Ma se un film si rivela un fiasco, come fanno i produttori a non andare in bancarotta? A rispondere a questa e a tante altre domande sullo stato di salute dell’industria cinematografica italiana è Paolo Mereghetti, tra i più grandi esperti della settima arte che mezzo mondo ci invidia. Le sue recensioni taglienti e raffinate per il Corriere della Sera (e non solo) fanno tremare attori e registi. Cosa avrà detto del mio personaggio? Gli sarà piaciuto il mio film? Partendo da una riflessione sul cinema per molti considerato di “nicchia” di Emma Dante e Alice Rohrwacher, registe che hanno appena presentato nelle sale Misericordia e La chimera, passando per il film dell'anno di Paola Cortellesi, C'è ancora domani, di cui tutti sono divenuti estimatori solo dopo il successo delle sale piene del Belpaese, ci ha detto la sua sulla nomination di Matteo Garrone ai Golden Globe con Io capitano (confermato anche nella short list dei migliori quindici film stranieri agli Oscars 2024), e ci ha spiegato perché il potere delle piattaforme da molti ritenuto infallibile sta cominciando a vacillare. E sul suo dizionario dei film (il più venduto d'Italia), Il Mereghetti...
Di recente le registe Emma Dante e Alice Rohrwacher hanno detto che i loro film (Misericordia e La Chimera) sono stati distribuiti per pochissimo tempo in pochissime sale d’Italia, c’è chi parla di “cannibalizzazione” dei film più mainstream e con grandi produzioni rispetto a tutto il resto. Lei cosa ne pensa?
Alice Rohrwacher ha parlato ancor prima che il suo film La Chimera avesse un improvviso ritorno di fiamma nelle sale. Grazie a una campagna su TikTok, che forse è stata favorita dalla produzione, la regista ha sottolineato il valore del suo La Chimera, facendo sì che il film tornasse a riempire le sale dove era programmato. Quindi è un discorso più sfaccettato di quello che facevano immaginare le prime lamentele. Poi certo, è vero quello che dicono entrambe le autrici cioè che i loro film si propongono già a un target di “nicchia” e fanno i conti con il gusto del pubblico. Se gli spettatori italiani tendono a preferire altri titoli al cinema è chiaro che gli esercenti poi finiscano per favorire quelli che hanno ottenuto maggior successo. Il discorso da fare sarebbe piuttosto sulle strategie di lancio di questi film chiedendosi, ad esempio, perché la 01 Distribution abbia aspettato novembre per mandare fuori La Chimera della Rohrwacher che a Cannes diversi mesi prima aveva ricevuto molti applausi, magari se fosse uscito subito avrebbe trovato un percorso meno accidentato. Poi, come ha scritto anche il critico Roy Menarini qualche tempo fa, sarebbe interessante domandare alla Rohrwacher e alla Dante che tipo di considerazione hanno del pubblico, loro vanno giustamente avanti per la loro strada con una certa coerenza, ma devono fare i conti con il fatto che in sala ci si aspetta qualcosa di diverso. Per quanto riguarda Emma Dante poi, non è detto che un grande successo a teatro (Misericordia è nato come spettacolo teatrale) si trasformi in un grande successo cinematografico.
Ma se i film restano nelle sale pochi giorni come fanno a coprire le spese?
Sicuramente il meccanismo produttivo nazionale permette da un lato di attingere ai contributi del Ministero, poi ci sono il tax credit (aumentato durante la pandemia) e le piattaforme, penso a Netflix, Prime ma anche a Mubi più legato al cinema d’autore. Insomma, mi sembra che tutto ciò permetta di arrivare in pari con i costi di produzione, così da poter scongiurare grandi tragedie. Del resto, tanti anni fa anche Irving Thalberg della Metro-Goldwyn-Mayer sosteneva che per ogni dieci film pensati per incassare lui voleva farne uno che fosse bello senza preoccuparsi dei soldi. Poi bisogna anche pensare al fatto che se un film partecipa a Cannes, penso di nuovo a quello di Alice Rohrwacher, acquista un valore aggiuntivo che poi ritorna non solo in biglietti ma in autorevolezza, favorisce contatti con altre produzioni, attori…
Come funziona il sistema di erogazione dei finanziamenti?
Ci sono delle categorie dove un produttore può presentare la richiesta. Esistono dei fondi per le opere prime e seconde e per quelle di alto livello economico, ad esempio. E poi ci sono delle commissioni che decidono di finanziare o no certi film, naturalmente le risorse non sono infinite e di solito se per le opere prime e seconde si possono avere più contributi (non parliamo di cifre stratosferiche) che riescono a soddisfare più domande, per i lavori ad alto costo produttivo invece la commissione ha finanziato solo alcuni tra i film che hanno fatto richiesta ad esempio scegliendo tra i pochi Rapito di Marco Bellocchio. Un’altra cosa fondamentale da tenere a mente è che i film italiani da due anni a questa parte hanno la possibilità di avere un tax credit del 40% sul budget. Così il Ministero ha dato prova di essersi preoccupato dello stato di salute del cinema durante il periodo pandemico, permettendo alle persone di continuare a lavorare nonostante i limiti imposti dal Covid.
È vero che il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi è stato respinto dai fondi ministeriali perché non ritenuto di elevata qualità artistica?
