Cinecittà, 1953. Una ragazza semplice di nome Mimosa (Rebecca Antonaci) partecipa a un casting per fare la comparsa per un film peplum ambientato nell’antico Egitto. Dopo aver varcato la soglia degli studios romani, la vita della giovane viene completamente stravolta. Tutto, in Finalmente l'alba di Saverio Costanzo (in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia), succede in una notte, un po’ come in Doppio sogno di Arthur Schnitzler e si conclude al sorgere del sole, con la protagonista cambiata e cresciuta che ha finalmente scoperto chi è. Costanzo con questo film vuole farci vedere cosa sarebbe potuto accadere se Wilma Montesi fosse scampata alla morte. Il caso Montesi è un fatto di cronaca che ha scosso l’Italia del benestare, dei frizzanti e floridi anni Cinquanta, della ripresa economica del secondo Dopoguerra, dell’ascesa di Cinecittà. L’affaire Montesi ebbe una grande rilievo mediatico a causa del coinvolgimento di numerosi personaggi di spicco nelle indagini successive (il giallo ha bussato anche alle porte della DC). Wilma Montesi era una ragazza bellissima di origini modeste che voleva fare l’attrice, sogno stroncato quel 9 aprile del 1953 sulla spiaggia di Torvaianica, dove venne rinvenuto il suo corpo dopo essere scomparsa da ben due giorni. Ma chi l’ha ammazzata, e perché?
In Finalmente l’alba si parla più in generale della violenza che le donne tutt’oggi subiscono fuori e dentro lo show business, attraverso le storie di Wilma e di Mimosa (con lieto fine).
In un'intervista a Vanity Fair, Costanzo ha dichiarato che: “Wilma è un archetipo: quando leggo di femminicidio sui giornali mi viene in mente l’immagine del suo cadavere su quella spiaggia. L’Italia è un Paese pericoloso per le donne. E una questione culturale. Ho raccontato una storia degli anni Cinquanta per essere più libero, per guardare senza le lente dei sociologismi”. Saverio Costanzo che ha diretto le splendide serie l’Amica Geniale e In Treatment ha mantenuto in questo film il gusto italianissimo e vagamente barocco della fiction italiana che però, fuori dal piccolo schermo e dalle case delle casalinghe del Bel Paese, semplicemente, non funziona. Compagno di Alba Rohrwacher (anche lei nel film), il regista ha scelto niente meno che Willem Dafoe (Rufus Priori) tra gli interpreti principali, peccato che nemmeno il suo nome e la sua ineccepibile bravura siano riusciti a salvare Finalmente l’alba. Il film dedicato al compianto papà del regista (e della televisione italiana), Maurizio Costanzo, è forte a livello tecnico, ha costumi, luci di grande livello, un’ottima fotografia e una sinossi davvero accattivante. Peccato però che tutto il resto sia abbastanza da rivedere. La cgi (computer generated imagery) con cui è stata realizzata la tigre nella scena finale, ad esempio, non si può guardare. Ma il problema più grande è il seguente: un buon 90% del film si basa sulla difficoltà di comunicazione tra la protagonista e le star americane. Continue e ridondanti sequenze bloccate in un’impasse di comunicazione: tutti gli attori parlano inglese e Mimosa che conosce solo il romano se ne sta zitta, basita, come ne “Gli occhi del cuore” di Boris, il tutto espanso in più di due ore di film.