“Io, Noi, Gaber” è il titolo del documentario diretto da Riccardo Milani presentato alla Festa del Cinema di Roma che celebra il grande e compianto Giorgio Gaber. La lotta contro le etichette, quella disperata continuità con Pasolini, il ruolo di onesto intellettuale che ha saputo guardare il mondo e spiegarcelo. Il Signor G è stato l’uomo che si è preso sulle spalle la responsabilità di guidare un Paese (quando non c'erano le istituzioni) attraverso il teatro-canzone, chiedendosi sempre dove fossero le persone, da che parte guardassero, ben aggrappato agli ideali. Né di destra, né di sinistra. Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra? “Il saluto vigoroso a pugno chiuso è un antico gesto di sinistra, quello un po’ degli anni Venti un po’ romano, è da st*nzi oltre che di destra” (Destra-Sinistra, 1995/1996). Ascoltare le parole di Giorgio Gaber ancora oggi a distanza di più di vent’anni dalla sua morte fa un certo effetto. Causano ancora disagio e imbarazzo come se avessero la stessa forza di allora. Ma sono i problemi ad essere sempre gli stessi? O era Gaber ad essere stato così tanto avanti da riuscire a predire il futuro? Il Maestro ha irradiato con la sua verità l'Italia e alcuni grandi nomi del mondo dello spettacolo ispirati dalla sua poetica: Sandro Luporini (mitico), Massimo Bernardini, Pier Luigi Bersani, Claudio Bisio, Mario Capanna, Francesco Centorame, Jovanotti, Vincenzo Mollica, Gianni Morandi, Giulio Rapetti - Mogol, Michele Serra. Questi e molti altri sono gli intervistati nel film, impossibile citarli tutti. Io, Noi, Gaber racconta la sua storia, la sua musica, la sua famiglia (menzione d'onore alla figlia, Dalia Gaberscik), la sua terra, il suo teatro da quel tenero, oggi malinconico, Non arrossire al rock nel quale si confrontava con Adriano Celentano, i surreali numeri con Jannacci, il ritorno al teatro puro dove ha dato voce alla sua “immortalità” e agli anni affollati...
“Anni affollati non riesco più a smaltirvi, c'è troppo poco oblio, anni affollati di gente che ha pensato a tutto, senza mai pensare a un Dio, anni affollati di paure, ricatti, di impossibili guerre, anni di terapie” ( Anni Affollati, 1981/1982). Gaber quando cantava si riferiva alla gente di quei tempi. Eppure sembra che parli ancora di noi, e lo faccia ora, dolcemente, sussurandoci all'orecchio, questa volta però direttamente dal “termine del mondo”. Sa bene di cosa sto parlando un giovane e bravissimo attore di nome Francesco Centorame, che nel documentario ha ammesso di aver sofferto in passato di attacchi di panico e che a indicargli un luogo sicuro, quello che gli psicologi ti chiedono di figurare quando si è in un forte stato ansioso, è stato lui, Gaber. E cinque anni fa, quando arrivò il tempo del primo set di SKAM, resosi conto che molti ragazzi della sua età non lo conoscevano si è proposto di rimediare, decidendo di contattare Lorenzo Luporini, nipote dei due Maestri, Sandro Luporini e Giorgio Gaber nonché divulgatore innamorato presso la Fondazione Gaber e di girare insieme le università, le scuole superiori, facendo degli spettacoli per i ragazzi. Questo perché Luporini e Centorame hanno capito che anche i nostri sono anni affollati e che vogliamo ancora: “(Essere) Liberi, sentirsi liberi, forse per un attimo è possibile, ma che senso ha se io sento in me, la misura della mia inutilità, per ora rimando il suicidio e faccio un gruppo di studio, le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani, far finta di essere sani” (Far Finta Di Essere Sani, 1973/1974). Gaber oltre che spiegare il disagio dell'uomo costretto a rientrare nella claustrofobica definizione di normalità, è stato così tanto avanti da riuscire il secolo scorso a toccare anche grandi tabù, come il famigerato tema della masturbazione, che secondo l'artista sarebbe la prima forma di interezza perché: “a nessuno si può raccontare il proprio sesso, quanto sia scuro, profondo, illimitatamente libero, si deve andare fino in fondo fino alle oasi più vergognose che sono poi quelle più vere, mi fanno ridere quelli che la chiamano disperata solitudine” (La Masturbazione, 1981/1982). Caro Signor G, oggi come ci vede da lassù? Come sta? Nella riflessione sul comico, il filosofo Hegel diceva che il vero umorismo è impensabile senza l’infinito buonumore. Non lo scherno, non la satira, non il sarcasmo. “Solo dall’alto dell’infinito buonumore - scriveva Milan Kundera in La festa dell’insignificanza- si può osservare sotto di se l’eterna stupidità degli uomini e riderne”. Ecco, Gaber me lo immagino proprio così. In questo infinito buonumore, da qualche parte.