Partiamo dal titolo. La chimera è una: “Ipotesi assurda, sogno vano, utopia”. Ognuno nella vita ne insegue una senza mai afferrarla, come la banda di avidi tombaroli che nel film di Alice Rohrwacher brama soldi facili, come Arthur (Josh O’Connor) che ricerca un amore che forse non rincontrerà mai più. E poi c’è invece chi ce l’ha fatta ad acciuffare la sua chimera, come è successo all'attore Josh O’Connor, che dopo aver passato mesi a inviare lettere senza mai ricevere risposte a “Alice Rohrwacher, Umbria, Italia”, ha ottenuto l’attenzione e il ruolo che sognava. Il film di una delle registe più interessanti a livello mondiale che guarda al cinema neorealista, a Fellini e ammorbidisce i tratti spigolosi dei titoli pasoliniani, chiude la trilogia iniziata con Le meraviglie nel 2014 e proseguita con Lazzaro felice nel 2018, presentando al centro sempre il rapporto tra noi e il passato. In un luogo immaginario tra le terre abbandonate dalle persone e dal tempo del Lazio settentrionale e della Toscana meridionale vivono i tombaroli, uomini che si guadagnano da vivere trafugando reperti etruschi, scoperchiando le loro tombe. Alice e Alba Rohrwacher da piccole sentivano spesso parlare di loro, in treno, luogo in cui diverse sequenze del film sono ambientate. Al capo di queste spedizioni clandestine c’è Arthur un giovane inglese dal cuore infranto (per aver perso la sua amata Beniamina) e dall’anima buona che, come in Lazzaro felice sarà causa di molti problemi. Ma è giusto o non è giusto riaprire le tombe, deturpare la morte, derubare le anime di chi non c'è più? Forse sì, o forse no. Questi uomini verosimili in La chimera vivono in un luogo per noi inverosimile, un paesino in cui le case, come quella vicina alla ferrovia: “Sono di tutti, quindi di nessuno”. Proprio come i reperti riportati alla luce dai tombaroli, sarebbero di tutti ma alla fine sono nelle mani di nessuno. Il progresso sembra non essere mai arrivato in queste terre lasciate da parte (di cui vi abbiamo già parlato in un altro articolo su MOW, citando Dickens in Lazzaro felice). Il mondo sotterraneo appartiene a questi trafficanti e loro possono farci quello che vogliono, grazie a Arthur, possono spezzare, distruggere, vendere a un ricettatore tutto quello che scovano sottoterra. Ma quei doni disposti da chi un tempo sognava una vita in più per il proprio caro perdono la loro funzione benevola nel corso degli anni? Gli oggetti muoiono con noi?
Si dice che i doni votivi, tanto quanto i sacrifici, siano serviti nel corso della storia per ricordare gli uomini agli dei. Ed è curioso pensare che la parola associata a questi oggetti preziosi e ai corredi funebri si traduca in greco proprio con mnemata, "ricordi". Ma allora i tombaroli, questi pazzi, cosa fanno, strappano dai corpi vuoti i ricordi di qualcuno per confidarli ai ricettori e poi ai trafficanti internazionali? Del resto, quando sentiamo parlare di opere d'arte antica, nessuno sa mai esplicitarne il valore. La risposta é sempre “beh, è inestimabile”. Ed è vero, come inestimabili sono i ricordi di anime perse chissà dove. Ma come funzionava questo losco sistema in Etruria (e non solo) che nel secolo scorso (anche nel 2023 sono stati scoperti scavi illegali e numerosi casi di contrabbando di opere d'arte antica) portava tanti spicci nelle casse di questi scapestrati? Per quanto possa sembrare assurdo, fino a qualche tempo fa, sapere che archeologi (finti e veri) si riportassero a casa, non una cartolina o un selfie del proprio lavoro, ma magari un vero e proprio pezzo di marmo “come ricordo” degli scavi appena conclusi non era poi così inusuale. Le case erano piene di reperti del passato. Noi esseri umani, venali o non, abbiamo sempre maturato una innegabile curiosità nei confronti di ciò che c'è stato prima di noi. Pensiamo ai documenti dei bisnonni, a quegli oggettini tramandati con cura da una mano a un’altra per generazioni, si è sempre voluto far sopravvivere un pezzo del passato per far compagnia al presente e rassicurare il futuro. Nel film, il personaggio di Italia (Carol Duarte) rappresenta la morale, la buona coscienza. Italia è una cantante finita a stirare le lenzuola per la sua insegnante Flora (Isabella Rossellini)che, innamoratasi del vedovo Arthur tornato a far visita all’anziana suocera, quando capisce il lavoro del misterioso inglesino sarà la prima ad avvertire la polizia per cercare di ostacolarlo. Perché Arthur di mestiere fa il tombarolo. Peggio, fa il capo dei tombaroli. Ma redarguirlo serve a poco, l'uomo a lei preferisce l’odore delle case dei vecchi come diceva Jep Gambardella, anzi, le tombe dei morti.
In La chimera c'è tanto chiacchiericcio, confusione e poco dialogo. Arthur non si espone, anche perché parla inglese in un piccolo paese dominato da autoctoni che ciancicano pure l'italiano, sta sempre zitto. Quel silenzio di Lazzaro nel secondo film della trilogia della regista umbra, di un ragazzo presente nelle scene ma con niente da dire, in La chimera oggettifica qualcuno che non c'è, è assente, Arthur. Più di cinquant'anni fa, un grande pittore di nome Osvaldo Licini - che come la Rohrwacher era più famoso all'estero che in italia - rivolgendosi al filosofo Franco Ciliberti in una lettera del febbraio 1941 scriveva: "Ti scrivo dalle viscere della terra la ‘regione delle madri’ forse, sono disceso per conservare incolumi alcuni valori immateriali, non convertibili, certo, che appartengono al dominio dello spirito umano. In questa profondità ancora verde, la landa dell’originario forse, io cercherò di recuperare il segreto primitivo del nostro significato nel cosmo". Sembra che a scrivere queste parole sia stato Arthur in persona, vecchio e giovane insieme (la regista inizialmente aveva pensato a un attore di mezza età) incapace di descrivere quello che vede, un uomo buono vissuto a poche tenerezze, che fa i conti con il senso di colpa. In una scena del film, il capo dei tombaroli immagina che tutti i passeggeri siano di colpo animati da voci di persone morte, le stesse a cui avrebbe sottratto i corredi funebri. Lamenti di donne e uomini che vorrebbero riavere indietro qualcosa di cui hanno urgente bisogno. Arthur di fronte a tutto questo si blocca e si rifugierà sempre di più nei sentieri impervi dell'incomunicabilità arrivando a pensare di aver sempre cercato sottoterra tutto quello che non c'era al di fuori di essa. Persino l'amore per la sua scomparsa Beniamina sembra essere rimasto laggiù nelle viscere della terra.