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Abbiamo visto Maschi Veri su Netflix, ma com’è? Un’occasione mancata. Ma perché le serie italiane non riescono mai a raccontare il presente?

  • di Alessio Simone Iannello Alessio Simone Iannello

25 maggio 2025

Abbiamo visto Maschi Veri su Netflix, ma com’è? Un’occasione mancata. Ma perché le serie italiane non riescono mai a raccontare il presente?
Maschi veri su Netflix ci ha convinto a metà: da una parte i temi centrali e il cast funzionano alla grande, dall’altra sembra un’occasione mancata. Manca il coraggio di spingersi oltre, di graffiare davvero, di fare casino sul serio e dire, senza filtri, cosa vuol dire essere uomini (veri) oggi

di Alessio Simone Iannello Alessio Simone Iannello

C’è un certo tipo di commedia italiana che, pur senza mai lasciare davvero il segno, si lascia guardare con piacere. Maschi veri, nuova serie Netflix, rientra esattamente in questa categoria: gradevole, ben interpretata, ma fondamentalmente innocua. Un prodotto che gioca con temi attuali come la mascolinità in crisi e la cultura “woke”, ma lo fa con un’ironia garbata e priva di reale mordente.
Ambientata in un’Italia borghese, ordinata e pulita, la serie racconta le goffe difficoltà di un gruppo di uomini quarantenni nel confrontarsi con un mondo che cambia. Lo spunto è interessante, ma la scrittura si mantiene sempre un passo indietro: evita il rischio, smussa gli angoli, preferisce sorridere anziché far riflettere davvero. Sembra voler criticare certi pensieri retrivi, ma lo fa con troppa prudenza, come chi ha qualcosa da dire ma teme di disturbare. Il confronto con prodotti come il cinema di Massimiliano Bruno o Tutta colpa di Freud è inevitabile: Maschi veri condivide lo stesso tono da commedia “da salotto”, quella che non affonda mai nel reale ma si tiene a distanza di sicurezza. È come se gli autori osservassero il cambiamento culturale da fuori, senza riuscire a raccontarlo con profondità. Il risultato è una serie che diverte, sì, ma non scuote, non provoca, non resta. Uno dei limiti più evidenti è nel modo in cui vengono tratteggiati i personaggi più giovani. Il personal trainer è una caricatura: ingenuo al limite dell’assurdo, protagonista di una scena legata alle “challenge” social che sfiora il ridicolo. Anche la figlia adolescente del protagonista appare stereotipata e poco credibile, specie quando cerca di spingere il padre verso nuove relazioni in modi che suonano forzati. Più che personaggi, sembrano strumenti narrativi.

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Maschi veri Dalla serie Netflix (2025)

Eppure, nonostante i limiti, Maschi veri riesce a intrattenere. Merito soprattutto del cast, che eleva una scrittura debole con interpretazioni solide. Thony è luminosa: riesce a dare spessore anche a un ruolo secondario, quello della moglie del personaggio di Sermonti. Sermonti stesso è il cuore emotivo della serie: malinconico, misurato, umano. Il suo personaggio è uno dei pochi a lasciare davvero qualcosa. Gli altri attori si muovono bene, con mestiere e naturalezza. Nessuno stona, anche se nessuno riesce a imporsi davvero. Non è colpa loro: è la scrittura a non dare slancio. E così la serie finisce per assomigliare a tante commediole italiane degli ultimi vent’anni: avete presente quei film con il cast in posa su fondo bianco e il titolo in rosso? Maschi veri è esattamente quel tipo di prodotto. Gradevole, ma non memorabile. La consiglierei? Sì, soprattutto per il cast, che merita. È una serie che non pretende troppo e che si lascia guardare con leggerezza. Ma sarebbe bello, un giorno, vedere una serie italiana che osi davvero raccontare il presente, senza paura di sporcarsi le mani, di disturbare, di dividere. Una serie che usi la commedia per far ridere e pensare, senza filtri. Per ora, ci accontentiamo di sorridere. Ma continuiamo a sperare.

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