Stavolta giocavamo in casa. Lontani da Hollywood, vicini al nostro nucleo. Siamo a Roma, a Cinecittà: ci sono i David di Donatello edizione 2024. In confronto alla piatta notte degli Oscar della Rai, quella dei David è stata decisamente più movimentata. Lo è fin dall’inizio, con le incertezze di Fabrizio Biggio (era un esordio) e le introduzioni di Carlo Conti e Alessia Marcuzzi (comunque rivedibili). È stata la notte di Paola Cortellesi, ma anche (e per certi versi soprattutto) di Matteo Garrone e Io capitano. Nel mezzo, tanti ospiti, interventi scomposti, Nanni Moretti con le mani in preghiera ed Emanuela Fanelli rossa di vino. Una differenza rispetto alle altre annate, forse, sta nell’impegno che ogni film in concorso ha dimostrato: impegno sociale, nel senso più largo del termine. Lavoro, guerra, migrazioni, accoglienza, parità. Politica. Ogni pellicola di questa edizione ha cercato di dire qualcosa su di noi, sul mondo che abitiamo. E questo è già un ottimo punto di partenza. Anche per questo, infatti, i voti sono alti. Momenti meno seri, sia chiaro, ci sono stati, e ne renderemo conto. Ecco le pagelle di MOW della notte dei David di Donatello.
Carlo Conti – Voto: 5
L’uomo che il posto fisso non lo lascia. Sono le prove generali di Sanremo? Speriamo di no. La sensazione è che ci sarebbe potuto essere chiunque al suo posto.
Alessia Marcuzzi – Voto: 5
Si sbatte, corre, ride, fa battute, ricorda aneddoti. Cerca di mettere un po’ di furore nella conduzione, ma Conti non la segue. Spumeggiante per forza. Con troppa forza.
Fabrizio Biggio – Voto: 6.5
Ha l’attenuante della prima volta. Ci ha sicuramente provato, niente da dire, e alcune situazioni non erano facili da gestire (si veda la premiazione ai costumisti).
Mahmood – Voto 7
OrmaiTuta Gold è parte dell’inconscio collettivo (anche basta), e quei “fiori” da fumare hanno un po’ stancato. L’emozione, però, è vera e l’ammirazione per i concorrenti sincera. Carlo Conti lo propone come attore: lui punta a essere Jim Carrey. Mahmood-Mask.
Paola Cortellesi – Voto: Lautaro Martinez
Si prende tutto, ma stecca i due premi più prestigiosi. In ogni caso, questo sarà ricordato come il suo anno. Del capitano dell’Inter non indossa la “dieci”, ma a forza di fare le scale per salire sul palco le sono venuti dei polpacci simili. Dinamica.
Matteo Garrone – Voto: 10
Come le statuette portate a casa in carriera. Stavolta sono sette per Io capitano, comprese quelle per Miglior film e Miglior regia. L’autore di questa edizione è lui. E chi lo accompagna dice cose pesanti, senza retorica (Kouassi Pli Adama Mamadou – Voto: 10).
Ogni tanto, dal palco principale, la regia si muove verso altre zone degli studi di Cinecittà. Scelta non gradita a tutti, in particolare ai premiati per i Migliori costumi.
Sergio Ballo – Voto: 5.5
Vincente per i costumi di Rapito di Marco Bellocchio, si lancia in un j’accuse un po’ confusionario. Apprezziamo il tentativo e in parte condividiamo la stizza per essere relegati a bordo delle scale. Il punto del suo discorso, però, non è del tutto chiaro. In così poco tempo non è mai facile.
Emanuela Fanelli – Voto: 7 (gin tonic)
Ammette di aver preso un drink di troppo e l’equilibrio ne risente. È al secondo David e il cielo sembra essere il suo unico limite. Ci piace. Se vuole un aperitivo fatto bene, noi ci siamo. In ogni caso, i soldi pubblici per il suo cicchetto di fine serata sono ben spesi: “Barista, il solito”.
