Non solo gin tonic e bottiglie di Dom Pérignon vendute a peso d’oro. Dietro le luci soffuse e i tavoli privati della Gintoneria, nel cuore della movida milanese, c’era un vero e proprio “delivery di eccessi”. Un sistema parallelo al locale, capace di recapitare a casa escort, cocaina e alcolici, su ordinazione, come in una comune app di consegne a domicilio. A rivelarlo è l’ordinanza firmata dal gip di Milano, che ha portato il 4 marzo agli arresti domiciliari Stefania Nobile, Davide Lacerenza e Fabio Ariganello, con le accuse, a vario titolo, di spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione e autoriciclaggio. Il funzionamento era semplice e collaudato: le ragazze venivano adescate all’interno del locale o del privé Malmaison, mostrato sui social come un tempio del lusso, tra calici di champagne e volti noti. Poi scattava l’offerta extra, anche fuori orario: prestazioni sessuali, cocaina, e talvolta tutto insieme, consegnati direttamente a casa del cliente.

L’ordinanza elenca nel dettaglio alcune delle consegne più significative. Il 22 marzo, alle 4 del mattino, due escort vengono inviate da Lacerenza a casa di un cliente per 500 euro. Il 10 aprile, quattro spedizioni con escort e cocaina fruttano 35 mila euro. Dieci giorni dopo, il conto raddoppia: stessa combinazione, stesso destinatario, 70 mila euro. Il 6 maggio è il turno di almeno quattro ragazze, ancora a domicilio. Il 7 e l’8, il pacchetto si ripete, con tanto di champagne: altri 70 mila euro. Il 23 aprile, per una consegna meno sfarzosa, bastano 750 euro. Il record di spesa, però, lo detiene un giovane imprenditore milanese, Luca Angelo: dal 2020 ha speso oltre 641 mila euro in “champagne, puttane e bamba”, come si legge negli atti. A dimostrazione di un sistema rodato, dove l’intrattenimento notturno si trasformava in un business multimilionario. Con consumazioni gonfiate, ragazze reclutate come “comparse” e droga a portata di bancone. Il locale è ora sotto sequestro. E se i sigilli hanno fermato la musica, resta aperta l’indagine sul presunto tesoro nascosto tra Milano e l’Albania, dove, secondo gli inquirenti, sarebbero stati reinvestiti parte dei proventi illeciti.
