l’ambiguità e – forse – comincia a parlare chiaro
Ci sono volute immagini di dolore e di proporzioni insostenibili, ma qualcosa – forse – si muove. Anche in Italia. Anche nel cinema. Lo abbiamo visto ai David, un po’ anche durante il festival del cinema di Venezia dello scorso anno e in questi giorni a Cannes, negli ultimi mesi anche attraverso alcune dichiarazioni social di lavoratori della settima arte. Ora anche Nanni Moretti ha deciso di parlare. E lo ha fatto a modo suo: diretto, netto, senza possibilità di equivoci. In un post su Instagram, il regista romano ha puntato il dito contro Benjamin Netanyahu, chiedendogli: “Ma quanti palestinesi devono ancora morire perché tu sia soddisfatto e finalmente la smetta?”.
Parole forti, parole dure. Moretti prende posizione. Scende in campo. Il suo messaggio arriva mentre cresce, anche nel mondo culturale italiano, il bisogno di chiamare le cose con il proprio nome. Di denunciare il dolore, di chiedere aiuto e attenzione. Il regista di Caro diario, che ha appena subito un intervento al cuore, non ha tempo da perdere. E nemmeno voglia di tergiversare. Il suo post ha raccolto migliaia di commenti in poche ore, tra applausi, critiche e accuse (sempre pronte a comparire ogni volta che si osa anche solo nominare i palestinesi). E allora sì, forse è il momento di chiederci: il cinema italiano si sta svegliando su Gaza? O siamo ancora lì, a calcolare quanto possiamo permetterci di dire, in nome della pace, senza compromettere niente?
