Nelle sale italiane molto spesso troviamo film diretti (e anche sceneggiati) da attrici che continuano a fare la storia del cinema italiano. Solo lo scorso anno abbiamo assistito al debutto alla regia di Pilar Fogliati, Paola Cortellesi, Kasia Smutniak e Margherita Buy. Nelle ultime settimane anche di Michela Giraud e Margherita Vicario. Che sta succedendo? La maggior parte di questi film hanno alla base un racconto che scava dentro la biografia e l'intimità di chi li ha pensati. Michela Giraud con Flaminia ha deciso di portare sul grande schermo uno spaccato di verità personale, raccontando la vita assieme alla sorella con il disturbo dello spettro autistico, di cui l’attrice comica ci aveva già raccontato qualcosa nei suoi monologhi. C'è invece chi ha scritto un lungometraggo per trovare una soluzione, un antidoto per scacciare una paura, come è accaduto a Margherita Buy con il suo esordio alla regia, Volare, al centro del quale ha inserito la sua fobia di prendere l'aereo. Kasia Smutniak ha preferito fare luce su cose e fatti a lei cari ma un po' sconosciuti, ponendo l’attenzione nel suo esordio alla regia, Mur, sulle conseguenze di un governo sovranista e intollerante sui migranti che cercano di attraversare il confine fra Polonia e Bielorussia.
Oltre a Paola Cortellesi e Pilar Fogliati, negli ultimi anni abbiamo visto anche Valeria Golino, Claudia Gerini, Laura Morante, Michela Cescon e Micaela Ramazzotti dietro la macchina da presa. Per Gerini a spingerla verso la regia sarebbe stata la “consapevolezza di potermi autodirigere dopo tanta esperienza e così ho lanciato il cuore oltre l'ostacolo. Ora ci meravigliamo ma Castellitto, Verdone, Rubini sono altrettanti esempi, secondo me è una sorta di evoluzione naturale di alcuni interpreti che hanno voglia di esplorare e prendere un po' il timone in mano”. Touché. Ad ogni modo, anche se sono pochi i film che ci hanno davvero convinto (tra questi annoveriamo l'interessante sperimento di Gloria di Margherita Vicario) speriamo comunque che questa non sia soltanto una fase e che anzi, diventi un'occasione per migliorarsi e così riuscire ad affermare nuovi talenti nella regia cinematografica nazionale e internazionale, ambito che non viene di certo ricordato per numero di presenze femminili. Peggio ancora se le registe sono emergenti e sconosciute visto che, alla fine, a un produttore, distributore, spettatore potrebbe far più gola una storia scritta e interpretata da un personaggio già noto del mondo dello spettacolo piuttosto che una proposta di un/a giovane emergente. Del resto, secondo uno studio sulla parità di genere nel cinema europeo curato da EWA – European Women’s Audiovisual network, le registe in Italia nel 2014 erano soltanto il 25%, quelle iscritte alle scuole di regia ancora meno, appena il 17%, contro il 41,5 delle iscritte alle scuole di cinema in generale. ll motivo? Le ragazze sarebbero in primis scoraggiate a scegliere la carriera da regista, perché rispetto alle numerose difficoltà riscontrate anche dai colleghi maschi, a queste si sommano le innegabili difficoltà di genere. Quindi apriamo le porte alle nuove firme del cinema, a chi ha voglia di riscoprirsi ma anche (e soprattutto) a chi desidera costruirsi una carriera.