Il rave di Modena è stato sgomberato in seguito a una trattativa pacifica tra partecipanti e forze dell’ordine. Si parla di più di 3mila persone arrivate da tutta Europa che ora dovranno tornare a casa. Si è parlato di droga e di un problema di ordine pubblico. Sono state bloccate le uscite dell’autostrada (ma è stato lo sgombero ad aver fatto sì che la viabilità rallentasse). Cosa cercano i giovani da questi eventi e cos’è che la politica non capisce? Lo abbiamo chiesto allo storico e pioniere dei rave e della controcultura in Italia, Pablo Pistolesi (Pablito el Drito), autore di numerosi libri su questi temi, fondatore dell’etichetta Rexistenz e organizzatore di eventi, fin dagli anni Novanta. Tra i suoi titoli spiccano Once were ravers: Cronache di un vortice esistenziale del 2017 e Rave in Italy: Gli anni novanta raccontati dai protagonisti del 2018. Di lui, lo studioso di cultura underground Marco Philopat ha scritto: «Il miglior pusher di libri che io abbia ai conosciuto». Il suo libro più recente è Lo spettro della droga: Storia, mercato e politica delle sostanze, del 2021.
Ogni volta che c’è un rave si parla di misure di contenimento e di sgombero, per la politica il problema è l’ordine pubblico. Perché mettono così paura?
L’attenzione della politica per i rave è dovuta al fatto che si vuole distogliere l’attenzione dai problemi reali. Si parla di poche centinaia di ragazzi che ballano, ci si accanisce con loro, evitando di parlare di disoccupazione, criminalità organizzata, mancanza di reddito e di prospettive, inquinamento, riscaldamento globale, questioni reali e importanti.
La scelta del ministro degli Interni Matteo Piantedosi di dare il via libera allo sgombero pressocché da subito, è sintomatica di una svolta autoritaria contro il mondo dei rave, verso cui si userà sempre di più il pugno di ferro, o è qualcosa contro cui si è sempre dovuto combattere, anche con i governi precedenti?
All’inizio degli anni Novanta la polizia non sapeva neanche cosa fosse un rave, non avevano idea di come gestirli. Poi con il nuovo millennio hanno cominciato a mangiar la foglia. Negli ultimi anni le repressioni sono aumentate. Chiaramente siano davanti a un governo neofascista che deve criminalizzare tutta la diversità e la devianza; e quindi se la prende con gli extracomunitari, con i rave, con i “drogati” e così via. Certo non se la può prendere con i loro amici che hanno marciato a Predappio inneggiando a Hitler e a Mussolini. Per cui se la prendono con dei ragazzi che non hanno commesso nessun reato (quelli di Predappio si, visto che inneggiare al fascismo è reato), ma che si sono organizzati per ballare un weekend.
La politica parla spesso della presenza di droga, del vandalismo, del danneggiamento dell’ambiente.
Guarda, a Modena si trattava di un capannone abbandonato e dubito che abbiano potuto danneggiare qualcosa. Sono delle notizie false quelle che diffondono, esattamente come quando, un anno fa, riguardo al rave di ferragosto, si parlò di stupri, partorienti minorenni e cani morti. Tutte falsità per colpevolizzare i giovani. Siamo di fronte a un governo di vecchie cariatidi che inneggiano al nazismo e al fascismo. Di conseguenza se la prendono con dei ragazzi che sono liberi e sono portatori di una cultura ben diversa da quella autoritaria, proibizionista e profondamente reazionaria di questo governo.
I giovani si stanno avvicinando o allontanando al mondo dei rave e della controcultura rispetto all’inizio?
Sicuramente partecipano più ora che negli anni Novanta, nonostante i giovani siano di meno rispetto alla popolazione totale. Questo perché il rave è un momento di libertà in una società sempre più normata e in cui, se non hai soldi, non vai da nessuna parte. Il rave rappresenta l’unica alternativa. I nostri politici ci facciano i conti. Stanno moltiplicando gli strumenti di controllo e stanno creando una società che alla garn parte dei giovani non piace. Per questo i ravers cercano un’occasione di socialità diversa. È inutile che attacchino i ravers sulla questione droga. La droga c’è dappertutto. Uno dei passati ministri degli Interni che abbaia contro i rave aveva persino un suo stretto collaboratore che organizzava festini a base di cocaina e di GHB, la cosiddetta droga dello stupro. La droga c’è anche al bar sotto casa. Vorrei vedere questi nostri parlamentari a farsi un test antidroga. Ci sarebbero delle sorprese.
Non c’è nessuna forza politica che abbia difeso queste forme di controcultura?
No, neanche la sinistra, che ha criminalizzato le droghe leggere. Pensiamo a Speranza che è arrivato addirittura a definire droga il CBD, che è una medicina, come del resto lo è la canapa in generale. La criminalizzazione della canapa, il boicottaggio del referendum di qualche mese fa, ha allontanato tantissimi giovani dal discorso politico. I giovani ravers vogliono stare bene come sono stati i loro genitori. Non hanno altro modo che muoversi in questo mondo? Bene, io li difendo a spada tratta.
Se i rave venissero compresi e ricevessero il benestare della politica, le cose migliorerebbero o crede che i rave dovrebbero restare degli eventi alternativi a ciò che la politica sarebbe disposta ad accettare?
Al di là dei rave, la politica dovrebbe lavorare sulla riduzione del danno, per esempio non criminalizzando il piccolo consumatore di sostanze, come si fa in tanti Paesi più virtuosi, come la Svizzera o l’Olanda. Se anche l’Italia si muovesse in questo senso, magari i giovani avrebbero anche più voglia di interfacciarsi con le istituzioni. Ma visto che si subiscono sempre condanna, repressione, odio, stigmatizzazione, capisco che passi loro la voglia di parlare con le autorità.
Il «Corriere della sera» sta mandando in diretta le riprese dello sgombero. Si tratta di una spettacolarizzazione dell’informazione ai danni di ragazzi che volevano solo divertirsi?
Guarda, ai tempi in cui organizzavo rave non c’erano gli smartphone. Non era ben visto neanche che si facessero delle foto. I giornalisti non li facevamo entrare, È chiaro che i tempi sono cambiati visto che per fare una diretta basta un telefonino che quasi tutti hanno in tasca. Per cui le riprese sono quasi inevitabili, sono figlie del progresso tecnologico. Le fanno i ravers stessi, mica solo i giornalisti. Negli anni Novanta noi primi organizzatori e dj ci rifacevamo alla teoria della TAZ [Zone temporaneamente autonome, nda] e quindi cercavamo di diventare invisibili, come dei ninja, di scomparire.
Di che si tratta?
È una teoria sviluppata da un libertario americano, Hakim Bey, nel suo libro T.A.Z. Zone temporaneamente autonome, secondo cui questo tipo di esperienze, gratuite e aperte a tutti, devono essere immediate, cioè non-mediate e organizzate con segretezza. Nel momento in cui i media sono entrati nel discorso rave la magia secondo me è scomparsa. Adesso come adesso, che tutti hanno in tasca una telecamera, il sogno della TAZ mi sembra ancora più sfumato. Gli stessi partecipanti fanno i selfie e le dirette video e la cosa mi fa sorridere. Ma questo non toglie che io continui a difendere i rave anche oggi, come alternativa radicale al divertimento normato e mainstream.