Il film della Cortellesi non è stato respinto. Facciamo chiarezza, la Wildside che produce il film ha fatto domanda nel settore dedicato ai fondi per i film ad alto costo produttivo (cioè quelli che costavano più di quattro milioni di euro) non di elevata qualità artistica. È successo che, alla sezione successiva Wildside anziché presentare nuovamente il film di Paola Cortellesi ha preferito presentare il film di Saverio Costanzo, Finalmente l’alba che ha poi ottenuto il finanziamento. Ecco perché le polemiche sono infondate. Il discorso è questo: bisogna presentare la domanda nella categoria più giusta. Poi c’è da chiedersi una cosa, questo film, C’è ancora domani, Paola Cortellesi l’ha presentato alla commissione della Biennale di Venezia? Io non lo so, però quando è stato presentato a Roma nessuno ha gridato al capolavoro. Sono stato uno dei pochi ad averlo notato per la sua bellezza. Poi il successo inaspettato del film ha trasformato improvvisamente tutti in grandi estimatori.
Cosa ne pensa dell’iniziativa “Cinema revolution” promossa dal Ministero che ha abbassato il prezzo dei biglietti al cinema a 3,50 euro?
Senza dubbio è stata una iniziativa interessante che però ha fatto i conti con il fatto che questa estate sono usciti molti film non europei, penso all’ultimo film di Nolan oppure a Barbie. Ricordiamo infatti che questa bella iniziativa ha permesso allo spettatore di acquistare il biglietto a un prezzo molto ridotto soltanto per i film europei o italiani. Sicuramente ci sono dei titoli che grazie al Cinema Revolution hanno avuto un ritorno mediatico ed economico maggiore rispetto a quando erano usciti nelle sale, Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti è tra questi.
Secondo lei le piattaforme hanno distrutto il modello standard cinematografico? Rappresentano un modello positivo o negativo?
Ha sicuramente cambiato il modo con cui la gente usufruisce dei film, nel senso che per andare al cinema si deve uscire di casa, bisogna rispettare un orario particolare, fare i conti con i trasporti, il parcheggio, le piattaforme invece ti offrono la possibilità di decidere che cosa vedere, quando e come vuoi tu. Certo durante la pandemia le piattaforme sono state fondamentali, oggi però le persone stanno cominciando a uscire di nuovo, desiderano tornare in sala. Il fatto è che il loro sistema, da molti dichiarato “infallibile”, sta incominciando a vacillare. La prova incredibile di questo è il caso del film Avatar 2. Gli esercenti avevano dovuto firmare il contratto per poterlo programmare nelle sale (è arrivato persino a 48 milioni di euro) per poi accettare che dopo 45 giorni il film sarebbe finito su Disney+, eppure così non è stato. Sono passati cinque o sei mesi prima che Disney+ decidesse di inserirlo nella sua programmazione perché il passaparola, che solo il cinema può produrre, è una qualità che nessun sito riesce a contrastare. Poi c'è da dire un'altra cosa, un film per resistere al cinema deve avere delle qualità spettacolari e sociologiche, non può essere un bidone, se noi sfogliamo l’offerta delle piattaforme invece ci accorgiamo che passiamo mezz’ora per capire cosa vedere perché ci sono tante offerte simili, serie e film che sembrano fatti con lo stampino. I titoli che ci sono al cinema invece, Barbie, Oppenheimer ma penso anche a Cento Domeniche e Palazzina Laf o al nuovo Un colpo di fortuna di Woody Allen, devono essere di qualità. Il punto è che la gente ha bisogno di un’esperienza collettiva, di scambiarsi degli sguardi una volta usciti dalla sala, di parlare di quello che si è appena visto. Questa cosa qui le piattaforme non lo fanno, e se ci facciamo caso possiamo anche notare che ci sono molte meno serie tv che sfondano.
Possiamo parlare di un trend positivo del cinema?
Beh, un mese fa hanno inaugurato il Cinema Modernissimo a Bologna e giusto ieri ero al telefono con Gian Luca Farinelli che mi diceva che tutte le proiezioni sono per l’80% piene e l’aspetto curioso è che la gente riempie le sale per vedere film vecchi, magari muti, magari in bianco e nero, ecco, se continuiamo a offrire un prodotto di qualità al cinema sono sicuro che assisteremo a un cambiamento assolutamente positivo.
Che cosa ne pensa lei dell’ultimo film di Garrone e della nomination ai Golden Globe?
Sono molto contento della nomination a cui ho in parte contribuito perché sono uno dei votanti. Devo essere sincero, non penso che vincerà Garrone, credo che Anatomia di una caduta conquisterà più consensi. Io capitano non è il suo film più bello, c’è questo desiderio da parte dell'autore di unire una parte realistica di storia, di questo viaggio con una narrazione più fantastica e favolistica che sembra sospendersi… Ecco questi due elementi ho avuto l’impressione che non fossero perfettamente fusi. Tuttavia, speriamo che il suo film vinca, è ovvio, ma non solo ai Golden Globe anche agli Oscars perché Io capitano ha avuto un grande successo nonostante fosse decisamente difficile, recitato con una lingua quasi sempre incomprensibile, con numerose scene di silenzio… Forse Emma Dante, tornando alla domanda di partenza, farebbe bene a ripensare alle sue scelte cinematografiche, perché Garrone con un film complesso sulla carta è riuscito comunque ad andare benissimo e a ottenere consensi dalla critica.
Ci può dire se il suo dizionario dei film, il famosissimo Mereghetti uscirà nel 2024?
Per fortuna no, ogni tanto bisogna respirare! Il dizionario non esce tutti gli anni, a volte ogni due anni, altre volte ogni tre anni, dipende. Certo che lo sforzo fatto per questa edizione del 2023, mi riferisco all’edizione trentennale, è stato parecchio elevato. Ora se ne riparlerà nel 2025.