Un colpo di fortuna (titolo orig. Coup de Chance) non c’entra niente con Matchpoint, né con Interiors, tantomeno con Io e Annie, eppure Woody Allen con questo film a metà tra una commedia dolceamara e un soft thriller ci racconta ancora qualcosa. È la storia di Fanny e Jean, una coppia sposata che vive a Parigi. Giovani, pieni di soldi (c'è pure una buona dose di satira anti-borghese) assetati di Margaux e divoratori di foie gras. Lei lavora in una casa d’aste, lui di mestiere fa quello che permette ai ricchi di esserlo ancora di più. A lei piace leggere, a lui andare a caccia. A chi si starà - giustamente - chiedendo a quale personaggio tocchi impersonificare Woody Allen, la risposta è Fanny, la tonta, stralunata, sognatrice innammorata proprio come quel protagonista immancabile nei suoi film, che sembra attraversato dagli eventi o dalle pulsioni. L'alter ego del regista. Fanny sulla strada verso il lavoro incontra Alain un ex compagno di scuola di cui, dopo poco, si innamorerà perdutamente. Alain è l’opposto di Jean, è un uomo umile, hipster, onesto di sentimenti e di ideali, è carne che brucia di vita. E Fanny si innamora di lui proprio per questo, perché rivede in Alain tutto quello che temeva di aver perso per strada, un lato di sé dimenticato da troppo tempo e che ora invece, si è riacceso. Jean venuto a sapere del tradimento farà di tutto per cancellare la liason tra i due giovani innamorati… Ma cosa ci insegna questo film che sembra l'ennesima storiella alla Woody Allen e una ripresa di Anna Karenina?
Cesare Pavese nel Mestiere di Vivere scriveva: “Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, amore, disillusione, destino, morte”. L’arrivo di un antagonista nella storia d’amore fra Jean e Fanny scombussola il presunto equilibrio della coppia, ne rivela le differenze fino a quel momento sopportate e mitigate con cura. Fanny aveva scelto Jean perché era diverso dai suoi ex, è risoluto, maturo, responsabile. Insomma un uomo per bene che come ci insegna la oramai dolorosa cronaca quotidiana spesso e volentieri si traduce nell'alibi perfetto di un maschio che in realtà è un pezzo di me*da assassino. La trama per nulla originale e rivoluzionaria si trova a vivere in un susseguirsi di luci, colori e scenografie impressionanti che riempie tutti i buchi di una idea narrativa trita e ritrita, dandole grande valore cinematografico (e poi gli attori, differentemente dagli ultimi film del regista, sono davvero bravi). Sempre Pavese diceva che in una coppia di fidanzati vige un costante rapporto di scambio, l'uno lascia nelle mani dell'altro dei simboli e sta al referente del messaggio comprenderne il significato. A questo trip semiotico, Woody Allen preferisce rispondere con delle immagini. Come nei quadri impressionisti, gli stessi che venderebbe Fanny nella casa d’aste dove lavora, gli stessi che riportano su tela l’allure e l’anima di una Parigi senza forma, Woody Allen e il magnifico Vittorio Storaro colorano le scene con una tavolozza di colori prima freddi, per rappresentare quasi sempre l’interno domestico, il corridoio, la presenza di Lui, Jean, l’assassino, poi caldissimi con una saturazione portata ai massimi storici nelle scene d’amore, di Fanny e Alain, e in quelle di ritrovata serenità. Interno ed esterno, una gabbia e un prato. Sembra che Woody dopo aver visitato il Mouse de l'Orangerie e Le Ninfee di Monet ne sia rimasto stregato e abbia deciso di usare il pittore francese come suo spirito guida che aleggia anche in Un colpo di fortuna. Non manca il jazz, come in ogni colonna sonora dei film di Allen che si rispetti, la musica delle notti magiche, della reverie, non abbandona quasi mai il film neanche nella scena in cui qualcuno deve prepararsi a morire. O a farsi ammaz*are? Solo ad un certo punto il suono scompare, il sogno si infrange e si torna a guardare la realtà dei fatti. Ancora una volta sembra che l'artista quasi novantenne di New York voglia traslitterare nel suo film quell'amore ovattato che avrebbe voluto vivere lui stesso (senza crimini efferati) puntualmente stroncato da qualcuno, da qualcosa. In questo film si parla sì di fortuna ma anche di sfiga, di quello che succede quando un rapporto viene impedito, un amore resta incastrato, bloccato nel tempo. Come Alain che rincontra Fanny dopo anni e le ricorda l'effetto che gli faceva vederla passare fra i banchi di scuola, come il loro rapporto autentico e forte scoperto per un segno del destino e poi finito male. Pensiamo ora a noi, a quando ci viene chiesto quale sia l'amore più forte, energico, passionale che abbiamo mai provato. Spesso e volentieri lo andiamo a ripescare nel passato, perché, guarda caso, è già finito. E forse il bello è proprio questo, quando tutto resta racchiuso nel ricordo di ciò che è stato. E dove finisce la memoria incomincia la fantasia che va ad aggiungere elementi, sfumature di un sentimento mai consumato fino in fondo e per questo il più intenso della nostra vita.