Un talento chiamato Alice Rohrwacher, la regista poco conosciuta in patria e apprezzatissima all’estero, sopratutto in America, ha ottenuto lo scorso anno una nomination all’Oscar per il corto Le Pupille realizzato assieme a niente meno che Alfonso Cuarón. Dopo Hollywood, Alice si è messa di nuovo all'opera e ha scritto un nuovo film, La chimera, presentato al Festival del cinema di Cannes e riproposto in questi giorni al Rome Film Fest (uscirà nelle sale il 23 novembre). L’Italia centrale e rurale (i suoi genitori sono apicoltori), i misteri, la Chiesa, e l’adolescenza. Ricorre sempre in ogni suo lavoro, la storia, la mano aperta che accarezza il cinema di Alice Rohrwacher da sempre legato al confronto atavico con ciò che siamo stati e c’era prima di noi. La chimera (che per la prima volta ha un cast internazionale) chiude la trilogia iniziata con Le meraviglie nel 2014 e proseguita con Lazzaro felice nel 2018, in cui viene sviscerato il nostro rapporto con il passato. La Rohrwacher ha raccontato ad Hollywood Reporter che da piccole lei e sua sorella (e attrice feticcio), Alba, sentivano parlare spesso dei cosiddetti “tombaroli” in Etruria. Degli uomini che rubavano e strappavano via dalle mani di un morto e di un intero Paese la bellezza dei suoi reperti storici e oggetti preziosi per venderli nel mercato nero del collezionismo. Sfidando la legge dei morti, dell’invisibile. Ma come si fa ad entrare dentro quelle tombe vecchie di tremila anni? Alice si è data una risposta: “Queste persone non temono il sacro”. Ha continuato: “Per questo ho pensato al personaggio dello straniero, un uomo senza radici, di cui non sappiamo nulla, che inseguendo una leggenda cerca le sue radici proprio là: sotto terra”. C’è un rapporto tra i vivi e i morti come fosse uno scambio. Quelle suppellettili e offerte deposte che venivano fatte in nome di un Dio (che secondo Erodoto erano garanzie di grazia e protezione per il defunto e per la sua famiglia) ancora oggi vengono trafugate da questi barbari arricchiti. Certo eh, che questa storia non deve aver fatto una bella impressione ai produttori e alle piattaforme di streaming. Ma Alice “la sovversiva” non ha paura di niente, perché per lei il cinema non ha ganci.
Nei suoi film c’è la fede anarchica, spazio per parlare di risurrezione ma anche sequenze bucoliche, con bontà disseminata come il grano per gli uccelli, immagini di sudore, di corpi, di odori. Lazzaro, felice, (con cui ha conquistato, ex aequo, il Prix du scénario, premio destinato alla miglior sceneggiatura nel 2018) è uno dei diamanti grezzi del cinema della Alice Rohrwacher. La storia di una comunità di mezzadri ignari di quello che succede al di là delle montagne, abituata a rispondere agli ordini della “Regina di sigarette” (marchesa Alfonsina De Luna, proprietaria dispotica di un'estesa piantagione di tabacco). Tra gli abitanti di questa fittizia regione nell'Italia centrale, spicca Lazzaro, un ragazzo felice, appunto, che pagherà (in un primo momento) la colpa di essere una brava persona. “Sente un odore, che cos'era? L’odore di un uomo buono” (Lazzaro Felice, 2018). Quel progresso che non attraversa la loro terra e l’inevitabile e successivo passaggio che piaceva tanto raccontare a Charles Dickens delle popolazioni che migrano dalle campagne alla città, non è ben accolto dai cittadini emigrati che non scovano niente che vorrebbero davvero. Forse era meglio quella terra inesplorata, ma che allo stesso tempo, come avrebbe detto lo scrittore Cesare Pavese: “sembrava tremare”. Fatti veri almeno in parte e fino a un certo punto, come cantano le bambine di Le Pupille di Alice Rohrwacher, un corto piacevole ambientato in un collegio. Le protagoniste sono proprio queste piccole bimbe impegnate a preparare una recita scolastica per la vigilia di Natale mentre fuori dalla porta c'è la guerra. Le orfanelle sono pure, così tanto che le stesse suore vendono le loro preghiere (che secondo i cittadini potevano veramente far cessare il fuoco) in cambio di denaro. Tra le supplici c'è anche una donna che chiede di pregare cosicché il suo amante torni da lei e in cambio offre una zuppa inglese a tutte quante. Cara Alice, ti sei creata uno spazio tutto tuo, come scriveva Sylvia Plath nei Diari: “strano (e striminzito solo in Italia, un Paese che non ti merita ndr) ma sufficiente per starci dentro felice”. È solo questione di tempo, lo sai che qui le cose vanno sempre per le lunghe...