Elio Germano – Voto: il miglior attore italiano
Il miglior attore italiano. Il miglior attore non protagonista. Il migliore italiano vivente, e non parliamo solo di attori.
Michele Riondino – Voto: 7.5
Palazzina Laf in grande spolvero con tre statuette. Il regista non si esalta, ma mette in primo piano la sua città. È grazie a Taranto che si è preso quel palco, e lui non lo dimentica. Onore.
Giorgio Moroder – Voto: The Sound of The Future
Anche solo le musiche per i film con cui ha vinto l’Oscar ci gasano terribilmente: Take My Breath Away di Top Gun, Flashdance… What a feeling per Flashdance e la colonna sonora di Fuga di mezzanotte. Il suo nome è Giovanni Giorgio, ma tutti e per sempre lo chiameranno Giorgio. Rappresenta il passato che si proietta nel futuro. Grande il tributo che gli dedica Giorgia con I feel love (Voto: 8).
Nanni Moretti – Voto: Devoto
Si veste nello stesso modo da tempo immemorabile (ma son gusti). Per gran parte del tempo tiene le mani in preghiera. Cerca aiuto da lassù: “Speriamo di finire presto”. Con un passato come il suo non ci aspettavamo la conversione. Non alla sua età.
Claudia Gerini – Voto: “Il primo”
Non si sa perché, urla a Elio Germano qualcosa a proposito di un suo “primo” David (il primo da non protagonista?). L’attore, però, ne ha già cinque a casa. Senso e non-senso.
Vincenzo Mollica – Voto: Non si quantifica
È la Storia e il pubblico (in platea, da casa, da tutto il sistema solare) glielo riconosce. Niente da aggiungere: sarebbe superfluo.
Paolo Sorrentino – Senza voto
Palesemente passava lì per caso. Magari aveva la testa a Cannes, dove presenterà il suo prossimo film. “Scusate, dov’è l’uscita?”.
Milena Vukotic – Voto: 10 (tiè)
Dopo aver preso il David alla carriera ricorda quella volta in cui un regista le confessò di non credere in lei. Non carismatica come Anna Magnani, non bella come Gina Lollobrigida, disse il nostro. Rivincite ne abbiamo?
Non ce la sentiamo di dare un voto a Stefano Fresi e ad Andrea Delogu, relegati in cantina al ruolo di comprimari. Forse sarebbe stato meglio dar loro più spazio. Forse avrebbero dovuto stare sul palco. Peccato, il potenziale era tanto.
Alice Rohrwacher – Voto: 6
Con La chimera ha avuto un grande successo e senza dubbio è l’autrice più internazionale. Peccato per il mancato successo. In futuro, però, l’Oscar non è utopia.
Marco Bellocchio – Voto: 7.5 (in stile Ibrahimovic)
Parla con l’arte, il maestro Bellocchio. “Avevo delle battute ma le ho già usate in passato”, confessa. Della serie: “Ho vinto tutto e ho parlato abbastanza”. Anche stavolta, infatti, le statuette sono cinque. Ricorda il primo Zlatan Ibrahimovic in conferenza stampa per arroganza (legittima) e aura. Rispetto per tutti...
Lo sappiamo: quest’anno i voti sono alti. Ma tutti gli artisti in gara hanno dimostrato di essere di livello altissimo. Alcuni non si discutono, ovviamente, come Marco Bellocchio o Nanni Moretti. Altri sono il presente e il futuro: Paola Cortellesi e, soprattutto, Matteo Garrone e Alice Rohrwacher. I Michele Riondino e gli Elio Germano, poi, li rivedremo sempre lì, in prima linea a lottare. In attesa della prossima edizione, ci auguriamo solo che la conduzione cambi marcia (e volti). I David di Donatello 2024 sono storia. Le sale dei cinema si spera possano tornare piene, perché quella è l’unica condizione che può rendere queste celebrazioni sensate e memorabili. E questo vale anche per noi che le raccontiamo.