Per molti, Le Iene e la credibilità giornalistica orbitano da sempre su due rette parallele, destinate a non incrociarsi mai. Questo a causa di ben più di un singolo scivolone (sciagurato caso Stamina in primis) di cui la trasmissione Mediaset si è resa protagonista nel corso degli anni. Forse anche per questo, nell'ultimo lustro il programma ha virato verso scherzi e monologhi-testimonianze vip lacrimestrappa, allontanandosi dalle inchieste tout court e da temi spinosissimi come quello delle cure sperimentali. Così lo show è tornato a intrattenere, macinando pure ascolti medio-buoni. Poi, però, ci sono gli spin-off. E questi spin-off, in genere, approfondiscono casi di cronaca nera noti al grande pubblico, dandone spesso una visione di segno opposto rispetto a quanto stabilito dalla giustizia nostrana. Tali spin-off d'inchiesta prendono il nome di "Inside", durano minimo tre ore e minano parecchie certezze processuali: citiamo, per esempio, lo spazio dato alle teorie innocentiste riguardo a Olindo Romando e Rosa Bazzi, in carcere perché riconosciuti colpevoli della strage di Erba. Le Iene, nel 2020, si erano occupate, in un'ottima inchiesta XXL realizzata da Cristiano Pasca, anche del controverso suicidio di Mario Biondo, giovane videomaker ritrovato, il 30 maggio 2013, impiccato nella casa di Madrid dove abitava con la moglie, la celebre conduttrice iberica Raquel Sánchez Silva. Ieri sera, giovedì 16 novembre 2023, la trasmissione del Biscione è tornata sulle ombre di questo tuttora inspiegabile caso di cronaca. E lo ha fatto in risposta a una serie Netflix, Le Ultime Ore di Mario Biondo, uscita alla vigliacca la scorsa estate, verso Ferragosto. Un documentario in tre puntate messo in piedi apparentemente al solo scopo di screditare la famiglia della vittima, coinvolta e "raggirata" dagli autori, nonché la stessa trasmissione di Italia 1, accusata di voler far caciara, e quindi ascolti, vampirizzando il dolore dei coinvolti. Come sia morto Mario Biondo ancora non si sa. Chi abbia ragione tra i due litiganti, Netflix e Mediaset, invece è oltremodo cristallino. Ripercorriamo i dettagli della vicenda che, purtroppo, scopriremo presto essere divenuta, collateralmente, anche l'ennesimo pretesto di cui Le Iene e Selvaggia Lucarelli si sono serviti per tornare a bisticciare in contumacia a causa di vecchi rancori mai sopiti...
La Spagna vuole darci lezioni di giornalismo e imbastisce una serie d'inchiesta prodotta dal migliore amico (ed ex manager) di una delle protagoniste di questa storiaccia di cronaca nera, Guillermo Goméz. Che figura anche come autore e testimone in video dei fatti. Partiamo agili. Il coinvolgimento dell'uomo, tra l'altro, non era stato esplicitato alla famiglia Biondo né a nessun altro dei coinvolti all'interno del documentario. Che, altrimenti, prevedibilmente si sarebbero mangiati la foglia, scappando via a gambe levate per l'evidente parzialità dello sceneggiato - meglio chiamarlo così - che stava per essere realizzato.
I punti critici della ricostruzione spagnola sono infiniti, menzioneremo solo i più evidenti. Partiamo dalla foto del cadavere di Biondo per come sarebbe stato ritrovato dalla donna delle pulizie alle 17 di quel pomeriggio del 30 maggio 2013. L'immagine, anche solo a colpo d'occhio, non ha senso: si vede l'uomo impiccato tramite foulard a cappio larghissimo legato a un mobiletto che a sua volta mai avrebbe potuto reggere il peso del giovane. Tutto ciò che viene detto riguardo allo scatto nel documentario iberico è: "Troviamo disgustoso che la madre di Mario lo abbia pubblicato sui social". Fine. Del resto, l'intera narrazione è volta a minare la credibilità, il decoro e il nome della famiglia Biondo. Che passa per una masnada di disperati, pure mezzi stalker, ossessionati dall'estremo gesto del figlio e incapaci di farsene una ragione seppur a dieci anni di distanza. Non a caso, mamma Santina, una volta vista la serie, ha dichiarato a El Mundo di essersi sentita "usata" dal progetto Netflix Spagna. E, in effetti, è così che è andata.
