Il tema del “caro vacanze” ha un senso solo se lo si analizza dall’interno della bolla mediatica italiana. Da giorni, si fa un gran parlare di quanto i prezzi siano schizzati alle stelle per godersi qualche giorno di relax in una delle nostre città d’arte, spiagge o montagne. Per far ulteriormente risaltare il fenomeno c’è persino chi ha azzardato paragoni con altri Paesi fino a qualche anno fa improbabili anche solo da considerare mete turistiche alternative all’Italia. Consumerismo No Profit, ad esempio, ha messo a confronto prezzi e tariffe delle principali mete balneari albanesi con quelle nostrane. Risultato: “In Italia i servizi turistici costano fino al 248% in più rispetto alle località balneari dell'Albania”. Si apprende così che “dormire 7 notti in una delle località di mare più note dell'Albania, dal 21 al 28 agosto in camera doppia, la spesa minima parte dai 175 euro a Valona fino ad arrivare ai 420 euro di Qeparo” mentre “nella stessa settimana, in Italia, un soggiorno parte da un minimo di 564 euro a Milano Marittima, 735 euro a San Vito Lo Capo e 889 euro a Villasimius”. Confronti improbabili, appunto, ma che sono utili per spiegare due tendenze: 1) quella di rendere ormai turistica qualsiasi meta; 2) quella dei costi improponibili delle italiche coste e montagne.
Il discorso del “caro vacanze” rischia però di crollare del tutto se usciamo dal nostro recinto italiano - meglio ancora europeo - e facciamo un confronto con il costo di viaggi intercontinentali. Premessa numero uno: viaggiare costa sempre e comunque, e chi promette consigli su come spostarsi gratis (o quasi) da una nazione all’altra sta soltanto cercando di ottenere la vostra attenzione in cambio di aria fritta. Premessa numero due: organizzarsi può essere vantaggioso. Acquistare i biglietti aerei o prenotare gli hotel con largo anticipo può fruttare risparmi in certi casi anche abbastanza clamorosi. Terza e ultima premessa: l’Italia è veramente diventato un Paese carissimo. Al netto di stabilimenti balneari che vorrebbero far pagare ai clienti persino l’aria che respirano, di bar che annotano sugli scontrini fiscali il servizio per dividere in due un toast e di un sistema di trasporti inefficiente, la qualità dell’offerta italiana non si avvicina minimamente ai costi del servizio offerto. Partendo da qui è però utile fare un agile ragionamento e sfatare un piccolo mito scolpito nella pietra: a volte, almeno in proporzione, viaggiare dall’altra parte del mondo può essere molto più conveniente che non farlo a poche ore di auto da casa, nel “Paese piú bello del mondo” ma al contempo poco “tourism friendly” (a meno di non essere ricchi tedeschi, statunitensi o arabi).
Altro esempio emblematico del contesto reale e mentale in cui ci troviamo: ad agosto, due adulti e due bambini pagano 2700 euro sul Bologna- Olbia (senza considerare poi il pernottamento e tutto il resto). Suddividendo perfettamente per quattro, otteniamo quasi 700 euro a testa soltanto per hotel e alberghi. Simile il discorso per la Sicilia e altre mete più artistiche, come Firenze e Venezia. Ebbene, effettuare un viaggio nello stesso periodo in Giappone può, in proporzione, dare maggiore soddisfazione, anche e soprattutto in termini di soldi spesi. Un volo andata e ritorno da Milano a Tokyo, con scalo intermedio, agli inizi di agosto poteva oscillare intorno ai 1.300 euro a persona. Calcolatrice alla mano, si tratta del doppio rispetto al mini volo interno Bologna-Olbia. Un buon hotel per 10 giorni nella capitale nipponica puó essere trovato anche a circa 500 euro per una persona. Certo, i costi sono aumentati anche in Giappone a causa dell’inflazione e di molteplici variabili geopolitiche. Certo, il Giappone è diventato più salato rispetto al passato, ma non quanto vorrebbe lasciar intendere un manipolo di travel blogger abituato a dormire in pollai e mangiare in mense del popolo. In ogni caso, una volta spesi (arrotondiamo) circa duemila euro (che non è poco, ma il lettore ricordi sempre che viaggiare costa) e sopportate 14 ore di volo - a seconda della durata degli scali anche di più - eccoci nella “Svizzera dell’Asia”. Che poi il Giappone di Svizzera ha ben poco, visto che una cena in un ristorantino di Tokyo (ristorantino, si badi bene, dove si mangiano piatti completi e non stuzzichini) difficilmente sfora i 15/20 euro a persona (anche qui, a meno che non si voglia l’eccellenza assoluta in uno dei numerosissimi ristoranti stellati della megalopoli asiatica).
Per il resto, messe in conto le tentazioni rappresentate da gingilli di ogni tipo, souvenir turistici puri, gadget, anime e manga per i più nerd, c’è poco altro da considerare. I musei hanno costi irrisori confrontati a quanto siamo abituati a sborsare noi per gustarci Uffizi e simili. Visitare il Museo Nazionale di Tokyo costa mille yen, poco più di sei euro. La maggior parte dei santuari e dei templi è gratuita. Per la metro esistono soluzioni ragionevoli, come ticket validi 24, 48 o 72 ore, al costo di 1.500 yen (circa 10 euro). Attenzione, il Giappone non è una meta low cost. Tutto questo è utile soltanto per dire che forse è meglio spendere una media di 2400 euro per immergersi nel cuore dell’Asia, a migliaia e migliaia di chilometri di distanza da casa, dove nessuno vi chiederà un sovrapprezzo per tagliarvi un toast a metà, che non abbronzarsi in una mega inflazionata spiaggia italiana a costi da Caraibi e servizi da Zimbabwe. De gustibus. Ma anche i gusti hanno un prezzo. Lo stesso che molti dovrebbero iniziare a considerare anziché accorgersene in ritardo, salvo poi lamentarsi al tg o sui social network. L’Italia è un Paese bellissimo, metà turistica straordinaria, e nessuno arriverebbe mai a metterlo in dubbio. Forse, però, il nostro non è oggettivamente il “Paese più bello del mondo”, come spesso siamo abituati a ripetere più per auto convincimento che non per realtà appurata. Già, perché la bellezza di una meta, quando parliamo di turismo, non è data solo da luoghi d’arte e siti di interesse, ma anche dalla qualità dei servizi offerti ai viaggiatori. E quelli italiani sono per lo più servizi pessimi a costi folli. Un altro sushi, prego. E un brindisi al Giappone pensando al caro vacanze che affligge gli italiani mentalmente costretti a viaggiare solo in Italia.