In finale al Premio Campiello c’è un libro che quest’anno, semplicemente, merita tutto. Per quello che mi riguarda la letteratura sta al mondo come l’uomo al mistero, è una ricerca, è un metodo, è una poetica del vivere. Ma soprattutto è una riscrittura di fronte a qualcosa che si srotola continuamente intorno a noi, in un labirinto di possibilità, impulsi, dolori, gioie e felicità che raramente comprendiamo eppure cogliamo con insostenibile chiarezza. L’amore, tanto quanto la follia, sentimenti, soprattutto il secondo, a buon mercato nel contesto editoriale odierno, avvelenato com’è di imposizioni algoritmiche e trend. La follia più dell’amore, si diceva. O l’amore a un livello solo apparentemente profondo, talvolta folle, talvolta associato a stati di salute compromessi. Tutto questo è un modo di programmare il romanzo come vorremmo programmare il successo. Ci sono invece libri che tutto questo lo distillano dalla vita reale, dalla letteratura vivente. Dalla storia, per esempio di Ferdinando Palasciano e Olga de Wawilov, il medico e la paziente che si innamorano e andranno a vivere nella torre a Capodimonte (oggi torre Palasciano). Negli ultimi anni della vita di Palasciano subentrerà la follia che con incredibile e inaspettata incapacità non riuscirà mai a buttar fuori dalla torre l’amore. È questo il punto. Una relazione che appare irragionevole si trasforma nell’unica cosa ragionevole quando tutto inizia a sfibrare. Queste cose non si imparano. Tuttavia, possono essere raccontate.

Lo fa Wanda Marasco con il suo Di spalle a questo mondo (Neri Pozza 2025), romanzo portentoso, praticamente perfetto, giocato sulla qualità della lingua così come sulla qualità della storia, in un gioco di riflessi tra vita e sogno, o, come direbbe Jean Guitton, tra sogno da svegli e sogno nel sonno, dove tutto va perdendosi e proprio per questo lo ritrovi, lo discuti, non puoi più aggirarlo. Lo vivi intensamente, come Ferdinando e Olga, lui folle, lei zoppa, entrambi innamorati e dunque più lucidi, più forti di gambe di qualsiasi essere umano che non si è mai davvero sbilanciato, mai si è scomposto, mai ha vissuto con intensità non misurabile. Che è poi, dopotutto, mondo il per la letteratura e il mistero per la vita. “Lei a fissare il volto sfingeo speculare al suo. Aveva sentito che l’angelo le proponeva un enigma: che cosa erano la lacuna immensa e il sortilegio di una creazione sbagliata? E sé stessa rispondere quieta e terrificata che era semplicemente la vita”.