La piattaforma della grande N ha potuto legalmente realizzare "Le Ultime Ore di Mario Biondo" perché la ricostruzione dei fatti si basa, paro paro, sull'inchiesta spagnola che ha archiviato il caso come "suicidio" e che non se ne parli più. Lo ha fatto, però, tramite indagini a dir poco grossolane. A partire da quella prima autopsia, valida in terra iberica, redatta da un medico che non ha notato un colpo sulla nuca di Mario e nemmeno il doppio livido circolare che il cadavere pur riportava intorno al collo. "Ho messo in evidenza i segni che potessero confermare la morte per suicidio, al resto non ho fatto caso", si è giustificato lui. E, proprio per questo, è stato radiato.
La serie Netflix omette totalmente tale "dettaglio" come anche tantissimi altri, emersi nel ramo italiano dell'inchiesta. Su tutti, citiamo le dichiarazioni della vedova Raquel in aula. Ossia una spossante sequela di "Non so", "Non ricordo" che ha mandato ai matti gli stessi inquirenti in aula di tribunale. La notte prima del ritrovamento del cadavere del marito, la donna era a casa con lui? Non è chiaro. Perché ha fatto cancellare oltre 900 GB dal computer del marito prima di restituirlo alla famiglia? Chissà. Come mai si è messa a dire pubblicamente che Biondo fosse un cocainomane all'ultimo stadio quando dall'esame del capello non risulta facesse uso di stupefacenti? Mistero. Tra l'altro, chiamate e messaggi a pusher vari ed eventuali partivano puntualmente dal telefono di lei, non da quello di lui. Ma, a quanto pare, nulla di tutto ciò è stato considerato rilevante né dalla giustizia spagnola, né dallo sceneggiato che ha finito per essere "Le Ultime Ore di Mario Biondo". Purtroppo, l'unica versione di questa storia che l'intero mondo potrà vedere.
Nella serie compare anche Selvaggia Lucarelli, sostanzialmente per parlare di Emme Team (ce ne siamo occupati qui) e di quanto sia bislacca la televisione italiana, sempre pronta a vampirizzare casi di cronaca nera pur di racimolare qualche punto di share. Il riferimento è chiaramente a Le Iene, di cui scorrono le immagini in sovraimpressione. Delle tre ore di speciale che Pasca ha dedicato al caso, si sentono solo i tre secondi in cui l'inviato dice: "Siamo un programma di infotainment". Montaggi tendenziosi e dove trovarli.
La trasmissione di Davide Parenti ha fatto benissimo a dedicare tre ore di tempo per rispondere alle pesanti accuse del documentario spagnolo. Certo, si tratta di un copia e incolla dell'ottima inchiesta di Pasca con Roberta Rei che interviene di raccordo per rispondere colpo su colpo a quelle che nella serie iberica vengono spacciate per granitiche certezze. Ma che non lo sono. Non mancano, ovviamente, gli affondi verso Selvaggia Lucarelli, arci-nemica del programma di Italia 1 dai tempi del presunto hackeraggio di alcune foto private di Elisabetta Canalis (ipotesi reato da cui, alla fine, l'opinionista è stata assolta). La nostra ai microfoni di Netlix dice candidamente che, si sa, "Le Iene fanno cherry picking, ossia scelgono le informazioni che gli servono per ricostruire una storia nel modo in cui hanno già scelto a monte di raccontarla". Invece, questa volta no. Ed è parecchio ironico, a ben guardare, che l'accusa arrivi dall'interno di uno sceneggiato - sì, proseguiamo a chiamarlo così - che è, nei fatti, raccoglitore di ciliegie per eccellenza. Perché omette ciò che non gli conviene e dà spazio a quello che invece accrocchia alla bell'e meglio la narrazione desiderata.
Triste, in ogni caso, che la morte di un ragazzo nel fiore degli anni sia ancora avvolta nel mistero. E, ancor di più, che diventi pretesto per scaramucce mediatiche tra "nemici" televisivi nostrani. Un pensiero alla famiglia Biondo, nella speranza che possa presto trovare la giustizia che merita.