Daniele Luchetti è tornato a dirigere un altro film (dopo Lacci e La scuola) tratto dai romanzi di Domenico Starnone, Confidenza. Una confidenza è quella che si sussurrano all’orecchio i protagonisti di questa storia: Pietro Vella e Teresa Quadraro (Elio Germano e la grande attrice di teatro Federica Rosellini). Un giorno Pietro, uno stimato professore di lettere, va alla ricerca della sua ex studentessa Teresa dopo aver saputo da alcuni suoi amici che la ragazza aveva abbandonato gli studi per fare la cameriera. Galeotto fu un tavolo di un ristorante, i due si rincontrano, si amano per qualche anno, si vorranno per una vita intera. Ma siamo sicuri che questa relazione (poi finita) che torna ininterrottamente a bussare alla porta di Pietro sia dettata dall’amore e non dall’ansia? Sì, perché quel segreto che i due tempo prima si erano confidati è stato ciò che ha allontanato Teresa dall’uomo che credeva di conoscere. Una rivelazione che ha spostato l’amore, l’ha portato via da ciò che erano. Ma cosa si saranno detti di così sconcertante? Il film ci tiene col fiato sospeso fino all’ultimo secondo, in sala non si fermano i brusii, c’è addirittura chi azzarda qualche ipotesi sul contenuto di quella confessione così apparentemente scabrosa. Il punto però è un altro. Poco importa che cosa abbia svelato quell’uomo, quello che ci trasmette Confidenza è il perentorio assalto nella gattabuia del nostro pensiero da parte della nostra signora Angoscia. Tra ansia e senso di persecuzione (Luchetti riesce meravigliosamente nella costruzione di tunnel, di spazi chiusi in cui si trovano a vivere i personaggi di questa storia), noi per tutto il film ci siamo chiesti cosa avrà fatto di così sbagliato Pietro. Spoiler, nessuno ci dice nulla, si arriva ai titoli di coda senza risposte e così la pistola la rivolgiamo contro noi stessi, ci interroghiamo sull'esistenza di un segreto che, se uscito allo scoperto, potrebbe impedirci di vivere come Pietro. E subito qualcosa troviamo. Perché ciascuno di noi ha qualcosa che non ha mai rivelato, sia pure "solo" un pensiero intrusivo mai divenuto concreto, ma che, se svelato, secondo noi, sarebbe capace di distruggere il castello di carta dove lo abbiamo nascosto. O peggio ancora noi stessi e la nostra “credibilità”.
Confidenza è un film che obbliga a guardarsi dentro, pone domande, senza curarsi delle risposte. Starnone in Lacci scriveva “abbiamo imparato entrambi che per vivere insieme dobbiamo dirci molto meno di quanto ci nascondiamo”; in Confidenza la segretezza, la cosa celata, si è avvicinata a ciò che si è costruito ma che non è del tutto reale, come una relazione d'amore appannata tra due persone che credono di sapersi e che invece, forse come Pietro e sua moglie Nadia (Vittoria Puccini), non si sono mai “visti davvero”, perché non si sono mai confessati niente di veramente intimo e personale (come invece era accaduto tra Pietro e Teresa).
Pensai: ci innamoriamo di persone che sembrano vere, ma non esistono, sono una nostra invenzione; questa donna così ferma, dalle frasi così scandite, questa donna senza timidezze, sferzante, non la conosco, non è Nadia. Una cosa è la persona amata, altra cosa è la persona reale che finché l’amiamo non vediamo mai davvero. Quanto tempo, mi dissi, sprechiamo nei rapporti amorosi. In questi anni ho felicemente inventato una persona. (D. Starnone, Confidenza, p.41)
Elio Germano è la rosa rara del cinema italiano e per questo bisogna prendersene cura dando lui dei ruoli che gli permettano di fiorire. Pietro Vella entra così a far parte dei personaggi meglio interpretati e riusciti dell’attore romano. I tratti distintivi di Germano-attore sono la delicatezza e il rapporto con il vuoto, l’intangibile. Questo lo si è visto in Il giovane favoloso o nel più leggero Magnifica Presenza. Il suo contatto vellutato con l’indefinito lo trasforma sul grande schermo in un uomo/ attore extra-ordinario. In Confidenza quando Pietro si sente perduto, tormentato dall’idea che quel segreto possa rovinare tutto e così bruciare inevitabilmente la sua carriera, si avvicina al cornicione del tetto di casa sua e in bilico tra il nulla e il pavimento, alza le braccia al cielo e grida, grida più forte che può come se attraverso quelle urla riuscisse a cancellare le paure che gli stritolano il cervello. E a tradurre tutto questo in suono, in musica, è il lamento del più grande cantore del "ciò che non và" di tutti i tempi: Thom Yorke.